venerdì 26 febbraio 2021

I vice-Migliori. - Marco Travaglio

 

E così, dopo i 22 Migliori (23 con SuperMario), abbiamo finalmente 5 Vicemigliori e 34 Sottomigliori. Spulciando la lista del nuovo bar di Guerre Stellari alla ricerca dei nostri preferiti, spicca subito la preclara figura dell’on. avv. Sisto a cui, essendo stato l’avvocato di B., spetta di diritto la Giustizia; un tocco di vintage che ci riporta ai bei tempi andati delle leggi ad personam, della “barbarie delle intercettazioni”, di Patrizia D’Addario e Gianpi Tarantini statisti e di Ruby nipote di Mubarak (suo il pregiato emendamento alla legge Severino che svuotava vieppiù il reato di concussione per induzione, di cui era casualmente imputato il padrone). Infatti, per non farlo sentire troppo solo coi suoi conflitti d’interessi, il factotum draghiano Garofoli e i retrostanti fenomeni del Quirinale che seguivano le nomine per conto del premier, hanno piazzato pure il forzista Moles all’Editoria a far la guardia agli affari di B.; e pazienza per quel suo attacco sessista alla Azzolina in pieno Senato (“la credibilità è come la verginità: è facile da perdere, difficile da mantenere, impossibile da recuperare”): anzi, fa curriculum. Come per il leghista Molteni, che insultava la Lamorgese (“vergogna, abolisce i confini e difende i clandestini!”) e ora diventa il suo vice agli Interni.

Lì incontra il grillino Sibilia, quello che voleva “Draghi in manette” e ora lavora per lui dopo avere sbianchettato i suoi tweet; e il renziano Scalfarotto, che aveva lasciato gli Esteri per allergia alle poltrone (massì: Esteri o Interni purché governi, è la meritocrazia 2.0). Un po’ come la Bellanova, braccia rubate all’Agricoltura ieri e ai Trasporti oggi (sempre in omaggio alla competenza). Ottima anche la scelta della leghista Pucciarelli che, avendo messo un like a un post che invocava i forni per i migranti, si aggiudica la Difesa. Altra donna giusta al posto giusto: Lucia Borgonzoni è nota per essersi vantata di “non leggere un libro da tre anni” e aver situato l’Emilia-Romagna ai confini col Trentino Alto Adige e l’Umbria, risparmiando però la Puglia e la Sardegna, dunque va alla Cultura. Con la stessa logica meritocratica il leghista Sasso che cita una frase di Topolino attribuendola a Dante conquista l’Istruzione (sperando che ne faccia buon uso). Noi però abbiamo sempre avuto un debole per Deborah Bergamini, la segretaria tuttofare di B. che nel 2002 la infiltrò alla Rai come vicedirettrice, poi direttrice del Marketing strategico, poi nei Cda di Rai Trade e Rai International e, quando fu sospesa per l’inchiesta sui patti occulti Rai-Mediaset, deputata di FI dal 2006. Nel suo blog si presentava come Cartimandua, regina dei Celti, perché è anche una tipa equilibrata.

Nel 2005 fu intercettata nell’indagine sul sondaggista berlusconiano Luigi Crespi, che avanzava soldi da Mediaset e ne parlava con lei (dirigente Rai): “Io non finisco mica in galera per tutelare una verità che nessuno vuole tutelare”. Infatti poco dopo ricevette un bonifico dai berluscones. Così i pm scoprirono il patto occulto di consultazione permanente tra i vertici Rai e Mediaset, per mettersi d’accordo in barba al libero mercato e risollevare a reti unificate l’immagine barcollante di B. Ogni minuto e dettaglio di programmazione della Rai era capillarmente controllato dai cavalli di Troia del Caimano nel presunto “servizio pubblico”, ridotto a suo feudo personale per blandire gli amici, manganellare i nemici, celebrare le sue gesta, tacere le notizie scomode, gonfiare quelle comode. Tutto era pianificato nei minimi particolari: persino le inquadrature di B. ai funerali di papa Wojtyla, i ritardi nell’annuncio delle disfatte elettorali, il numero di citazioni del nome di Silvio in bocca a Vespa. Giovanni Paolo II moriva alla vigilia delle Amministrative 2005, distraendo gli elettori cattolici dal dovere di votare B.? Niente paura: Deborah concordava con Mediaset una serie di “programmi che diano alla gente un senso di normalità, al di là della morte del Papa, per evitare forte astensionismo alle elezioni amministrative”. Ora, dopo aver coordinato così bene i rapporti fra Rai e Mediaset, coordina i Rapporti col Parlamento.

