sabato 11 settembre 2021

venerdì 10 settembre 2021

Donna uccisa a colpi arma da fuoco, l'assassino in fuga.

 


Il fatto a a Noventa Vicentina, nel parcheggio di un'azienda.

Una donna è stata uccisa stamane a colpi d'arma da fuoco a Noventa Vicentina. Autore del delitto un uomo , italiano., con il quale la vittima, di origini straniere, si trovava nel parcheggio di un'azienda.

Dopo averla uccisa, l'uomo è fuggito in auto facendo perdere le tracce, ed è attualmente ricercato dai carabinieri, con il supporto della polizia, in tutta la provincia vicentina e lungo la rete autostradale. Non si conoscono al momento le motivazioni alla base del delitto. 

ANSA

Succede ogni giorno, ormai.
Le religioni, tutte, compresa la cattolica, ostentano la superiorità dell'uomo sulla donna, riducendo quest'ultima alla stregua di un oggetto da utilizzare a piacimento e, se trasgredisce, la si condanna a morte.
D'altronde, secondo quanto citato nelle Sacre Scritture, fu Eva a commettere il peccato originale, Adamo, mentre lo commetteva con Eva, aveva la faccia girata dall'altra parte, non partecipava volontariamente all'atto, quindi, fu riconosciuto innocente.
Insieme, Adamo l'innocente ed Eva la peccatrice, una volta cacciati dall'Eden, sempre per colpa di Eva, ebbero dei figli, non è detto sapere quanti, ma il Vangelo, scritto dagli uomini/maschi, riporta i nomi di due di questi, Caino e Abele. Caino, primogenito dei due, quindi figlio del peccato di Eva, pur essendo maschietto e, pertanto, innocente, non avendo donne a disposizione, uccise il fratello Abele. Poichè i figli ereditano i geni dei genitori, si arrivò alla determinazione che Caino li avesse ereditati dalla peccatrice, quindi divenne il male, Abele, mansueto ed innocente, ereditando i geni dall'innocente Adamo, divenne il bene.
La domanda che sorge spontanea è: come mai l'uomo attuale ha ereditato i geni della peccatrice Eva che generò Caino, e non quelli dell'innocente Adamo, padre non putativo di Abele?
cetta.

Tumori: approvato il farmaco jolly che sarà efficace contro vari tipi di cancro senza gravi effetti collaterali. - Germana Carillo

 

Un’alterazione genetica rara ma che si presenta in svariati tipi di tumori: potrà essere “spenta” grazie al nuovo farmaco “jolly” appena approvato dall’Aifa. Si tratta del larotrectinib, che non agirà sull’organo dove il cancro ha avuto origine ma su quella stessa alterazione genica, la NTRK, che può essere comune alle cellule cancerose di molti tipi di cancro, e che non avrà gravi effetti collaterali.

I tre studi registrativi (cosiddetti studi basket) hanno coinvolto pazienti adulti e pediatrici con neoplasie caratterizzate da fusione genica NTRK e hanno evidenziato un miglioramento rapido e duraturo della risposta tumorale e della qualità di vita, con un elevato tasso di risposta globale, pari al 75%. Larotrectinib può essere considerato un farmaco “jolly”, perché colpisce in maniera selettiva alcune mutazioni genetiche, indipendentemente dall’organo interessato dalla malattia. 

Primo nella classe degli inibitori orali di TRK, è un farmaco che nel gergo tecnico è definito “agnostico” – dal momento che non ha come bersaglio un organo particolare ma agisce indipendentemente dalla localizzazione del tumore –, primo del suo genere: la molecola agisce sui tumori solidi in stadio avanzato o metastatico nei pazienti adulti e pediatrici per i quali un intervento chirurgico sarebbe troppo rischioso e che presentano quella particolare alterazione genica definita fusione genica di Ntrk. Un’alterazione rara ma che in Italia riguarda circa 4mila pazienti ogni anno.

Le fusioni geniche di Ntrk sono alterazioni presenti in una vasta gamma di neoplasie che danno luogo a un’attivazione incontrollata del recettore TRK (Tropomyosin Receptor Kinase) e alla crescita del tumore. Il larotrectinib (LOXO-101) agirà sulle proteine di fusione della chinasi del recettore della tropomiosina (TRK).

