sabato 10 dicembre 2016

Nella palude post-referendum c’è una vittima sacrificale: non certo Renzi, ma … Grillo. - Rosanna Spadini

accozzaglia-del-si

Il day after è arrivato e certo non abbiamo creduto alle lacrime da lumacone di Renzi, e nemmeno alle sue promesse da baro … al sabbatico per un anno di meditazioni Zen, o al ritiro definitivo dalla politica, oppure ancora alle elezioni anticipate. Con l’Italicum vincerebbero i 5 Stelle, quindi bisogna modificare la legge, perché i bari non rispettano le regole democratiche valide per tutti, ma le cambiano e le modulano secondo le proprie esigenze. La partita a poker Renzi l’ha persa, in realtà però il potere è come il banco del casinò, non perde mai, perché ha a disposizione le tv, megafoni amplificati alla cattura del consenso, che divulgano messaggi subliminali in gran quantità, così da confondere e disinformare.
Statura da elfo e stoffa da show man, Renzi ha perso, ma è già partita la controffensiva mediatica da parte del suo gruppo di potere, per ricomporre l’establishment, e risistemare la questione … il trasferimento di sovranità fuori dai parlamenti nazionali deve essere in qualche modo oscurato dai conflitti interni, alla ricerca di un’unità nazionale delle forze politiche schierate, inammissibile e improbabile.
matteo-renzi-con-il-presidente-sergio-mattarella-nel-mese-di-novembre
Probabilmente Mattarella farà di tutto per non sciogliere le camere, da buon democristiano, e traghetterà la casta verso un governo di scopo, e i motivi sono diversi, c’è una crisi bancaria in atto da risolvere, una legge di bilancio da produrre senza mance, e poi rassicurare i mercati, consegnare un segnale di stabilità all’UE … insomma problemi urgenti, che non possono tollerare una sospensione benché minima.
Il M5S naturalmente soffia sul fuoco e chiede elezioni anticipate, quindi nell’immediato post referendum  Di Maio dice «Ha perso la politica che crede che il reddito di cittadinanza, le proposte popolari siano soltanto utopia, noi da domani saremo al governo per creare una squadra di governo, un programma di governo, per un nostro futuro governo, è il momento di dire basta all’idea che una sola persona debba governare il paese, una legge costituzionale esiste già, se la deve modificare sarà la Corte Costituzionale a farlo, in questi giorni ci saranno dei correttivi per facilitare la continuazione dell’attività governativa, è finita l’epoca dei tweet che mandano al governo, è finita l’epoca delle scorciatoie, se noi andremo al governo ci andremo con il voto dei cittadini.»
E Di Battista ha aggiunto «Non ha vinto solo il M5S ma hanno vinto i cittadini tutti, noi abbiamo fatto il nostro dovere, un referendum senza quorum fornisce il dato che avete visto, ovvero che c’è il record degli elettori, noi ringraziamo tutti i cittadini che sono andati al voto, vorrei soltanto dirvi che è il momento di dire basta a chi dice che il movimento 5 stelle sia un movimento anti politico, se c’è un partito anti politico è quel partito che ha approvato con un parlamento incostituzionale una riforma antipolitica.»
Vabbè … utopia, reddito di cittadinanza, antipolitica … intanto il potere resta in mano alla casta, e i famigerati grillini sono trattati a pesci in faccia su tutti i network tv, che sembrano accanirsi nel presentarli come incapaci, inaffidabili, incompetenti, quindi sarebbe assurdo affidare loro il governo del Paese, data la “tragica” esperienza del governo di Roma … nonostante si siano battuti come leoni in tutte le piazze d’Italia a difesa della Costituzione, nonostante lo abbiano fatto con passione e senso civico, dato che la vittoria del NO si ritorce proprio contro il Movimento.
luca-lotti-tweet
Nel frattempo la casta piddina dopo un nanosecondo di sconcerto si rianima e riprende la solita ύβρις «Ripartiamo dal 40% di ieri! … Tutto è iniziato col 40% nel 2012, e poi abbiamo vinto col 40% nel 2014», il patetico tweet di Luca Lotti, sottosegretario a Palazzo Chigi, ma soprattutto da sempre braccio destro di Matteo Renzi «13 milioni e mezzo dei voti del SI’, rappresentano un capitale apparentemente blindato».
