giovedì 28 aprile 2022

Salomonicamente. - Marco Travaglio

 

Siccome è bene attrezzarsi per tempo e non farsi trovare impreparati, stiamo studiando attentamente le Isole Salomone, simpatico arcipelago di un migliaio di atolli nell’Oceano Pacifico meridionale a Nord Est dell’Australia e a Sud Est della Papua Nuova Guinea, con 687 mila abitanti.
L’isola più grande e famosa, che ospita la capitale Honiara, è Guadalcanal (teatro dell’omonima battaglia del 1942-’43 fra Alleati e giapponesi).
Ma c’è anche Bougainville, che evoca i fiori.
Le Salomone sono uno degli Stati più poveri dell’Oceania e del mondo: agricoltura, pesca, un po’ di turismo, qualche giacimento minerario non sfruttato.
Il capo dello Stato è la regina d’Inghilterra, mentre il governo – dal 1978, fine del protettorato Uk – è espressione di un Parlamento elettivo.
Il premier dal 2019, Manasseh Sogavare, ha riallacciato i rapporti con la Cina, scaricato Taiwan e firmato un accordo di cooperazione e sicurezza con i cinesi, che li autorizza a visite periodiche nei porti in cambio
di aiuti economici.
La cosa non piace a Usa, Australia e Giappone, per la posizione strategica delle Salomone sulle rotte del Pacifico.
Sogavare ribadisce che resta neutrale, ma Washington lo accusa di voler ospitare una base militare cinese.
Nei giorni scorsi Biden ha inviato due alti funzionari nelle Hawaii, nelle Fiji, in Papua Nuova Guinea e nelle Salomone, suscitando l’ilarità del ministro degli Esteri cinese Wang Yi: “Perché gli americani si prendono la briga di visitare un Paese insulare nel quale
la loro ambasciata è rimasta chiusa per 29 anni?”.
Tre giorni fa la Casa Bianca ha minacciato di “rispondere
di conseguenza” se le Salomone oseranno ospitare una base cinese, che avrebbe “potenziali implicazioni di sicurezza regionali”.
E l’altroieri, malgrado le nuove smentite del premier, Daniel Kritenbrink, assistente del segretario di Stato per l’Asia orientale e il Pacifico,
ha rifiutato di escludere un’azione militare nelle isole.
Nessuno spiega a che titolo gli Usa pretendono di decidere con chi possa accordarsi un Paese sovrano, che non è neppure loro alleato, dunque è libero di fare ciò che gli pare.
Né con che faccia Biden impartisca lezioni alla Russia per aver fatto a un Paese confinante ciò che lui minaccia di fare a un Paese distante 9.600 km dalla California.
Né, soprattutto, a chi dovremmo inviare le armi, o almeno i pedalò, nel caso di invasione Usa
nelle Salomone.
Al nostro primo alleato Nato che si sacrifica per noi salvandoci dalla penetrazione cinese nel Pacifico?
O al popolo salomonese aggredito, in base all’articolo 11-bis della Costituzione Immaginaria che ripudia la guerra, ma ci impone di combatterle tutte con gli aggrediti?

martedì 26 aprile 2022

Il conflitto in Ucraina è il fallimento (di parte) della classe dirigente italiana. - Alessandro Orsini