Con questa molecola gli studiosi hanno registrato una riduzione del 30% della massa tumorale nel 79% dei pazienti valutati (su un campione di 153) e nel 75% di quelli con metastasi cerebrali, e una sopravvivenza media superiore ai 3 anni.

Nello specifico, larotrectinib è stato preso in esame in diverse istologie di tumori solidi, inclusi quelli del polmone, della tiroide, nel melanoma, nei tumori gastrointestinali stromali, nel tumore del colon, nei sarcomi dei tessuti molli, nei tumori delle ghiandole salivari e nel fibrosarcoma infantile. Ha mostrato anche di essere efficace nei tumori primitivi del sistema nervoso centrale, così come in pazienti con metastasi cerebrali, in età e istologie tumorali diverse. 

GreenMe

Bianchi a rotelle. - Marco Travaglio

 

Mercoledì Draghi ha esautorato Andrea De Pasquale, neo-sovrintendente dell’Archivio di Stato, dalla guida del comitato per la desecretazione degli atti sulle stragi. L’ha fatto dopo la campagna dei familiari delle vittime, di intellettuali come Tomaso Montanari e del Fatto, contro l’ex presiedente di quella Biblioteca nazionale che aveva tessuto le lodi del neofascista Pino Rauti. In due mesi è il terzo “impresentabile” segnalato dal nostro giornale, dopo Farina e Durigon, che perde il posto per indegnità. La decisione fa onore a Draghi, anche se queste improvvise sparizioni meriterebbero una parola di motivazione. Ma dimostra anche che una stampa libera e dunque critica aiuta i governi a sbagliare meno e, ogni tanto, a rimediare ai loro errori. Ai governi Conte la stampa non perdonava nulla (neppure i meriti), dunque i ministri si sentivano ogni minuto sotto esame. Al governo Draghi perdona tutto, dipingendolo apoditticamente come una covata di fenomeni, di cui peraltro sfuggono le imprese memorabili. Così i ministri, a furia di sbagliare senza l’ombra di una critica, si credono infallibili. E sbagliano ancor di più.

Oltre agli imbarazzanti Cartabia, Cingolani e Brunetta, c’è il catastrofico Bianchi, l’ectoplasma che chiamiamo “ministro dell’Istruzione”. Quello che “la scuola sarà la prima a riaprire” (invece è la prima a richiudere). Quello che “l’anno scolastico durerà di più per recuperare” (invece è durato meno). Quello che “scuole aperte tutta l’estate” (sì, buonanotte). Quello che “non faremo sanatorie” (ha fatto quella dei precari). Quello che “ho immesso 59mila nuovi insegnanti” (ma 53mila sono merito della Azzolina). Quello che “nelle classi con tutti vaccinati si possono togliere le mascherine” (ma il vaccino non esclude il contagio). Quello che “abbiamo fatto un lavoro titanico per far ripartire la scuola in sicurezza”. E invece ha fatto poco o nulla: le aule sono più o meno le stesse di un anno fa, quando l’Azzolina in pochi mesi ne trovò 40mila in più e non bastavano ancora per evitare l’effetto “pollaio” e garantire il distanziamento di un metro. Ma la Azzolina, essendo 5Stelle, era pessima per definizione: una “ministra a rotelle” a causa dei 400mila banchi a seduta innovativa (su 2,4 milioni) ordinati non da lei, ma dai dirigenti scolastici. Ora si scopre che, dopo un anno, le classi-pollaio sono ancora una su dieci, anche se Bianchi le chiama “soprannumerarie” (non riuscendo a cambiare le cose, cambia i nomi). Infatti la sua inerzia ha costretto il Cts a imporre comicamente la “distanza interpersonale di almeno un metro” solo “qualora logisticamente possibile”. La scuola come la Casa delle Libertà di Corrado Guzzanti: “Fate un po’ come cazzo vi pare”.

ILFQ

Malloppo da padroni e palazzinari: Calenda è il candidato de’ Paperoni. - Stefano Vergine

 

Finanziatori - 180mila euro per l’aspirante sindaco: in prima fila i suoi amici di Confindustria.