Ma Renzi è uno zòon politikòn, versatile e mutante nello zòon dello spettacolo, in una dimensione dove l’apparire trova la sua enfasi sullo schermo dei network, e raggiunge il suo massimo grado di esposizione tra i palinsesti giornalieri, per celare la vera essenza del potere. La botta è arrivata tosta, ma non credo inaspettata, quindi la nuova storytelling strategica riparte dalla seconda stagione e non promette nulla di buono.
Secondo Murray J. Edelman, politologo statunitense del ‘900, la politica è mossa da due sostanziali dinamiche, un mercato “strumentale” (occultato alla massa) ed uno “simbolico” (pubblico), interpretate a loro volta da tre differenti fattori, l’élite dominante, il popolo, e i gruppi di interesse, dove le lobby capitalistiche  influenzano l’operato dell’élite dominante, la quale  per assicurarsi il sostegno del pubblico massificato, offre alla massa simboli che la rassicurino, la commuovano o la spaventino. Lo spettacolo del mondo così com’è raccontato dai notiziari televisivi è un’essenziale sorgente di legittimazione per lo stato e dunque per il governo «là fuori ci sono terribili nemici e sfide complicate, per riuscire a vivere tranquilli qui dentro, nel salotto di casa dove il mondo è spettacolo, qualcuno deve pensarci per noi». (Constructing the Political Spectacle1988)
Dunque di simboli mediatici si nutre la mitologia della casta, di simboli si alimenta la dialettica oratoria e  gestuale del premier, alle prese con i prossimi scenari politici, che devono essere disinnescati uno dopo l’altro, dato che una soluzione definitiva non può esistere all’interno dell’Eurozona.
La sua narrazione propagandistica, fin dall’hashtag #enricostaisereno, è stata improntata alla massima spregiudicatezza … fomentare il bollore dell’acqua, finché la rana non fosse completamente bollita. Ma forse anche questa volta le sue dimissioni potrebbero rivelarsi un’operazione sagace e spregiudicata, che approfitta della sconfitta per mutarla clamorosamente nella palude più densa di questa strana crisi di governo.
Tre gravi problemi politico-economici da risolvere: la legge di bilancio (approvata a colpi di Fiducia in 48 ore, per la serie il bicameralismo e le sue lungaggini), la drammatica situazione del sistema bancario italiano (Monte dei Paschi), e la legge elettorale.
roberta-lombardi-twitter
Sulla questione legge di bilancio c’è una differenza sul deficit strutturale pari a un punto percentuale di PIL, circa €15 miliardi. La commissione europea aveva promesso una tregua fino al referendum ma ora richiederà aggiustamenti di bilancio con nuovi tagli o nuove tasse.
A Berlino già si parla di mandare la Troika in Italia, spiega in un’intervista Volker Wieland, uno dei consiglieri economici del governo tedesco che formano il consiglio dei Cinque Saggi. «Il nuovo esecutivo dovrebbe chiedere un programma di aiuti all’Esm» … «Il referendum sulla riforma costituzionale non ha modificato in alcun modo la situazione in Italia».   Il Meccanismo di stabilità europeo, altrimenti noto come Fondo Salva-Stati, sarebbe una sorta di commissariamento da parte della Commissione europea, della BCE e del FMI (chiamasi Troika).
Nei piani di Wieland «anche il FMI dovrebbe essere coinvolto nel programma di aiuti a sostegno dell’Italia …  da un lato rappresenterebbe uno scudo in caso di crisi debitoria in Italia e, dall’altro, ESM e FMI assieme potrebbero esercitare le giuste pressioni per sbloccare le riforme». Per Wieland, Renzi avrebbe sbagliato perché «ha legato il suo futuro politico alla riforma costituzionale invece di portare avanti riforme ambiziose sul mercato del lavoro, dei prodotti, dell’amministrazione pubblica e della giustizia … chiunque si troverà a governare il Paese in futuro, dovrà finalmente creare le condizioni economiche necessarie per una crescita sostenibile. L’Italia ha bisogno di una politica dell’offerta vicina al mercato». Quindi il commissariamento dell’Italia si avvicina, e sappiamo bene che questo comporterà tasse e balzelli, privatizzazioni e ulteriore svendita del patrimonio pubblico, così com’è accaduto in Grecia, dove sono stati svenduti porti e aeroporti ad aziende tedesche.