Il valore di una classe dirigente si misura dalla sua capacità di fare previsioni. Ad esempio, il generale Vincenzo Camporini, il 14 febbraio 2022, durante una diretta a Tutta la città ne parla (Radio 3), ovvero dieci giorni prima dell’invasione russa dell’Ucraina, si era detto assolutamente certo che Putin non avrebbe mai dato l’ordine di invadere l’Ucraina. Le parole di Camporini furono queste: “Io credo che gli attori di questa questione siano attori razionali e che Putin sia una persona razionale. L’attacco militare di massa della Russia contro l’Ucraina è privo di qualsiasi credibilità”. Camporini è stato uno dei generali italiani più alti in grado, addirittura capo di Stato maggiore. Oggi si è dato alla politica. Fa il consulente alla difesa per un piccolo partito politico. Il 14 febbraio 2022, Putin aveva già ammassato 180.000 soldati al fronte. Era davvero impossibile immaginare che non avrebbe invaso l’Ucraina. Eppure Camporini giurava che non avrebbe osato tanto. Desta impressione. Ma c’è di più: durante un’audizione al Senato del 4 dicembre 2018, Confindustria chiedeva di ritirare le sanzioni contro la Russia. Quanto ai nostri governi, non si sono mai preoccupati di diversificare l’acquisto delle fonti energetiche: non hanno mai pensato che Putin avrebbe invaso l’Ucraina. Dunque, il fallimento della classe dirigente italiana riguarda i generali (non tutti, per fortuna), la classe industriale e quella di governo. Potremmo dire che siamo in presenza di un fallimento totale. Le ragioni di una condizione così avvilente sono numerose, ma, al momento, nessuno le discute, nonostante un dibattito su questa smisurata incapacità di previsione sia vitale per gli interessi nazionali dell’Italia. La tecnica per non riflettere su questo fallimento totale è parlar male di Putin. Tutte le attenzioni dei cittadini devono essere dirottate contro la Russia e, soprattutto, l’intero dibattito politico-strategico deve essere impostato in termini moralistici. Le persone vengono così indotte a ritenere che il dibattito debba affrontare una sola domanda: se sia moralmente giusto o sbagliato che la Russia abbia invaso l’Ucraina. Ciò che sta accadendo in Italia è importante perché consente di osservare, in misura ravvicinata, come la libertà di informazione possa essere “costretta” e “ristretta” anche nelle società libere. Il problema è questo: nelle società libere, le teste degli elettori non possono essere rotte con i manganelli e allora il problema è elaborare le tecniche più raffinate per controllarle attraverso la distorsione e la manipolazione dell’informazione. La prima tecnica fondamentale per il controllo dell’informazione nelle società libere in tempo di guerra consiste nel suscitare il sentimento di identità nazionale, che oggi diventa sentimento di identità europea. L’appello a essere tutti uniti svolge una funzione manifesta e una funzione latente. La funzione manifesta è quella di unire la popolazione davanti al nemico avanzante. La funzione latente, cioè quella che le persone comuni colgono più difficilmente, è quella di chiudere la bocca ai critici e a coloro che sollevano dubbi sulle scelte dei governi in carica. In questo modo, il governo non deve rompere le teste dei cittadini; deve semplicemente lasciare che il lavoro sporco sia fatto da milioni di persone comuni sollevando un’ondata di violenta intolleranza. Ecco che i critici e i dubbiosi, che sono poi la vera salvezza di un Paese in guerra, vengono “silenziati”, anche se, in apparenza, le libertà liberali sono garantite giacché l’intolleranza collettiva orientata dal governo non richiede l’approvazione di nuovi decreti o la modifica della Costituzione. Non esistono “società libere”. Esistono società più o meno libere e noi dobbiamo capire in quale siamo.

Il conflitto in Ucraina è il fallimento (di parte) della classe dirigente italiana - Il Fatto Quotidiano

lunedì 25 aprile 2022

Ma mi faccia il piacere. - Marco Travaglio

 

Autodeterminazione. “Gli Usa: ‘Reagiremo se la Cina aprirà basi militari alle Isole Salomone’” (Tgcom 24, 22.4). In quel caso, noi a chi mandiamo le armi: alle Isole Salomone, agli Usa o alla Cina? Chiedo per un amico.

Tempismo. “Le armi ‘su misura’ degli Usa: ‘Ora arrivano in tempo reale’” (Repubblica, 22.4), Come se fossero già lì.

Forza nazi/1. “L’Italia non chiami nazisti i combattenti di Azov” (Stampa, 23.4). “Un fiore per il battaglione Azov” (Giuliano Ferrara, Foglio, 13.4). “Mariupol, il comandante di Azov: ‘Non siamo nazisti, combattiamo per la libertà contro il fascismo di Putin. La svastica è un antico simbolo slavo, pan-europeo, persino indiano. Per noi non ha alcun rapporto col nazismo’” (Corriere della sera, 18.4). Si tatuano le svastiche perché arredano.