Per la comunicazione ha scelto una delle più potenti società al mondo: Publicis, multinazionale francese proprietaria di marchi come Saatchi&Saatchi e Leo Burnett. Carlo Calenda nel 2020 ha speso circa 400mila euro per comunicare al meglio le idee di Azione. Per un partito nato due anni fa, con quattro parlamentari all’attivo, è una cifra invidiabile. Ma d’altra parte Azione non ha problemi di soldi. La gestione – dati dell’ultimo bilancio – si è chiusa con un avanzo di 246mila euro. Molto meglio di buona parte dei concorrenti. L’ex dirigente di Confindustria può spendere tanto, perché riceve molte donazioni private: in proporzione al peso in Parlamento, più di tutti gli altri. L’anno scorso ha incassato 1,7 milioni, divisi quasi esclusivamente tra liquidità e 2×1000. Come già raccontato dal Fatto, la somma è costituita dalle regalie di alcuni dei più noti industriali e finanzieri italiani: dai Rocca ai Loro Piana, da Davide Serra a Patrizio Bertelli, da Carlo Pesenti ad Alberto Bombassei.

Per finanziare la campagna di Roma è stato creato un comitato ad hoc. I documenti pubblici sulle donazioni sono aggiornati a fine luglio e dicono che l’ex ministro dello Sviluppo economico aveva già raccolto 180mila euro. Tra i donatori più generosi c’è Massimo Caputi: l’ex capo di Prelios, tra i nomi più noti nella finanza immobiliare italiana, ha regalato 20mila euro. La sua società principale, Feidos, controlla aziende in vari settori: energie rinnovabili, crediti deteriorati, turismo, ma soprattutto il mattone, sempre caro a Caputi, che tra i vari interessi immobiliari ne ha parecchi anche su Roma. A una richiesta di commento, l’imprenditore non ha risposto.

Altri 20mila euro sono stati donati a Calenda dalla Italtronic, azienda padovana che produce contenitori di plastica per l’elettronica. Il numero uno, Alberto Baban, vice presidente di Confindustria, dice di averlo fatto perché “lui è l’unico candidato credibile per guidare la nostra amata Capitale”. Del Calenda ministro, Baban ricorda soprattutto “il suo piano Industria 4.0 (incentivi fiscali per comprare macchinari innovativi, ndr), che ha consentito a molte imprese come la mia di migliorare la propria competitività investendo e assumendo”.

Tutte le altre donazioni sono di cifre più contenute, dai 1.000 ai 5.000 euro massimo, ma i nomi dei mittenti aiutano a capire chi punta ad accreditarsi con Calenda in vista del post elezioni. Nella lista ci sono ad esempio il manager Giuseppe Recchi, ex presidente di Eni e Telecom Italia; l’imprenditore Luciano Cimmino, patron dei marchi Carpisa e Yamamay; il giovane Giordano Riello, erede della famiglia veneta specializzata in impianti di climatizzazione. “L’ho conosciuto quando ero presidente dei giovani di Confindustria Veneto: ha progetti concreti e mette l’economia al centro del Paese”, dice Riello, 30 anni, presidente di una delle società società del gruppo Giordano Riello International. Tra i donors di Calenda c’è anche l’ex presidente di Confindustria, Antonio D’Amato, e Diamara Parodi Delfino, moglie di Giancarlo Leone, già dirigente Rai e oggi presidente dell’Associazione produttori televisivi. Fanno parte del mondo della comunicazione anche altri due sponsor eccellenti: il produttore Pietro Valsecchi e l’editore Carlo Perrone. Valsecchi ha regalato 1.000 euro al comitato elettorale dell’ex assistente di Luca Cordero di Montezemolo. Più generoso – 5mila euro – è stato Perrone: già proprietario de Il Secolo XIX, oggi è vicepresidente di Gedi, il gruppo della famiglia Agnelli-Elkann che edita la Repubblica e La Stampa. Chiudono la lista dei sostenitori due renziani. Annalisa Renoldi, coordinatrice di Italia Viva in provincia di Varese (2mila euro), e Cesare Trevisani, vicepresidente del Gruppo Trevi (1.000 euro). Che c’entra Trevisani con Renzi? Fino a poco tempo l’imprenditore finanziava il senatore toscano: prima la Fondazione Open, poi il Comitato Leopolda 9 e 10. Ora ha scelto evidentemente di puntare su Calenda.

ILFQ

Stangata in vista su famiglie e imprese. Quadruplicati i costi di gas e luce. - Jacopo Gilberto

 

Sulla Borsa elettrica il prezzo medio all’ingrosso della corrente elettrica è passato dai 38 euro dell’anno scorso a 145 attuali.