monte-paschi-siena
Sulla questione banche e MPS le soluzioni di mercato sembra che non possano funzionare, probabilmente servirà un bail-in controllato e parziale con successivo intervento pubblico nel capitale. Mps è l’istituto bancario italiano che più di tutti risentirà della crisi politica post Renxit, che rende molto difficile assicurarsi un investimento da 1 miliardo di euro dal Qatar, per il piano di ricapitalizzazione. La banca soffre la crisi patrimoniale più grave in Europa, come hanno evidenziato gli ultimi stress test e, nel caso in cui il piano di ricapitalizzazione di Mps dovesse saltare, il Tesoro (primo socio con una quota di capitale del 4%) potrebbe ricorrere a un’operazione di nazionalizzazione della banca di Siena.
Per quanto riguarda l’Italicum va immediatamente cambiato, perché ai ballottaggi vincono sempre i 5 Stelle, quindi bisognerà aspettare la sentenza della Corte Costituzionale che ha rinviato la discussione sulla costituzionalità sulla legge a dopo il referendum, per poi discutere della nuova legge elettorale, che sarà categoricamente proporzionale, così costringerà alle ammucchiate partitiche ed esorcizzerà il rischio 5 Stelle. 
È la massima espressione della post-democrazia: la personalizzazione partitica delle regole democratiche.
Intanto lo scontro tra correnti del PD, nella palude delle 50 sfumature di grigio, nasce da un vero ginepraio inestricabile, e quando arriva Renzi, vince primarie, congresso, scalza Letta dal governo, dopo aver scalzato Bersani dal partito e rimescola la palude. I renziani passano saldamente in maggioranza e conquistano tutte le periferie, comprese le ex regioni rosse (Emilia con Bonaccini) tranne la Toscana. I lettiani, per quanto pochi, passano di fatto all’opposizione (Boccia), i Giovani Turchi (Orfini, Verducci, Orlando) dall’opposizione a Renzi (sostenevano Gianni Cuperlo, per la segreteria) passano in maggioranza, sfilandosi dal fronte delle opposizioni interne e arrivando a creare un asse con i renziani (Serracchiani su tutti). Il ruolo di Civati cresce, più mediaticamente che in quanto a numeri, contando su pochi parlamentari (Mineo, Casson, Ricchiuti e Vannino Chiti). L’area della minoranza bersaniana si frantuma, mentre i dalemiani si arroccano in posizione di sdegnosa retroguardia.
partito-democratico-correnti
L’Area riformista, il grosso della minoranza dem di derivazione bersaniana, si divide tra i più dialoganti (Roberto Speranza) e i duribersaniani D’Attorre, De Giorgis, Gotor, mentre Stefano Fassina gioca sempre più un ruolo autonomo. Il giglio magico, formato dal ministro Boschi, il sottosegretario Lotti, il portavoce Sensi e pochi altri (tra cui il ministro Madia, ex veltroniana), scontenta quasi tutti, renziani nuovi e vecchi, per la sua eccentricità. Da ultimo una nuova corrente, che conta quasi 80 parlamentari, ribattezzata dei catto-renziani perché l’elemento cattolico è quello più pronunciato, corrente voluta da Richetti, Rughetti e Delrio, ma che gode della benedizione del vicesegretario, Lorenzo Guerini (ex-dc ed ex-ppi a sua volta).