Stavamo quasi per assegnarle la palma di Vicemigliorissima, quando ci è capitato sotto gli occhi il ritratto agrodolce di Gabrielli, neosottosegretario ai Servizi, firmato da Bonini su Repubblica: “garantisce la tenuta di sistema”, “promette di regalare agli apparati di sicurezza una serenità e una competenza sciaguratamente smarrite nel Conte-1 e Conte-2” (mica come ai tempi di De Gennaro, Mori, Pollari&Pompa), “talento precoce per anagrafe e capacità”, “intelligenza inquieta”, “cultura democratica e riformista”, “civil servant”, “riserva della Repubblica”, “ricostruì una Protezione civile stravolta dalla stagione berlusconiana” (infatti “era il vice di Bertolaso”), “ricostruì la cultura della ‘sua’ Polizia”, “figlio del popolo”, “cultura riflessiva nelle indagini”, “combina le competenze che la lingua inglese felicemente distingue in ‘safety’ e ‘security’”; peccato soltanto che abbia “negato per orgoglio e testardaggine a suo padre la gioia di vederlo laurearsi in Giurisprudenza”. Ma che sarà mai. Come disse Cetto La Qualunque, precursore di tutti i Migliori: “Vogliono negare a mia figlia il posto di primario di chirurgia con la scusa che non è laureata. Ma a che cazzo serve la laurea!? Mia figlia ha due mani da fata: può operare!”.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/02/26/i-vice-migliori/6114119/

La verità sul Recovery Fund. - Rocco Casalino

 

Dalla caduta del Presidente Conte ad oggi sono stato invitato in diverse trasmissioni TV. Alcuni giornalisti provano ad incalzarmi su ogni cosa e per certi versi è anche giusto, lo accetto. C’è soltanto una cosa che non riesco proprio ad accettare, ovvero il modo in cui si tende a minimizzare e sotterrare il merito di Giuseppe Conte  sulla questione Recovery Fund: “Si MA, tutto sommato è anche merito della Merkel” – “Si MA, alla fine, è stato un percorso deciso dalla Comunità Europea”, e così via.

Bene, a questo punto spiego telegraficamente una volta per tutte come sono andate le cose.

