giovedì 25 ottobre 2018

Putin incontra Conte: «Nessuna remora a comprare titoli di stato italiani». - Antonella Scott

(ANSA/Filippo Attili/Ufficio Stampa Palazzo Chigi)

MOSCA -Le sanzioni, che devono essere «un mezzo e non un fine»; la cooperazione economica rilanciata con un consistente pacchetto di 14 accordi e nuovi progetti, con potenzialità di diversi miliardi di euro; il dialogo politico. E un'intesa tra partner, Italia e Russia, che arriva anche a prendere in considerazione la possibilità che Mosca accorra in aiuto dell'Italia acquistando titoli di Stato attraverso il Fondo sovrano russo. Alla domanda posta a Vladimir Putin in conferenza stampa, alla conclusione degli incontri con il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, il presidente russo ha detto che Mosca «non ha alcuna limitazione o restrizione» in questo senso. 

Ma ha poi confermato che di questo non si è parlato durante la giornata: «L'economia italiana ha basi solide», ha detto ancora Putin. «Non sono venuto qui per chiedere di comprare titoli sovrani», ha aggiunto Conte.

È stato invece il giorno in cui la relazione speciale tra Italia e Russia ha provato a tradursi in fatti, a raccogliere le forze e a progredire. Iniziata sotto la pioggia ai Giardini di Alessandro davanti alle mura del Cremlino, dove ha deposto una corona al Milite ignoto, la visita ufficiale di Conte a Mosca è proseguita sulla Moscova all'Expocenter, dove il presidente del Consiglio ha ascoltato da vicino le preoccupazioni dei rappresentanti di due settori - calzature e macchinari per il legno. «Sono qui per dimostrare la costante disponibilità dell'Italia al dialogo», ha detto. Tema ripreso in conferenza stampa a proposito dei fronti caldi della politica, dalla Libia all'Ucraina.
È il filo conduttore di questa visita: confermare i legami tradizionali, cercarne di nuovi, lavorare dai flussi commerciali ai settori suscettibili di ulteriori margini di crescita. «Cercare sentieri meno battuti, nuove opportunità da esplorare», rimarca Conte durante il confronto tra Putin e un gruppo di imprenditori italiani. Che, per la prima volta, hanno scambiato le proprie opinioni con Putin al Cremlino, uno scambio definito da Palazzo Chigi «approfondito e dettagliato». 
Al termine è stato firmato un pacchetto di 14 accordi: capitanati da Enel e Anas. Il primo – un valore giudicato intorno a un miliardo di euro, è un accordo di cooperazione strategica e di ampliamento della partnership con le Ferrovie russe, e include un'estensione del contratto di fornitura energetica che lega le due società dal 2008. Il secondo, firmato in mattinata, lega Anas del gruppo Fs italiane e il Fondo russo per gli investimenti diretti in due accordi per lo sviluppo congiunto di investimenti pari a oltre 11,6 miliardi riguardanti 1.100 km di infrastrutture stradali in Russia. 
Gli altri accordi (l'elenco completo sul sole24ore.com) esplorano possibilità di collaborazione sul fronte dello smaltimento dei rifiuti, dell'ambiente, della componentistica per auto, delle soluzioni per l'oil%gas. «Un'atmosfera di piena e totale collaborazione e di perfetta intesa ha commentato Luigi Scordamaglia, presente alla riunione come presidente di Federalimentare ma anche ad di Inalca (Gruppo Cremonini) -: con un Presidente Putin che ha risposto a ciascuna delle richieste e interventi fatti dai rappresentanti delle aziende italiane presenti con grande conoscenza e dettaglio. Davanti ai piani di investimenti nel settore dell'allevamento in cui come gruppo Inalca/Cremonini siamo impegnati in Russia, il presidente ha sottolineato l'importanza di tale attività per gli allevatori russi e le enormi opportunità che insieme possiamo avere esportando la carne sul mercato cinese».
All'incontro con Putin, che si è protratto ben oltre l'orario previsto, non era presente Claudio Descalzi, amministratore delegato di Eni, venuto però a Mosca il giorno precedente per incontrare Igor Sechin, il numero uno di Rosneft. Il rapporto tra la major italiana e il colosso russo del petrolio nel mirino delle sanzioni americane è stato al centro dell'attenzione dopo che l'agenzia Interfax, citando una fonte del governo russo, ha ripreso una notizia già apparsa nei mesi scorsi: Eni avrebbe rinunciato in marzo ai progetti di esplorazione avviati nel Mar Nero con Rosneft. E ora starebbe negoziando per chiudere anche i progetti relativi al Mare di Barents, sotto l'Oceano Artico: un'area, quest'ultima, coperta dalle sanzioni del fronte energetico.