Difficile capire come andrà a finire la storytelling per la formazione del nuovo governo, non solo a Mattarella spetta l’ardua sentenza dentro la palude del renzismo dem. Ma le prospettive politiche per Renzi non sembrano comunque finite qui, ed anche se Renzi ha molteplici colpe, non pagherà per questo: ha voluto personalizzare il referendum proponendo una pessima riforma, confusa e disorganica, ha tentato di spaccare l’Italia in due, secondo il motto ben conosciuto divide et impera, ha cercato la deriva autoritaria sottraendo agli elettori l’elezione del Senato, ha evocato spettri apocalittici di crisi finanziarie alle porte, terrorizzando con l’eventualità di uno spread alle stelle, di mercati nel panico, ha sprecato sei mesi di campagna referendaria fallimentare, quando i problemi urgenti erano ben altri, e infine ha speso per tutta questa sceneggiata 300 milioni di euro buttati al vento.
tweet-renzi-si-dimette
Nonostante tutto questo, nonostante il discorso strappalacrime drammatizzato con enfasi la sera della debacle (scritto da Alessandro Baricco), e benché abbia ripetutamente ricordato di volersi addirittura ritirare dalla politica, Renzi non se ne andrà … si è preso una breve pausa sabbatica per riordinare i progetti e se possibile spaccare il PD, ma sarà ben presto pronto a ritornare sulla scena, dato che the show must go on … e il suo apparato lobbistico di riferimento pretende risposte.
Anzi ha avanzato apertamente la pretesa che tutti i partiti dovrebbero assumersi le loro responsabilità (dopo che i guai li ha combinati lui), che quindi la modifica dell’Italicum ora dovrebbe diventare non solo un onore, ma anche un onere dei leader dell’opposizione. Insomma, un po’ come la favola del lupo e dell’agnello …
Nella palude dem lo show man batte tutti in carisma comunicativo mediatico, dialettica brillante, oratoria suggestiva, risposta pronta, ironia goliardica da boy scout d’antan … nessuno può sostituirlo in questo momento storico, all’interno di quella barcaccia melmosa ricolma di vecchi arnesi del PD non c’è alternativa a Renzi, perché la rottamazione mediatica è realmente avvenuta, e nella società della politica spettacolo solo lui è in grado di condurre lo show quotidiano e narcotizzare le disarmanti platee piddine, rubizze e plaudenti.
Renzi è giovane ed è molto astuto, quindi approfitterà del 41% dei Sì che ha comunque preso al referendum, per farsene vanto e ripartire, con un gruzzolo personale sostanzioso su cui lavorare nel prossimo anno di campagna elettorale, anche se fosse solo la metà riconducibile al suo progetto.
Il nuovo governo dovrà essere di scopo, progettato su scadenze ben precise: legge elettorale, salvataggio del sistema bancario al collasso, correzione della Legge di Stabilità che a marzo l’Ue boccerà, e dialogo più o meno incandescente con l’Eurogroup e la Troika …  tirando una lunga e delirante volata fino al 2018.
matteo-renzi-si-dimette
Il renzismo per ora ha subito una battuta d’arresto, ma non può sparire, anzi si sta attrezzando per risorgere, perché è contaminato da un germe contaminante condiviso da due forze ideologicamente tracimanti: il mal celato fanatismo europeista da una parte, e il finanzcapitalismo tecnologico mediatico dall’altra. Il germe in questione ha un nome (euro) e una pluralità di declinazioni (Fmi, Bce, Ue, JP Morgan, Goldman Sachs, BlackRock) contrassegnate da un minimo comune denominatore: la dissoluzione della sovranità nazionale in un organismo imperialista europeo.
Proprio da ultimo è tornato sulla scena il badante della nipote di Mubarak, redivivo dall’ennesima mutazione transgenico cardiologica, rettiliano dal sangue freddo e dal piglio geniale, che si è messo a divulgare il nuovo credo politico, copiato pari pari dai 5 Stelle: uscita dall’euro, o moneta complementare, sovranità monetaria, stampare moneta per favorire la crescita economica … e come un avvoltoio, il nuovo governo delle larghe intese e delle coscienze stagnanti, calerà sulla cancrena del benessere sociale italiano, sostenendo la sua campagna demonizzante contro il M5S e Grillo in particolare, etichettato fascista, tiranno, ignorante, populista, massone e licantropo …
Ecco perché la vittoria del referendum si rivelerà un boomerang nei confronti dei 5 Stelle, troppo onesti e democratici per ambire alla guida del governo dell’Italia.