- Il Presidente Conte sin dalla prima videoconferenza di inizio pandemia ha segnalato alle Istituzioni Comunitarie, che proponevano pochi miliardi con il Mes, l’esigenza di una risposta economica tempestiva ed eccezionale;
- Il Presidente Conte è stato promotore di una lettera destinata al Presidente del Consiglio Europeo Michel, sottoscritta dagli Omologhi di Francia, Spagna, Portogallo, Slovenia, Grecia, Irlanda, Belgio e Lussemburgo, con l’intento di sensibilizzare gli altri Stati Membri (su tutti Germania e Olanda) sulla questione;
- Per rassicurare e sensibilizzare i Paesi “perplessi”, il Presidente Conte ha deciso di metterci la faccia nelle loro TV e sulla loro carta stampata, e per questo, con parallela strategia comunicativa, ha rilasciato interviste a: El Pais (quotidiano spagnolo), 30 marzo; ARD Tagesschau (TG del primo canale della TV pubblica tedesca), il 1 aprile 2020; De Telegraaf (quotidiano olandese) il 1 aprile 2020; Die Zeit (settimanale tedesco) il 2 aprile 2020;
- La Germania, grazie all’importante opera di sensibilizzazione messa in atto dal Presidente Conte, accetta l’idea del Recovery e il 18 maggio ufficializza con la Francia una proposta da 500 miliardi;
- Il 27 Maggio, il Presidente UE Ursula Von der Leyen, propone programma da 750 miliardi;
- Restavano da convincere i cosiddetti Paesi frugali;
- Da qui il Premier Conte inizia il “tour del convincimento” e incontra: il Primo Ministro Portoghese Costa; il Presidente del governo Spagnolo Sanchez; il Primo Ministro Olandese Rutte (ve lo ricordate?) e infine, il 13 luglio, la Cancelliera Merkel;
- Nelle ore decisive della trattativa, alcuni paesi spingevano affinchè le somme fossero pari a 700 miliardi e non a 750 miliardi come indicato dalla Von Der Layen. Su questo ricordo il Presidente Conte che si avvicina al Presidente del Consiglio Europeo Michel e gli dice che “i 750 miliardi non si toccano”;
- Il 21 luglio si conclude il Consiglio Europeo straordinario che sancirà l’accordo definitivo da parte di tutti i Paesi membri dell’Unione sul Recovery Fund, con stanziamento complessivo pari a 750 miliardi e all’Italia va la quota maggiore della somma stanziata, ovvero 209 miliardi.

Questa è la STORIA che ci ha visto e ci vede ancora oggi protagonisti.
A questo punto mi chiedo, perché ad una parte del giornalismo questo non piace? Non dovremmo essere tutti orgogliosi di questa competenza tutta Italiana? Davvero pur di sminuire il lavoro di una persona siete disposti a screditare la nazione intera?

#raccontiamolaverità #giuseppecontegrazie

https://www.facebook.com/rocco.casalino/photos/a.1044676208937686/5090087267729873/

Palmer | Justin Timberlake.

 

Un errore giovanile scontato in carcere, il desiderio di riscattare la propria esistenza dedicandola a chi ha bisogno di affetto e di una guida.

Una bella storia a lieto fine.

Nuovo Dpcm, il governo al lavoro. Ordinanze valide dal lunedì, lite su lockdown Pasqua.

 

Salvini contro le chiusure a Pasqua: 'Irrispettoso per gli italiani'. Zingaretti: 'Risolva i problemi, non li cavalchi. E' tempo di una rigenerazione del Pd'.


E' la Pasqua con misure restrittive anti-Covid il primo, vero terreno di scontro per la maggioranza che sostiene il governo Draghi, con Nicola Zingaretti contro Matteo Salvini, mentre zone rosse si profilano da sabato nelle province di Pistoia e Siena e arancione scuro in quella di Bologna. E anche a Brescia la situazione dei contagi resta critica: gli ospedali sono vicini al collasso e stanno mandando alcuni pazienti in altre strutture della regione, come a Bergamo e a Cremona.

L'Italia si colora ormai di rosso e arancione scuro a macchia di Leopardo, secondo la maggiore incidenza del Covid e soprattutto delle sue varianti.

Così, è rossa Cecina, nel Livornese. Lo sono da alcuni giorni quattro Comuni nel Lazio: Colleferro, Carpineto Romano in provincia di Roma, Torrice (Frosinone), Roccagorga (Latina). In Alto Adige è stata superata la soglia critica per le terapie intensive a Bolzano e a Trento. In Basilicata sono in aumento i casi e l'Rt, la Regione rischia di finire arancione. In Sardegna è zona rossa a San Teodoro. In Molise si registra un balzo di positivi: c'è stato un sopralluogo di militari per allestire terapie intensive di emergenza. In Piemonte l'Rt è sopra 1, la Regione va verso l'arancione e l'inasprimento delle misure. A Pescara, dilaga la variante inglese. è record di contagi. "Mi rifiuto di pensare ad altre settimane e altri mesi, addirittura di chiusura e di paura - attacca Salvini -. Se ci sono situazioni locali a rischio, si intervenga a livello locale. Però parlare già oggi di una Pasqua chiusi in casa non mi sembra rispettoso degli italiani".