Forza nazi/2. “I partigiani non avrebbero avuto dubbi sull’Ucraina” (Gianfranco Pasquino, Domani, 20.4). Avrebbero sparato al battaglione Azov.

Opposti nazismi. “’Provo imbarazzo per l’Anpi’. Dice così Maurizio Verona, sindaco di Sant’Anna di Stazzema, la Mariupol d’Italia, lì dove il 12 agosto 1944 le SS massacrarono 560 civili” (Foglio, 19.4). Prima di trasferirsi a Mariupol sotto le svastiche del battaglione Azov.

Smemorgnini. “Pochissimi italiani avevano sentito, in vita loro, la guerra così vicina… Chi possiede questi ricordi è prossimo ai 90 anni, o li ha superati” (Beppe Severgnini, Corriere della sera, 23.4). Oppure di anni ne ha pure 40 ma, diversamente da lui, si ricorda della guerra scatenata dalla Nato nel 1999 nell’ex Jugoslavia, ancor più vicina dell’Ucraina.

Prezzi modici. “Zelensky al G7: servono subito 50 miliardi” (Repubblica, 19.4). Aspetta che controllo in tasca.

Slurp. “La metamorfosi di Draghi: da ‘nonno a disposizione’ a nuovo Cincinnato” (Francesco Damato, Dubbio, 19.4). Quindi si leva da piedi?

Merlate. “Questa guerra di liberazione, questa guerra di popolo, è troppo di sinistra per non rivelarsi, martirio dopo martirio, come la ‘guerra giusta’ che tormentò sino alla fine Norberto Bobbio” (Francesco Merlo, Repubblica, 21.4). “Oggi anche Totò, come Berlinguer, si sentirebbe sicuro solo sotto l’ombrello della Nato” (Merlo, ibidem, 19.4). E Peppino e Macario, allora?

Cazzullate. “Vi confesso che non ne posso più di tutte queste sottigliezze, dei tanti, troppi distinguo” (Aldo Cazzullo, Corriere della sera, 15.4). Oh, povera stella, e adesso come facciamo?

Disinformatija. “Il dietrofront dell’Anpi. Dopo le polemiche, Pagliarulo frena: ‘La resistenza armata ucraina è legittima’” (Stampa, 24.4). “Anpi, Pagliarulo corregge il tiro: ‘Quella ucraina è resistenza’” (Repubblica, 24.4). “La svolta dell’Anpi: in Ucraina doverosa la resistenza armata” (Corriere della sera, 24.4). “Pagliarulo ‘rieducato’ dall’effetto Mattarella. Dietrofront dell’Anpi: ‘Resistenza ucraina giusta’” (Giornale, 24.4). Il 10 marzo Pagliarulo scriveva a Repubblica: “La differenza tra l’invio di armi ai partigiani dagli Alleati e l’invio di armi alla resistenza ucraina dal nostro Paese è molto semplice: mentre gli Alleati erano in guerra da anni col blocco nazifascista, e quindi con la Germania occupante, l’Italia non è in guerra con la Russia. Ciò non cambia di una virgola la legittimità e la necessità della resistenza ucraina, ma rende questo paragone pericolosissimo perché l’invio di armi in Ucraina potrebbe esser letto come… cobelligeranza”. Ora ripete la stessa cosa: ma per i giornaloni è dietrofront, svolta, frenata, rieducazione. Poi questi cialtroni si stupiscono se metà degli italiani non si fidano di loro.

L’ideona. “Draghi deve opporsi a questa riforma fiscale così iniqua” (Innocenzo Cipolletta, Domani, 23.4). Probabile, visto che l’ha fatta lui.