venerdì 9 dicembre 2016

Terapia con flash di luce per fermare l'Alzheimer.



Risultati immagini per alzheimer


Testata con successo sui topi, è indolore e non invasiva.

La luce per contrastare l'Alzheimer. E' l'idea alla base della strategia, testata con successo sui topi, dai ricercatori del Massachussets Institute of technology (Mit), che hanno verificato come una terapia a base di flash di luci stroboscopiche (come quelle della discoteca) negli occhi stimoli le cellule immunitarie a divorare le proteine beta-amiloide, che si accumulano nel cervello causando la demenza.
Come spiega lo studio pubblicato sulla rivista Nature, il tasso perfetto di flash è di 40 lampi al secondo, un tremolio a malapena percepibile, quattro volte più veloce delle luci stroboscopiche della discoteca. Lo sviluppo di proteina beta-amiloide è uno dei primi cambiamenti che si osservano nel cervello dei malati di Alzheimer. Si accumula, formando delle placche, che si ritiene causino la morte dei neuroni e la perdita di memoria. Da tempo si studiano modi per prevenire la formazione di queste placche con i farmaci, ma i risultati finora sono stati deludenti. I ricercatori guidati da Li-Huei Tsai hanno tentato la strada che sfrutta la luce. Quando i topi sono stati messi di fronte ai lampi di luce per un'ora, si è notata una evidente riduzione della proteina beta-amiloide nelle 12-24 ore successive, nelle parti del cervello deputate alla vista.
Facendolo tutti i giorni per una settimana, i cali di proteina sono stati ancora maggiori. Allo stesso modo, una stimolazione luminosa diretta all'area del cervello che gestisce la memoria - l'ippocampo - ha portato ad una riduzione di beta-amoloide lì. La luce funziona perchè chiama a raccolta le cellule immunitarie che si trovano lì (le microglia), che agiscono da spazzine, mangiandosi agenti patogeni pericolosi, come le proteine beta-amiloide. L'idea è che eliminando la proteina, e fermando la formazione di placche, si riesca a bloccare l'avanzata della malattia e dei suoi sintomi. Si potrebbe così sviluppare una terapia indolore e non invasiva. 
Il metodo va ora provato sull'uomo, e ricercatori hanno già richiesto l'autorizzazione alla Food and drug administration.

mercoledì 7 dicembre 2016

Chi siamo.


Risultati immagini per automi, sconforto

Siamo gli schiavi moderni, siamo quelli che si muovono tutti allo stesso ritmo di una musica nascosta che batte il tempo e ti suggerisce automaticamente come, quando muovercii. 

Mangeremo cibi preconfezionati senza alcun sapore in grandi mense asettiche, l'uno attaccato all'altro senza guardarci, senza parlarci, immersi in pensieri sconfortanti, con una rabbia dentro senza speranza.


Siamo in un film di fantascienza in cui truppe di umani si muovono a comando, tutti vestiti allo stesso modo con una tuta grigia, senza personalità, tutti della stessa taglia, senza idee, senza cultura, senza distinzione alcuna. 

Formiche umane.
Con il jobs act ci hanno tolto anche la speranza di un futuro.
Ora non potremo mai più sperare di migliorare la nostra vita, saremo tutti zombi privati della volontà, proni e riconoscenti al padrone di turno che ci tiene in vita; lavoreremo 18 ore al giorno in aziende quotate in borsa, cambieremo datore di lavoro tante volte in un anno, e subiremo pressioni incredibili e insostenibili a seconda del vento che tira, saremo venduti da un padrone all'altro come moneta sonante, senza alcuna certezza di un domani, accontentandoci di remunerazioni sempre più basse e con la certezza che da vecchi finiremo sotto i ponti senza assistenza. 

Le nostre remunerazioni saranno la carta straccia delle speculazioni bancarie andate in fumo.