Replica Zingaretti: "Vedo che sulla pandemia Salvini purtroppo continua a sbagliare e rischia di portare fuori strada l'Italia. Buon senso e coerenza è avere una linea indicata dal Governo e rispettarla. Così si sta in una maggioranza e si danno certezze alle persone". Scintille sulla linea del rigore confermata dal nuovo premier, mentre si delineano aperture alle Regioni nel metodo se non nel merito. Le ordinanze del ministro della Sanità sui colori dei territori, in seguito al monitoraggio del venerdì, d'ora in poi entreranno in vigore il lunedì e non la domenica: lo promette la ministra delle Autonomie Mariastella Gelmini in un vertice con gli Enti locali. Ciò per evitare il caos - e le perdite economiche - di ristoranti e bar aperti un giorno su due nel weekend (che costituisce l'80% del fatturato settimanale secondo Coldiretti). Nella riunione Gelmini e il ministro della Salute Roberto Speranza hanno assicurato un'altra novità: la bozza del nuovo Decreto del presidente del Consiglio, in vigore dal 6 marzo, sarà mandata domani ai governatori, dunque in notevole anticipo sulla scadenza di quello attuale. Un gesto di apertura alle Regioni, che hanno chiesto a più riprese di evitare decisioni 'last minute' con l''effetto sci', impianti pronti a riaprire stoppati la sera prima.

"Per rendere più agevole la programmazione delle attività economiche, le chiusure non entreranno più in vigore di domenica ma di lunedì", sintetizza Gelmini, che parla anche del sistema delle fasce. "Verrà mantenuto - dice -. Finora è stato scongiurato un lockdown generalizzato e questo deve essere l'obiettivo principale anche per i prossimi mesi". Anche perché, pur prevedendo delle modifiche ai parametri, come chiesto dalle Regioni specie per l'Rt, "un modello alternativo ad oggi non c'è" e se ne parlerà semmai in un tavolo tecnico. Rinviando al Comitato tecnico scientifico (Cts) il tema spinoso della chiusura delle scuole per vaccinare i docenti - come chiedono quasi tutti i governatori -, la ministra nota una "contraddizione nella richiesta di scuole chiuse e attività economiche aperte" da parte delle Regioni. Gelmini parla quindi di "una graduale riapertura dei luoghi di cultura, con misure di sicurezza adeguate, superato il mese di marzo".

Il Cts si pronuncerà sul protocollo del ministro Dario Franceschini, che chiede di riaprire cinema, musei e teatri dal 27 marzo: gli esperti ribadiranno che dipenderà dall'andamento della curva dei contagi. Reduci dal ridimensionamento della Corte Costituzionale, secondo cui spetta allo Stato, non alle Regioni, determinare le misure di contrasto della pandemia, i governatori con Stefano Bonaccini vedono "prime risposte positive" del governo. Ma ora "occorre una decisa accelerazione sul piano vaccini, una revisione dei criteri per l'assegnazione delle fasce e una valutazione preventiva sull'impatto delle varianti", aggiunge. Ma intanto la variante inglese produce zone scure sempre più numerose.

https://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2021/02/25/covid-salvini-lockdown-a-pasqua-irrispettoso-per-gli-italiani_f6fe803d-25dc-44fc-b8fd-8a00f5a87c68.html

Meditate, gente, meditate.

 


“Sistema 15%”: Calderoli e la norma salva-leghisti. - Stefano Vergine


“Dazione” dei nominati - Nel 2012 i pm di Forlì ravvisano l’elusione fiscale. Ma nel 2014 a sanare tutto arriva l’emendamento-condono.