L’esperto. “Sul Russiagate Conte ha mentito al Copasir. I rinfreschi si fanno dopo la prima comunione” (Matteo Renzi, leader Iv, Stampa, 21.4). Col dessert all’autogrill di Fiano Romano.

In fondo a destra. “Amministrative: centrodestra a caccia di candidati ex Pd” (Repubblica, 21.4). Tanto nessuno noterà la differenza.

Bateau mouche. “’Non possiamo che tifare per Macron’, ci dice Battelli (M5S), vicino a Di Maio” (Foglio, 23.4). Lo diceva già Di Maio ai Gilet Gialli.

Esclusi i presenti. “L’indignazione social trasferita nella vita. L’esibizione di sé come prova dell’esistenza. Un tribunale in servizio permanente tutto attorno a noi. La gogna democratica. È il format dei talk di successo” (Concita De Gregorio, Repubblica, 14.4). Quindi non del suo.

Il titolo della settimana/1. “La strategia della Ue: ‘Puzziamo di più e Putin perderà’” (Libero, 24.4). Decisivo il contributo di Libero.

Il titolo della settimana/2. “Gualtieri sfida l’immobilismo: basta monnezza” (Foglio, 21.4). Ma non mi dire.

Il titolo della settimana/3.“Questo tempo di guerra premia la forza tranquilla del Pd” (Domani, 15.4). Pare che dorma.

Il titolo della settimana/5. “No di Letta al gas dall’Egitto. Ci mancava Regeni” (Libero, 15.4). Non poteva evitare di suicidarsi?

Ma mi faccia il piacere - Il Fatto Quotidiano

L'AMERICA - Giorgio Gaber -


Do not forsake me, oh my darlin'

On this, our weddin' day
A noi ci hanno insegnato tutti gli americani
Se non c'erano gli americani, a quest'ora noi eravamo europei
Vecchi, pesanti, sempre pensierosi
Con gli abiti grigi e i taxi ancora neri
Non c'è popolo che sia pieno di spunti nuovi come gli americani, e generosi
Gli americani non prendono mai, dànno, dànno
Non c'è popolo più buono degli americani
I tedeschi sono cattivi
È per questo che le guerre gli vengono male
Ma non stanno mai fermi, ci riprovano
Ci hanno il diavolo che li spinge: dai, dai
Intanto dio fa il tifo per gli americani
E secondo me ci influisce
Non è mica uno scalmanato qualsiasi, dio, ci influisce
E il diavolo si incazza. Stupido, prende sempre i cavalli cattivi
Già, ma non può tenere per gli americani
Per loro le guerre sono una missione
Non le hanno mai fatte per prendere, per dare
C'è sempre un premio per chi perde la guerra
Quasi, quasi conviene:
"Congratulazioni, lei ha perso ancora!..." E giù camion di caffè
A loro gli basta regalare
Una volta gli invasori si prendevano tutto del popolo vinto
Donne, religione, scienza, cultura
Loro, no
Non sono capaci
Uno vince la guerra, conquista l'Europa e trova lì una lampada Liberty
Che fa? Il saccheggio è ammesso, la fa sua, no
Civilizzano loro, è una passione
E te ne mettono lì una al quarzo: tutto bianco
E l'Europa, con le sue lucine colorate
I suoi fiumi, le sue tradizioni, i violini, i valzer
E poi luce, e neon, e colori, e vita
E poi ponti, autostrade, grattacieli, aerei, chewin gum
Non c'è popolo più stupido degli americani
Strangers in the night
Exchanging glances, wond'ring in the night
What were the chances, we'd be-
La cultura non li ha mai intaccati
Volutamente. Sì
Perché hanno ragione di diffidare della nostra cultura
Vecchia, elaborata, contorta
Certo, più semplicità, più immediatezza
Loro creano così. Come cagare
A whop bopa-a-lu a whomp bam boo
Tutti-frutti, oh Rudy
Tutti-frutti, oh Rudy
Non c'è popolo più creativo degli americani
Ogni anno ti buttano lì un film, bello, bellissimo
Ma guai se manca un po' di superficialità necessaria
Sotto sotto c'è sempre un po' il western
Anche nei manicomi riescono a metterci gli Indiani
È questa è coerenza
Gli americani hanno le idee chiare sui buoni e sui cattivi
Chiarissime, non per teoria, per esperienza
I buoni sono loro
E ti regalano une scatole di sigari, cassette di whisky
Navi, sapone, libertà, computer, abiti usati squali
A me l'America non mi fa niente bene
Troppa libertà, bisogna che glielo dica al dottore
A me l'America mi fa venir voglia di un dittatore
Sì, di un dittatore. Almeno si vede, si riconosce
Non ho mai visto qualcosa che sgretola l'individuo come quella libertà lì
Nemmeno una malattia ti mangia così bene dal di dentro
Come sono geniali gli americani
Te la mettono lì, la libertà è alla portata di tutti, come la chitarra
Ognuno suona come vuole e tutti suonano come vuole la libertà
Fonte: Musixmatch