L'istruzione e la sanità saranno privatizzate e, pertanto, inaccessibili per noi


Smetteremo di mettere figli al mondo, adotteremo gli animali perchè meno dispendiosi.
I veterinari lavoreranno più dei pediatri.


Non avremo più bisogno di avvocati, sarà inutile fare causa alle industrie che potranno, invece, fare causa alle nazioni in virtù di accordi stipulati da aziende multinazionali di proprietà di pochi magnati che tutto possono.


Saremo un popolo di poveri schiavi al servizio di pochi ricchi Epuloni, i quali diventeranno sempre più ricchi e andranno a vivere su isole paradisiache di loro proprietà comprate con i ricavi in borsa e dalle quali controlleranno il resto del mondo.
Per le strade incroceremo volti inespressivi, corpi privi di vita, zombi.


Quando moriremo finiremo nel dimenticatoio, come se non fossimo mai esistiti.


Cetta.

UNA VITTORIA MISTIFICATA. - Lorenza Carlassare

Una vittoria mistificata

Le hanno viste le bandiere rosse nelle piazze, nei teatri, nei tanti luoghi degli incontri festosi dei Comitati del No?
Per neutralizzare il risultato clamoroso del referendum, nei loro interminabili vaniloqui televisivi i soliti noti ne celano l’esistenza e insistono nel riferire quel successo soltanto ai partiti (affermando così che ha vinto la destra) ignorandone volutamente il grande protagonista, il popolo italiano in tutte le sue diversificazioni e le associazioni nelle quali si è riconosciuto, ha trovato espressione, ha potuto far sentire la sua voce (Libertà e Giustizia e i Comitati). In particolare ignorando il popolo della sinistra che, da tempo senza un partito di riferimento, si è mobilitato per lunghissimi mesi lavorando col massimo impegno civile trovando nuove aggregazioni.
Non più rappresentati dal Pd che in passato votavano (da tempo trasformato dall’interno a opera di un manipolo arrogante che se ne è impadronito) né da altre sigle, questi cittadini costituiscono la più possente forza per un cambiamento reale, per la svolta vera che può consentirci di ripartire; e non distruggendo la Costituzione, ma finalmente applicandone le norme e dare ai suoi principi una vita effettiva. A essi si dovrebbe guardare.
Ma è la mobilitazione dal basso nella sua spontaneità irresistibile che i “conservatori” dell’esistente non possono tollerare; perciò si agitano scompostamente per minimizzarne la portata, per celarla sotto un profluvio di parole senza spessore e verità, per distorcerne il senso a difesa dell’assetto consolidato di poteri e interessi, ogni giorno più invasivo e arrogante.
Nonostante gli sforzi assillanti compiuti dal governo per convincere gli elettori a votare Sì, nonostante le ripetute menzogne, i mezzi ingenti profusi e le paure suscitate con complicità estese, il tentativo di tacitare il popolo non è riuscito. I cittadini si sono pronunziati respingendo la riforma in contrasto coi loro governanti che, forse, nemmeno si aspettavano la sconfitta. Oggi, ripeto, si tenta di soffocare la portata di uno spontaneo pronunciamento collettivo di grandi dimensioni, si vuole mistificarne il senso e confonderne gli attori.
È soltanto l’incapacità dell’informazione di regime di leggere la realtà del paese, d’intendere i suoi movimenti profondi? Un’informazione – come dice Marco Travaglio – la quale anche nella lunga notte del referendum “esibiva le sue migliori facce sepolcrali nel talk show, e tanto per cambiare non aveva capito nulla del Paese che dovrebbe interpretare e raccontare, invece non sa più neppure dove stia nella carta geografica”.
Temo di no. C’è dell’altro, mi pare, qualcosa di ancor più grave di cui quell’informazione è intrisa: l’evidente intento di minimizzare e contraffare, in una direzione più conveniente per il potere, la volontà popolare. Operazione quanto mai difficile ora che la volontà popolare si è espressa con una forza e consapevolezza impossibili da ignorare.

Trump annuncia un dazio del 35% sulle imprese che delocalizzano.