Erogazioni liberali: si chiamano così i soldi che ogni persona può donare a un partito politico. E infatti questa è la dicitura trovata a fianco alle decine di versamenti di cui abbiamo dato notizia in questi mesi sul cosiddetto “sistema del 15%”, quello attraverso il quale i nominati e gli eletti della Lega hanno finanziato il partito restituendo una parte del proprio stipendio pubblico. Un meccanismo che ha permesso al Carroccio di incassare milioni di euro e ai suoi donatori di pagare meno tasse. Sì, perché le erogazioni liberali si possono detrarre dalle imposte. Peccato che di liberale, nei versamenti leghisti, ci sia ben poco. A sostenerlo adesso non sono più solo le fonti citate nella nostra inchiesta a puntate. Lo dicono anche l’Agenzia delle Entrate, una Procura e due commissioni tributarie. Siamo dunque alla vigilia di un’inchiesta fiscale nei confronti della Lega? No, perché nel frattempo tutto è stato condonato, sanato per legge in modo retroattivo grazie a un emendamento proposto dalla Lega.

Andiamo per gradi. Il Fatto ha ottenuto decine di scritture private tra la Lega e i suoi esponenti, in cui i politici s’impegnano, se vogliono essere candidati, a versare al partito una parte del proprio stipendio in caso di elezione. Punto 4 del contratto: “Il candidato si impegna a versare, per le obbligazioni assunte dalla Lega Nord, la somma di 145.200,00 in rate mensili di 2.420,00 a decorrere dal primo mese successivo all’inizio del mandato”. Punto 5: “Il punto 4 vale da riconoscimento di debito, per cui la presente scrittura privata è dichiarata consensualmente idonea per l’emissione di decreto di ingiunzione anche provvisoriamente esecutivo”. Punto 6: “In caso di mancata elezione nulla è dovuto dal candidato e, sia la Lega Nord sia il candidato, sopporteranno le proprie spese affrontate”. Tra i 66 contratti analizzati ci sono quelli del presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana e quelli dei deputati Fabrizio Cecchetti e Daniele Belotti. Sono tutti accordi preparati prima delle Regionali del 2005 in Lombardia, ma le stesse scritture private – come vedremo – sono state usate anche nelle elezioni successive, sia locali che nazionali. I documenti dimostrano che i soldi versati in quegli anni dai vari esponenti del Carroccio non erano erogazioni liberali, cioè volontarie, ma conseguenza diretta di un contratto. E qui arriviamo alla parte più interessante.

Nel 2012 la Procura di Forlì, guidata da Sergio Sottani, apre un’inchiesta sull’allora deputato leghista Gianluca Pini con l’ipotesi di millantato credito. Analizzando i suoi conti correnti, i magistrati scoprono che Pini ogni anno faceva importanti donazioni alla Lega e poi detraeva dalle imposte quanto donato. Insospettito dalle cifre, Sottani ordina perquisizioni nei confronti della Lega in via Bellerio e alla Camera. E scopre che così facevano tutti. Vengono trovati i contratti con cui ogni politico leghista, prima di essere eletto, s’impegnava a versare una parte del proprio futuro stipendio al partito. Per i pm di Forlì non è evasione fiscale (penale) ma elusione (illecito amministrativo). Per questo le carte vengono mandate all’Agenzia delle Entrate, che inizia il tentativo di recupero delle somme eluse. Il fatto è dimostrato dalle ordinanze emesse da due commissioni tributarie provinciali. Qui si scopre che sotto il faro dell’Agenzia erano finiti, tra i tanti, Sergio Divina, storico senatore trentino, e il piemontese Roberto Simonetti, oggi direttore amministrativo del Gruppo Lega Salvini Premier alla Camera, all’epoca parlamentare.