sabato 23 aprile 2022

Per eliminare Conte, provate con il polonio. - Antonio Padellaro

 

Che non ci sia niente di personale negli attacchi alzo zero che Giuseppe Conte subisce nelle sue uscite televisive è probabile poiché siamo convinti che se, per dire, egli parlasse a nome del Pd (con cui pure ebbe una qualche lontana frequentazione) potrebbe di diritto beneficiare del trattamento lingua di velluto. Purtroppo per lui Conte si trova a guidare il M5S che è il vero bersaglio del fuoco concentrico, nemico ma soprattutto amico, finalizzato a togliere di mezzo una volta per tutte tale incomprensibile anomalia della politica italiana. Un non previsto incidente della storia che dal 2018 ha rotto gli equilibri consolidati tra i partiti (e a molti anche gli zebedei). Per comprendere appieno la ragione di tanto accanimento basterebbe dare ascolto a Matteo Renzi e Carlo Calenda (vasto programma) che profetizzano il dissolvimento del Movimento nelle politiche del 2023. Con la successiva spartizione delle relative spoglie elettorali nel nuovo Parlamento che, ricordiamolo, avrà un terzo di posti in meno (maledetti grillini).

A parte la stravagante ipotesi che ci siano frotte di elettori impazienti di correre tra le braccia di Cric e Croc (che insieme fanno meno punti della Salernitana) la suggestione di un’Italia senza i 5Stelle ricorda quel film degli anni ’60 nel quale un commissario di polizia di stanza in Sicilia copriva con la mano l’isola sulla carta geografica sognando così l’automatica fine dei suoi problemi. Indubbiamente, per dirne una, senza il M5S il governo Draghi non avrebbe avuto ostacoli di sorta nel sottoscrivere tutte le spese militari richieste dalla Nato. Va detto che nel pretendere un minimo di decenza davanti a quel 2% del Pil in armamenti, Conte non mostrava certo la grinta di un Brenno ma tanto è bastato per indicarlo come oggettivamente putiniano. E anche oggettivamente lepenista per non aver gridato Macron je t’aime. E pure oggettivamente trumpiano, in conseguenza di quello scandalo Barr che come il rum Pampero appassiona gli avventori dei peggiori bar di Caracas. Il problema è che a furia di essere accusato, insultato, deriso (“Giuseppi, ah ah”), Conte conserva quasi tutto il gradimento accumulato da presidente del Consiglio. Mentre, malgrado l’autolesionismo compulsivo i maledetti 5Stelle viaggiano ancora nei sondaggi intorno a un miracoloso 15 per cento che permetterebbe loro di tornare, e in numero consistente, a rompere i coglioni anche nella prossima legislatura. Forse bisognerebbe provare col cianuro. O col polonio.