Testa incassata fra le spalle e mandibole strette, prepariamoci alla botta. Prezzo medio all’ingrosso della corrente elettrica l’anno scorso: 38,92 euro per mille chilowattora. Ecco i dati della borsa elettrica italiana del Gestore dei Mercati Energetici: il 9 settembre per le forniture delle ore 20 la corrente elettrica all’ingrosso costa 174,23 euro per mille chilowattora. È il prezzo fissato l’8 settembre per le consegne del 9 settembre ai grossisti di elettricità.
Prezzo medio per oggi 145,03 euro, prezzo minimo 130,28 euro per mille chilowattora per le consegne elettriche delle 14.
In media, quattro volte tanto, spinti dai costi internazionali del metano e dalle speculazioni sui mercati europei Ets delle emissioni di CO2.

Ottobre bollente.

Il 1° ottobre è vicinissimo, e quel giorno come ogni tre mesi l’autorità dell’energia Arera aggiornerà le bollette di luce e gas. Le decisioni salvabollette su cui sta lavorando il Governo (si vedano sul Sole24ore gli articoli di Celestina Dominelli e Carmine Fotina del 5 settembre) potrebbero solamente attenuare una botta rintronante, peggio di quell’aumento scattato il 1° luglio con +9,9% per l’elettricità e +15,3% per il gas. 

Non basta. Sull’aggiornamento Arera si orientano anche i valori del mercato libero delle famiglie. Chi un anno fa aveva stipulato contratti a prezzo fisso con listini un quarto di quelli attuali potrebbe avere un rinnovo da cavar la pelle. 

Non basta. Il 1° ottobre comincia l’anno termico, cioè i contratti industriali di fornitura energetica durano dal 1° ottobre al 30 settembre, e in questi giorni molte aziende cominciano a chiamare per il rinnovo i fornitori di energia elettrica, metano, gasolio e così via. Ma in questi giorni molte telefonate tra clienti e fornitori hanno toni luttuosi.

Il pane e le brioche.

Non basta. L’energia, si sa, è alla base di un’infinità di consumi e di beni, come l’ossigeno ospedaliero, l’uva Italia, l’attività dei server dei motori di ricerca, il detersivo per piatti, i viaggi in treno o le vernici per legno. L’Assopanificatori ha dato un avviso sui rincari del prezzo più rappresentativo del ribollire della storia, brioche comprese: il pane.

In Europa gas ed elettricità.

Il tema non è solamente italiano e il rincaro autunnale dei costi dell’energia riguarda tutta Europa e in generale tutto il mondo.

Il metano sul mercato olandese Ttf, riferimento per tutta Europa, mercoledì 8 settembre ha raggiunto il prezzo da primato di 55 euro per mille chilowattora (sì, anche il gas si può misurare in termini di energia sviluppata).

I prezzi medi delle borse elettriche europee sono infiammati, il listino elettrico Epex rileva per giovedì 9 settembre quotazioni medie di 131,76 euro per mille chilowattora in Francia, 130,23 euro in Germania, 132 in Austria e così via.

Londra, un euro al chilowattora.

Ma in Inghilterra la media per le forniture elettriche del 9 settembre è 279,94 sterline, pari a 325 euro, con prezzi pazzeschi per stasera: 783 sterline per le 18 (911 euro), 867 per le ore 19 (1.009 euro), 687,55 sterline per mille chilowattora le consegne della sera alle 20 (800 euro).

Ripeto per i lettori più distratti: all’ingrosso per le forniture del 9 settembre la corrente in Inghilterra è quotata 1 euro al chilowattora.

L’industria: servono interventi.

Osserva Aurelio Regina, delegato Energia della Confindustria: «Bisogna intervenire in sede Ue sulla speculazione finanziaria nel mercato della CO2 che, assieme all’escalation dei prezzi del gas, è una delle cause principali dei rincari energetici».

Massimo Bello (Wekiwi), presidente dell’associatione dei grossisti e trader dell’energia Aiget, avverte che «tra le voci di rincaro la forte impennata del costo della CO2 non è un fenomeno transitorio e rischia di diventare strutturale. Difficile dire come contenere i prezzi; ed è un problema europeo, non italiano. Bisogna intervenite nella concentrazione e poca concorrenza delle materie prime? Nella struttura della formazione del costo della CO2? Nel creare nuova capacità? Nel favorire contratti pluriennali? Ci ha colpito — nota Bello — la scarsa attenzione data al fenomeno, e noi intermediari ci troviamo con l’esposizione al rischio dei pagamenti».