Le ordinanze delle commissioni tributarie offrono dettagli ulteriori sul sistema del 15%. Viene fuori che anche per i candidati al Parlamento la cifra da restituire era pari a 145mila euro in cinque anni, proprio come per i consiglieri regionali. E che, grazie alle detrazioni d’imposta, ogni anno gli eletti recuperavano il 19% della somma versata al partito: ossia 27.550 euro di tasse risparmiate ogni 5 anni. Un beneficio illegittimo, secondo le due ordinanze: “Il candidato e il partito Lega Nord stipulavano un accordo in cui si affermava espressamente che il versamento delle somme dal candidato al partito avveniva in correlazione con ‘le obbligazioni assunte dalla Lega Nord’, il che esclude in radice lo spirito di liberalità (inteso come mera e spontanea elargizione fine a se stessa) e la detraibilità ai sensi dell’art.15, comma 1-bis, decreto legislativo n.917/1986”, scrivono i giudici tributari. Nonostante questo parere del 4 dicembre 2014, i parlamentari della Lega alla fine non hanno dovuto risarcire il danno. Come mai? Il motivo è spiegato nelle stesse ordinanze delle commissioni tributarie. Il 21 febbraio 2014, prima dunque che i giudici si esprimessero sui casi, il Parlamento ha convertito in legge il decreto sull’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti. Dentro c’era un emendamento promosso da due senatori leghisti, Roberto Calderoli e Patrizia Bisinella, che di fatto ha legalizzato il sistema del 15%. Un condono retroattivo che spiega perché, ancora oggi, senatori, deputati, consiglieri regionali ed eletti di ogni sorta, ma anche nominati a diversi incarichi pubblici, possono pagare meno tasse grazie ai soldi che versano al proprio partito. E lo possono fare anche se la donazione è frutto di un obbligo contrattuale, come è il caso della Lega.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/02/26/sistema-15-calderoli-e-la-norma-salva-leghisti/6114160/

giovedì 25 febbraio 2021

Financial Times: la scommessa di Tesla sui bitcoin è un’idiozia ambientale. - Jonathan Ford

 

Le aziende tecnologiche dovrebbero evitare di sostenere soluzioni energivore e insensate. L’economista olandese Alex de Vries ha stimato il consumo  del processo di produzione dei bitcoin: circa 78 terawattora (TWh) all’anno, a livello globale. È l’equivalente all’assorbimento elettrico dell’intera popolazione del Cile.

Qualche settimana fa Elon Musk ha messo 100 milioni di dollari per finanziare un bando per sistemi innovativi per la rimozione dell’anidride carbonica dall’aria o dall’acqua. Per aggiudicarsi una fetta del premio occorre “creare e dimostrare una soluzione che consenta di estrarre l’anidride carbonica direttamente dall’atmosfera o dagli oceani e stoccarla in modo ecologico e in via permanente”.

La mossa ha senz’altro dato a Musk un’occasione per lucidare alla sua immagine green, ma ha anche offerto una buona sponda a tutti gli acquirenti delle sue auto elettriche, che avranno un motivo in più per sentirsi orgogliosi di far parte della famiglia Tesla: l’ambiente. Tuttavia, prima di buttar giù senza fiatare questa versione verde del magnate del tech, clienti e azionisti farebbero meglio a guardare un po’ più nel dettaglio il modo in cui Tesla spende effettivamente il loro denaro.

La settimana scorsa l’azienda ha rivelato di aver investito 1,5 miliardi di dollari in bitcoin e ha annunciato che intende accettare pagamenti in criptovaluta, anche se “inizialmente in misura limitata”. Tra le esultanze dei fan, il valore del bitcoin è schizzato sopra i 48.000 dollari. Quanto a Tesla, si è subito detto che questa mossa per ingraziarsi i ricchi speculatori in criptomoneta le farà vendere più auto.

C’è solo un problema: è molto difficile fa convivere l’entusiasmo per i bitcoin con l’ambientalismo. Perché i bitcoin non sono per niente innocui per l’ambiente, anzi dal punto di vista delle emissioni risultano un’enorme e inquinante idiozia, e l’ovazione dei tifosi di Elon Musk non fa che peggiorare il loro impatto.