Risultati immagini per Trump


Le imprese americane che porteranno all’estero la popria produzione per poi rivenderla negli Stati Uniti saranno sanzionate con una tassa all’import del 35 per cento. 

Lo ha scritto su twitter il presidente eletto Donald Trump, confermando così la sua aggressiva politica volta a incentivare gli investimenti aziendali nel Paese e a scoraggiare la delocalizzazione produttiva.
Il monito del tycoon in una serie di tweet in cui si spiega come la nuova amministrazione vuole invece incentivare le imprese che restano in America con un drastico taglio di tasse e regole.
«Ogni impresa che lascia il nostro Paese per un altro - ha scritto in un tweet - licenzia i propri dipendenti, costruisce una nuova fabbrica all’estero e poi pensa di poter rivendere i prodotti negli Usa senza conseguenze, SBAGLIA! Presto ci sarà una tassa del 35% sulla nostra frontiera sempre più forte per tutte le aziende che vogliono rivendere i loro prodotti dentro il nostro confine».
In settimana Trump ha annunciato con grande soddisfazione di aver raggiunto un accordo con United Technologies Corp. che prevede di mantenere 1.100 posti di lavoro in uno stabilimento che produce impianti di aria condizionata per aerei a Indianapolis. In origine i piani dell’azienda prevedevano di trasferire quei posti in Messico, dove avrebbe pagato i dipendenti 3 dollari l’ora anziché tra i 20 e i 26. La teatralità del gesto non scioglie però i nodi. Carrier procederà comunque a spostare altri 1.300 impieghi oltre confine. E i posti salvati sono lo 0,2% degli impieghi manifatturieri in Indiana, in calo del 20% dal Duemila.
Mentre sull'abbassamento della coporate tax dal 35 al 15% - finora solo promessa in campagna - il coro di consensi è unanime, alcuni economisti ritengono che la politica protezionistica di Trump potrebbe danneggiare l'economia americana. Anche il Wall Street Journal di Rupert Murdoch ha criticato l'eventuale tassa: per il giornale economico il governo non dovrebbe interferire con le decisioni delle imprese che vanno lasciate libere di massimizzare i loro profitti.

http://mobile.ilsole24ore.com/solemobile/main/art/mondo/2016-12-04/trump-annuncia-dazio-35percento-imprese-che-delocalizzano-163225.shtml?uuid=ADKP1E7B&utm_source=dlvr.it&utm_medium=facebook&refresh_ce=1

Considerazioni.

Risultati immagini per scoraggiamento

Leggendo in giro le considerazioni espresse sul risultato del referendum mi rendo conto che nessuno attribuisce il risultato alla volontà espressa dai cittadini, ma alle pressioni effettuate dalle varie e contrarie fazioni politiche.
Il che equivarrebbe a sostenere che noi non siamo in grado di capire e decidere da soli, senza il loro suggerimento o il loro input.
Ancora non hanno capito che i cittadini sono stanchi di subire gli umori di persone che occupano le stanze del governo abusivamente. Abusivamente perchè non adempiono al compito per il quale sono stati scelti: legiferare per migliorare la vita di chi ha dato loro fiducia.
Ancora oggi, dopo il risultato devastante ottenuto, si riuniscono per cercare di restare a galla senza preoccuparsi di chiedersi perchè hanno ricevuto una batosta di proporzioni gigantesche.
Noi, per loro, non esistiamo, infatti volevano esautorarci di un ulteriore diritto sancito dalla Costituzione, quello della sovranità, del diritto di eleggere noi i nostri rappresentanti della più alta camera del Parlamento, diritto che non ci riconosceranno mai.
Stanno dimostrando di essere poco sensibili alle necessità di chi li mantiene, posizionandosi, oltretutto, su un gradino più alto del nostro.
E per rendere meglio questa loro posizione, si trincerano dietro guardie del corpo e auto blindate.
Hanno frequentazioni di alto livello, frequentano, infatti, solo personaggi che da semplici popolani non potrebbero frequentare, distaccandosi, nel contempo, da chi dovrebbero coccolare per ottenere maggiore consenso. Ormai, i nostri rappresentanti li vediamo solo sui giornali ed in TV, Sono solo avatar fastidiosi e costosi.
Mi sembra di essere stata proiettata nel medio evo in cui esistevano i vassalli i valvassini e i valvassori.
E' mortificante constatare che, comunque vadano le cose, non capiranno mai, presi come sono dalla smania del potere, qual'è il nocciolo della questione.
Questa classe politica va cambiata, va riprogrammata.
Mettiamo un punto e andiamo a capo.