Per eliminare Conte, provate con il polonio - Il Fatto Quotidiano

sabato 16 aprile 2022

Alleanze. “Già Pertini era contro la Nato”. “Ma allora si sbagliava”

 

Caro “Fatto”, sarei molto felice se voi pubblicaste il discorso di Sandro Pertini al Senato del 7 marzo 1949, quando votò contro l’adesione dell’Italia alla Nato: “Noi siamo contro il Patto Atlantico, prima di tutto perché questo Patto è uno strumento di guerra… Ma il nostro voto è ispirato anche a un’altra ragione. Questo Patto Atlantico in funzione antisovietica varrà a dividere maggiormente l’Europa, scaverà sempre più profondo il solco che già separa questo nostro tormentato continente… Una ‘Santa Alleanza’ in funzione antisovietica, un’associazione di nazioni, quindi, che porterà in sé le premesse di una nuova guerra e non le premesse di una pace sicura e duratura. Noi siamo contro questo Patto Atlantico dato che esso è in funzione antisovietica. Perché non dimentichiamo, infatti, come invece dimenticano i vostri padroni di oltre Oceano, quello che l’Unione Sovietica ha fatto durante l’ultima guerra. Essa è la nazione che ha pagato il più alto prezzo di sangue. Senza il suo sforzo eroico le Potenze occidentali non sarebbero riuscite da sole a liberare l’Europa dalla dittatura nazifascista… E noi socialisti sentiamo che se domani per dannata ipotesi dovesse crollare l’Unione Sovietica sotto la prepotenza della nuova ‘Santa Alleanza’, con l’Unione sovietica crollerebbe il movimento operaio e crolleremmo noi socialisti… Parecchi di voi si rallegrarono quando videro piegata sotto la dittatura fascista la classe operaia italiana e costoro non compresero che, quando in una nazione crolla la classe operaia, o tosto o tardi con la classe operaia, finisce per crollare la nazione intera… Oggi noi abbiamo sentito gridare ‘Viva l’Italia’ quando voi avete posto il problema dell’indipendenza della patria. Ma non so quanti di coloro che oggi hanno alzato questo grido, sarebbero pronti domani veramente a impugnare le armi per difendere la patria. Molti di costoro non le hanno sapute impugnare contro i nazisti. Le hanno impugnate invece contadini e operai, i quali si sono fatti ammazzare per l’indipendenza della patria! Onorevole presidente del Consiglio, domenica scorsa a Venezia, in piazza San Marco, sono convenuti migliaia di partigiani da tutta l’Italia e hanno manifestata precisa la loro volontà contro la guerra, contro il Patto Atlantico e per la pace. Questi partigiani hanno manifestato la loro decisione di mettersi all’avanguardia della lotta per la pace, che è già iniziata in Italia, essi sono decisi a costituire con le donne, con tutti i lavoratori una barriera umana onde la guerra non passi. Questi partigiani anche un’altra volontà hanno manifestato, ed è questa: saranno pronti con la stessa tenacia, con la stessa passione con cui si sono battuti contro i nazisti, a battersi contro le forze imperialistiche straniere qualora domani queste tentassero di trasformare l’Italia in una base per le loro azioni criminali di guerra. Per tutte queste ragioni noi voteremo contro il Patto Atlantico”.
Andrea Nanni

Caro Andrea,
credo che Pertini avesse torto perché all’epoca l’Urss voleva e poteva aggredire l’Europa. Oggi serve un esercito europeo e la Nato non ha più alcuna ragione di esistere.
Marco Travaglio

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/04/06/alleanzegia-pertini-era-contro-la-nato-ma-allora-si-sbagliava/6550025/

venerdì 15 aprile 2022

Sauditi, Egitto e Qatar: vendiamo ancora armi agli “amici” macellai. - Giacomo Salvini

 

NON SOLO UCRAINA - La relazione annuale. Bilancio industria bellica nazionale: restano scambi di forniture con i Paesi che violano i diritti umani.