«Le aziende non si sono ancora rese conto», commenta Diego Pellegrino (Eroga Energia), presidente dell’associazione Arte che raccoglie circa 120 trader e rivenditori di elettricità e gas soprattutto di dimensioni medie o piccole. «Sarà una spallata per i settori energìvori, ad altissima intensità d’energia. Noi imprese energetiche in questi mesi abbiamo comprato a prezzo salatissimo e rivenduto al prezzo fisso stracciato e ora siamo assediati da fideiussioni pazzesche».

Gianni Bessi, analista politico dell’energia: «Bene l’azione del Governo sulle leve regolatorie delle tariffe. Non basta; serve una crescita strutturale per un Paese che non cresce dal 2008. Ecco perché gli attacchi al ministro Roberto Cingolani per una transizione ecologica che verte sul pragmatismo è mossa da un calcolo egoistico di partito o di una cultura asfittica alla crescita».

ILSole24Ore

Shock energetico in Europa: gas ed elettricità mai così cari. - Sissi Bellomo

 

Ogni giorno nuovi record di prezzo, in un’avanzata sempre più rapida che in vista dell’inverno solleva forti preoccupazioni.

Elettricità, gas, diritti per la CO2, persino il vecchio carbone di cui puntiamo a liberarci. Sui mercati energetici ogni giorno (o quasi) è segnato da una raffica di record. I prezzi, in rialzo da mesi, hanno addirittura accelerato la corsa durante l’estate – stagione di vacanze e di termosifoni spenti, in cui in teoria non dovrebbero crearsi forti tensioni – portandosi in Europa a livelli senza precedenti.

È un rally che sta diventando sempre più preoccupante per le possibili ricadute sull’economia: bollette troppo pesanti rischiano di frenare la ripresa post Covid e di alimentare ulteriormente l’inflazione, in una fase già critica a causa delle strozzature che tuttora bloccano le supply chain, provocando rincari e difficoltà di approvvigionamento di molte materie prime e componenti, a cominciare dai microchip.

La componente energia.

Per le banche centrali – compresa la Bce – è una situazione delicata e da gestire. Un ritiro anticipato degli stimoli per raffreddare l’inflazione potrebbe mettere in pericolo la crescita, ma le politiche monetarie espansive mal si conciliano con l’aumento dei prezzi al consumo, soprattutto se questo dovesse rivelarsi più duraturo dell’auspicata «fiammata temporanea».

La componente energia, volatile come quella dei prezzi alimentari, non entra nella cosiddetta inflazione “core”, a cui guardano i banchieri centrali. Ma rincari esasperati in bolletta rischiano di trasmettersi fino agli ultimi anelli della catena del valore e di persistere a lungo.

Nell’Eurozona ad agosto l’inflazione si è impennata al 3%, il massimo da un decennio, e la voce più pesante era proprio quella dell’energia, con un aumento del 15,4% su base annua. Ma anche l’inflazione “core” ha iniziato a risvegliarsi: all’1,6% è la più alta dal 2012. C’è solo da augurarsi che davvero rimanga un fenomeno transitorio.

Il gas come epicentro.

Oggi come oggi, tuttavia, è difficile vedere la luce in fondo al tunnel, sia per i problemi di rifornimento e di trasporto delle merci – che restano in gran parte irrisolti – sia per le condizioni dei mercati energetici, che rischiano addirittura di peggiorare con l’arrivo dell’inverno, soprattutto in caso di temperature molto rigide.

Se negli shock energetici del passato era il petrolio ad essere protagonista, stavolta l’epicentro è il mercato del gas: il prezzo del combustibile è quintuplicato nell’ultimo anno sui principali hub europei, spingendosi sopra 55 euro per Megawattora mercoledì 8 al TTF.

La salita, sempre più impetuosa, è legata a carenze di offerta che hanno ostacolato la ricostituzione delle scorte per l’inverno e trascina con sè anche i prezzi dell’elettricità: sul mercato all’ingrosso in Italia ci sono stati picchi mai visti, superiori a 150 €/MWh.