Solitamente, chi critica i bitcoin tende a dipingerli come una cosa inutile, che non produce reddito e non ha una funzione. C’è un altro argomento da considerare, ovvero che le conseguenze ambientali di questo giocattolo per speculatori finaziari sono molto serie. Il “mining”, il processo con cui si aumenta la disponibiltà di criptomoneta, consuma una quantità impressionante di elettricità, perché si base su un funzionamento h 24 di computer costantemente connessi. L’economista olandese Alex de Vries ha stimato il consumo totale del processo di produzione dei bitcoin a circa 78 terawattora (TWh) all’anno, a livello globale. È l’equivalente all’assorbimento elettrico dell’intera popolazione del Cile, di 20 milioni di abitanti. Una singola transazione in bitcoin utilizza la stessa quantità di energia richiesta da 436.000 pagamenti attraverso il circuito Visa.

Né si tratta di energia particolarmente pulita. Come ha sottolineato ancora de Vries, i “minatori” di bitcoin non sono interessati alle fonti di energia rinnovabile, più care e a rischio intermittenza. Dovendo far funzionare le loro macchine 24 ore su 24, 7 giorni su 7, molti prefersicono collocare i loro server in posti dove l’elettricità è a basso costo e magari è alimentata a carbone, come in Iran, nella provincia dello Xinjiang in Cina o in Kazakistan. Lo scorso autunno un gruppo di bitcoin mining ha persino evitato la chiusura di una centrale a carbone nel Montana.

Questa predilezione per i combustibili fossili produce un’impronta di carbonio enorme. Secondo uno studio del 2019, l’intensità di carbonio del network dei bitcoin si aggirerebbe tra 480 e 500g di CO2 per chilowattora (KWh) di elettricità. Per fare un paragone, l’impronta della rete elettrica del Regno Unito è di circa 250g CO2/KWh.

L’ingresso di Tesla in questo circuito probabilmente peggiorerà questi numeri. Quanto più i prezzi del bitcoin salgono tanto più è forte l’impulso a diventare potenziali minatori. La Judge Business School dell’Università di Cambridge ha rilevato che negli ultimi giorni il consumo di energia dei bitcoin è salito a livelli equivalenti a 121 TWh di consumo annuale, ovvero approssimativamente la quantità di energia assorbita dall’intera economia dei Paesi bassi.

Naturalmente, il bitcoin non è l’unico servizio digitale che consuma quantità folli di elettricità. Anche la Silicon Valley è molto vorace: l’Agenzia internazionale dell’energia riporta che nel 2019 i data center sparsi in tutto il mondo hanno divorato circa 200 TWh.

È vero che i giganti tecnologici statunitensi stanno cercando di ridurre le emissioni associate alle loro attività aumentando gli acquisti di energia rinnovabile. Ma se le big tech tendono ad accaparrarsi quanta più energia verde possibile, agli altri non rimane altro che ricorrere alle forme di produzione più “sporche”.

La scelta di Musk è molto discutibile. È difficile immaginarsi come le azioni di Tesla potranno rimanere in qualunque portafoglio verde se l’azienda comincerà a investire in bitcoin. Eppure, al momento il rating di sostenibilità dell’azienda assegnato dal compilatore dell’indice MSCI è di livello “A”.

L’ascesa delle criptovalute è l’esempio lampante di quanto sia difficile raggiungere l’obiettivo delle zero emissioni finché le aziende tecnologiche saranno incentivate a sviluppare applicazioni sempre più energivore (Zoom e Netflix, per fare due esempi). La Silicon Valley vagheggia di risolvere questa contraddizione con soluzioni ingegneristiche non testate, come la cattura diretta dell’anidride carbonica dall’aria. Musk ha addirittura ventilato l’ipotesi di inviare persone su Marte, come una sorta di polizza assicurativa rispetto a quello che succederà sul nostro pianeta. Ma la verità è che la soluzione potrebbe essere ben più “terrena”, e risiedere nella capacità dei governi di tassare le esternalità e frenare la domanda galoppante.

Fonte: FT

Traduzione di Riccardo Antoniucci

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/02/15/financial-times-la-scommessa-di-tesla-sui-bitcoin-e-unidiozia-ambientale/6101601/