L’Italia nel 2021 ha continuato a vendere armi al regime dell’Arabia Saudita e agli Emirati Arabi Uniti, entrambi autori di stragi in Yemen, per un totale di 103 milioni di euro. Il dato è contenuto nella relazione annuale sulla “esportazione, importazione e transito di armi” inviata dal presidente del Consiglio, Mario Draghi, al Parlamento lo scorso 5 aprile. Un documento di oltre 1.600 pagine, previsto dalla legge 185 del 1990, in cui è contenuto il volume di affari relativi all’export e all’import di armi in Italia relativo all’anno 2021, prima quindi dello scoppio della guerra in Ucraina.
Il 29 gennaio 2021 il governo Conte aveva deciso di revocare le licenze in essere e quelle future con Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti, in seguito alla risoluzione approvata dal Parlamento il 22 dicembre 2020: con quell’atto le Camere bloccavano l’export di “bombe aeree e missili” verso Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti (in gran parte autorizzati dal governo Renzi) che utilizzavano quelle armi per colpire i ribelli Houthi in Yemen causando la morte di migliaia di civili. Dopo la revoca, costata all’Italia 328 milioni, il governo Draghi ha autorizzato nuovi contratti nel 2021 con Arabia Saudita (47,2 milioni) e Emirati Arabi Uniti (56,1). Senza formalmente violare la revoca, esportando armi consentite: se abbiamo esportato pistole, componenti e apparecchi elettronici negli Emirati, al regime di Mohammed bin Salman l’Italia ha venduto armi che rientrano nell’ampia categoria “004” che comprende “bombe, siluri, razzi, missili”. Contattato dal Fatto, il ministero degli Esteri non ha fornito dettagli specifici sulla fornitura. “E chi ci dice che queste bombe e missili italiani non vengano utilizzato dai sauditi nel conflitto in Yemen?” chiede Giorgio Beretta, della Rete Pace e Disarmo.

Nel 2021 il valore dei movimenti di armi è cresciuto fino a 5,3 miliardi (nel 2020 era stato di 4,8): 4,66 di esportazioni (4,65 un anno fa) e 679 milioni di importazioni rispetto ai 179 del 2020. Diminuisce invece il valore delle autorizzazioni individuali relative all’export: lo scorso anno era di 3,65 miliardi, il dato più basso degli ultimi sette anni. Ma il calo è relativo perché è paragonato al triennio 2015-2017 quando i governi Renzi e Gentiloni hanno autorizzato maxi-commesse che hanno fatto lievitare il valore delle esportazioni di armi per 7,9 miliardi nel 2015, 14,6 nel 2016 e 9,5 nel 2017. Il record era stato raggiunto sei anni fa quando la metà del valore di esportazioni riguardava una commessa di 28 Eurofighter della Leonardo al Kuwait. “Il calo di oggi è fisiologico perché la nostra industria degli armamenti è limitata – spiega Beretta – a fronte di alte commesse tra il 2015 e il 2018 oggi ci sono meno ordinativi”. A pesare è stato anche il biennio della pandemia. Per la prima volta nel 2021 l’esportazione di armi finisce per la maggior parte nei Paesi Ue-Nato (52,1%) contro un restante 47,9% a tutti gli altri. Un terzo delle esportazioni è concentrato nei Paesi Nato e il 26% tra Africa Settentrionale e Medio Oriente.

Tra i principali clienti dell’Italia ci sono Paesi governati da dittatori sanguinari e guerrafondai: il primo è il regime del Qatar, accusato di legami con l’estremismo islamico, a cui abbiamo venduto bombe, missili, munizioni, software per 813,5 milioni. Tra i primi 15 Paesi a cui vendiamo armi ci sono Pakistan, Filippine e Malaysia, mentre l’Egitto di Al Sisi passa dal primo al diciottesimo posto in graduatoria, da 991 milioni nel 2020 ai 35 del 2021. Sono quattro i player italiani che rappresentano il 76% del mercato: Leonardo con il 43,5%, Iveco Defence Vehicles (23,5%) che fa riferimento al gruppo Exor della famiglia Agnelli-Elkann, Mbda Italia (5,2%) e Ge.Avio (3,9%).

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/04/15/sauditi-egitto-e-qatar-vendiamo-ancora-armi-agli-amici-macellai/6560603/