Intanto anche i diritti europei per l’emissione di CO2 bruciano un record dietro l’altro, mantenendosi sopra 60 euro per tonnellata, quasi il doppio rispetto a inizio anno. Nello stesso periodo il carbone ha guadagnato il 70% superando 120 dollari per tonnellata in Europa (ma il gas è così caro da renderlo comunque conveniente).

Il petrolio stesso – così come i carburanti alla pompa – non è certo economico: il Brent scambia sopra 70 dollari al barile, in rialzo del 40% da gennaio. Ma anche l’oro nero è stato sorpassato dal gas, che fatte le dovute equivalenze ormai vale più di 100 dollari al barile, fa notare Bloomberg. E il peggio forse deve ancora venire.

Offerta scarsa.

«I problemi non sono nemmeno cominciati – avverte Julien Hoarau di Engie EnergyScan – L’Europa dovrà affrontare un inverno segnato dalla scarsità di offerta. Se avremo di nuovo un fenomeno meterologico come la Beast of the East (l’ondata di gelo estremo del 2018, Ndr) non sarei sorpreso di vedere prezzi spot a tre cifre».

«Lo spettro della povertà energetica potrebbe abbattersi rapidamente sull’Europa», rincarano gli analisti di Citi.

Anche senza sorprese climatiche, in ogni caso «i prezzi di gas e carbone resteranno probabilmente elevati fino a fine anno» , prevede Stefan Konstantinov, Senior Analyst di ICIS Energy, perché l’offerta è troppo limitata e i consumi con la stagione fredda cresceranno.

L’inverno è ormai alle porte, il nuovo anno termico comincia il 1° ottobre. E le scorte di gas europee sono a livelli di guardia, ai minimi da 10 anni per questo periodo: in media gli stoccaggi sono pieni al 69% (dati Gie). L’Italia sta un po’ meglio con l’83%, ma l’anno scorso in quest’epoca erano al 95%.

Per ora non ci sono carenze. Prima di tutto perché il sole splende. Ma anche perché i prezzi record di fatto stanno già scoraggiando la domanda di gas nel termoelettrico (in qualche caso purtroppo a favore del carbone e non solo delle rinnovabili).

In Italia, secondo un’analisi di Staffetta Quotidiana, i consumi delle centrali sono calati del 6,9% ad agosto rispetto a un anno prima. I guai rischiano di arrivare con l’inverno, quando l’Europa potrebbe sperimentare carenze di energia tali da costringere a rallentare la produzione industriale, avvertono gli esperti.

Un problema non solo europeo.

Non sarà il Gnl – né dagli Usa né da altre origini – a venirci in soccorso, se non a prezzi ancora più alti di quelli attuali: la scarsità di gas non è un problema solo europeo e l’Asia è in competizione per attirare carichi spot. Restano le forniture via tubo, che però oggi sono molto ridotte.

Dal Mare del Nord arriva pochissimo gas, a causa di manutenzioni più volte rinviate causa Covid. L’Algeria ha avvertito di «problemi upstream» che per tutto settembre potranno provocare cadute fino al 25% dei flussi verso l’Italia. E poi c’è la Russia, che in passato ci ha salvato più volte dall’emergenza, ma che da mesi si limita a rispettare gli obblighi contrattuali, senza offrire forniture extra: un mistero che ha spinto molti analisti a ipotizzare una forma di ricatto, per forzare la mano sul Nord Stream 2, di cui ora Gazprom ha ultimato la costruzione, ma che per l’avvio ha bisogno di certificazioni e permessi che tardano ad arrivare.

Ora tuttavia sta crescendo il sospetto (già avanzato lo scorso luglio dal Sole 24 Ore) che Gazprom in realtà non riesca a fare di più. È emerso che a inizio agosto c’è stato un incendio nell’impianto di trattamento del gas di Urengoy, in Siberia occidentale, di cui ancora oggi si osservano ricadute: cali di fornitura attraverso il gasdotto Yamal-Europe, che non si spiegano con teorie del complotto.

Inoltre la stessa Russia ha scorte di gas troppo basse, che il Governo ha imposto di ricostituire, con precedenza assoluta rispetto al rifornimento dei clienti europei. Per raggiungere l’obiettivo servono iniezioni di 280 milioni di metri cubi al giorno fino a fine ottobre, stima Bloomberg: volumi pari a circa l’80% delle normali forniture di Gazprom all’Europa occidentale.

(Illustrazione di Federico Bergonzini)

IlSole24Ore