Cetta.

martedì 6 dicembre 2016

Istat, un residente su quattro in Italia è a rischio povertà o esclusione sociale: al Sud quasi il 50%.

Risultati immagini per povertà

La metà delle famiglie vive con duemila euro al mese. Cresce il divario tra nuclei più e meno abbienti.


Secondo l'Istat oltre una persona su quattro, il 28,7% delle persone residenti in Italia, nel 2015 è "a rischio di povertà o esclusione sociale". Percentuale quasi raddoppiata al Sud, dove il pericolo riguarda quasi un individuo su due. L'Istituto sottolinea che il dato è "sostanzialmente stabile rispetto al 2014 (era al 28,3%)". Il risultato è sintesi di "un aumento degli individui a rischio di povertà (dal 19,4% a 19,9%) e del calo di quelli che vivono in famiglie a bassa intensità lavorativa (dal 12,1% a 11,7%)".
La quota è sostanzialmente stabile rispetto al 2014 (era al 28,3%) a sintesi di un aumento degli individui a rischio di povertà (dal 19,4% a 19,9%) e del calo di quelli che vivono in famiglie a bassa intensità lavorativa (da 12,1% a 11,7%). Resta invece invariata la stima di chi vive in famiglie gravemente deprivate (11,5%).

Situazione più grave al Sud - "I livelli di rischio povertà sono superiori alla media nazionale in tutte le regioni del Mezzogiorno, con valori più elevati - spiega l'Istat - in Sicilia (55,4%), Puglia (47,8%) e Campania (46,1%)". La quota è in aumento anche al Centro (da 22,1% a 24%) ma riguarda meno di un quarto delle persone, mentre al Nord si registra un calo dal 17,9% al 17,4%.

Metà famiglie vive con duemila euro al mese - In Italia la metà delle famiglie residenti può contare su un reddito netto non superiore a 24.190 euro, ovvero a 2.016 euro al mese. Rispetto all'anno precedente, l'Istat rileva un "valore sostanzialmente stabile". Una novità visto che il reddito familiare in termini reali interrompe "una caduta in atto dal 2009, che ha comportato una riduzione complessiva di circa il 12% del potere d'acquisto delle famiglie".

In difficoltà soprattutto le famiglie numerose - Le persone che vivono in famiglie con cinque o più componenti sono quelle più a rischio di povertà o esclusione sociale: passano a 43,7% del 2015 da 40,2% del 2014, ma la quota sale al 48,3% (da 39,4%) se si tratta di coppie con tre o più figli e raggiunge il 51,2% (da 42,8%) nelle famiglie con tre o più minori.

Target Ue ancora lontani - Il rischio povertà riguarda in pratica 17 milioni e 469mila persone, una cifra che "allontana" ulteriormente gli obiettivi prefissati dalla Strategia Europea 2020: entro tre anni, infatti, l'Italia dovrebbe ridurre gli individui a rischio sotto la soglia dei 12 milioni e 882mila. Attualmente la popolazione esposta è invece "superiore di 4 milioni 587 mila unità rispetto al target previsto".

Cresce il divario tra famiglie ricche e povere - Secondo l'Istat il 20% più ricco delle famiglie italiane percepisce il 39,3% dei redditi totali, mentre il 20% più povero ne percepisce il 6,7%. In altri termini, il reddito delle famiglie più abbienti è ben 5,9 volte quello delle famiglie appartenenti al primo quinto. Se si include l'affitto figurativo, la disuguaglianza diminuisce e le quote passano rispettivamente a 7,7% e 37,3%: le famiglie più ricche percepiscono cioè un reddito pari a 4,9 volte quello delle famiglie del primo quinto.