L'agenzia Interfax ricorda come nel giugno 2013 - l'anno precedente la crisi ucraina - Eni e Rosneft avessero avviato un accordo per esplorare insieme i fondali del Mar Nero - nella piattaforma occidentale - e, nell'Artico, due aree nel Mare di Barents. Dopo le prime insoddisfacenti trivellazioni di marzo nel Mar Nero, a una profondità di 2.109 metri, Eni ha effettivamente dato corso al proprio diritto di recessione dal progetto, rivelatosi non all'altezza degli studi effettuati. E ora la compagnia italiana conferma l'uscita dalla joint venture, aggiungendo però che i rapporti con Rosneft restano ottimi, come dimostra l'esperienza comune in Egitto: la decisione sul Mar Nero non impedisce di trovare con Rosneft eventuali altre alleanze, in aree non soggette a sanzioni internazionali.
GLI ACCORDI DI MOSCA.
Sono 14 gli accordi firmati da compagnie ed enti italiani al Cremlino, alla presenza di Giuseppe Conte e Vladimir Putin, per un valore potenziale di diversi miliardi di euro:
- Il ministero dell'Ambiente della Tutela del Mare della Repubblica Italiana (delega alla firma all'ambasciatore Pasquale Terracciano) e il ministero delle Risorse naturali e dell'Ecologia della Federazione Russa hanno siglato un memorandum d'intesa nel campo della tutela dell'ambiente e dello sviluppo sostenibile.
- Enel con l'ad Francesco Starace ha firmato il prolungamento dell'accordo, in scadenza nel 2023, per il contratto di fornitura di energia elettrica alle Ferrovie Russe (Rzd).
- Anas (Gruppo FS Italiane) e il Russian Direct Investment Fund (RDIF) hanno firmato due accordi per lo sviluppo congiunto di investimenti pari a oltre 11,6 miliardi di euro riguardanti 1.100 km di infrastrutture stradali in Russia. 
- Barilla (firma il presidente del Gruppo Guido Barilla) e la Regione di Mosca hanno firmato un Memorandum of Understanding per l'acquisizione di un terreno per realizzare un nuovo mulino, uno stabilimento produttivo e un magazzino e un raccordo ferroviario a esso collegato.
- Pietro Fiorentini (firma l'ad della società, Mario Nardi) e Rosneft hanno siglato un accordo di cooperazione industriale per la produzione di impianti “Hipps” (impianti meccanici che evitano sovraccarichi di pressione nelle tubature utilizzate nell'oil & gas).
- L'azienda italiana di biotecnologie Bio.On (firma l'ad e cofondatore Marco Astorri) e il gruppo del Tatarstan Taif hanno siglato un accordo per la realizzazione di un impianto di produzione di plastiche biodegradabili.
- Il 
Gruppo Adler (a Mosca è arrivato l'ad Paolo Scudieri), che progetta, sviluppa e industrializza componenti e sistemi per l'industria del trasporto, 
- il Fondo Strategico Italiano (con l'ad Maurizio Tamagnini) hanno firmato con il Fondo di investimenti diretto russo (Rdif) un accordo per la creazione di un impianto di autocomponentistica in Russia.
- Il Gruppo Ferretti (con l'ad Alberto Galassi) ha firmato con il Fondo di investimenti diretti russo (Rdif) un accordo propedeutico all'istituzione di una joint-venture produttiva.
- La società di gestione di fondi che forniscono prestiti alle piccole imprese, Mikrocapital (firmato il suo fondatore Vincenzo Trani) e la Corporazione Pmi russe hanno firmato un accordo per la creazione di un fondo congiunto per finanziare progetti di Pmi russe.
- L'italiana Fornovo (rappresentanti da Roberto Masarin) e la russa Kamaz hanno firmato un accordo di partnership prodromico alla licenza per produrre compressori da montare su camion speciali, commissionati a Kamaz dal colosso russo del gas, Gazprom.
- Il Gruppo Techint (con l'amministratore delegato Dario Puglisi) e il Governo della regione di Kaluga hanno firmato un Memorandum of Understanding per la creazione di un ospedale. 
- Coparm (rappresentanti da Natale), una delle maggiori aziende europee nella progettazione e costruzione di impianti trattamento rifiuti, ha firmato con Chisty Gorod un accordo per la fornitura di apparecchiatura di riciclaggio e smaltimento di rifiuti.
- Confindustria Russia (rappresentata dal suo presidente Ernesto Ferlenghi) ha firmato un accordo con una delle maggiore associazioni di impresa del Paese, Opora Russia.
- Pirelli, rappresentata dall'ad Marco Tronchetti Provera, firma con Rostec accordo per il raddoppio dello stabilimento di Voronezh per un investimento di 100 milioni di euro in tre anni.
Fonte: ilsole24ore del 24/10/2018

Il potere dei super-ricchi significa tirannia o rivoluzione. - Chris Hedges




All’età di dieci anni, ero stato mandato, come studente borsista, in un collegio per super-ricchi, in Massachusetts. Negli otto anni successivi avevo vissuto in mezzo agli Americani più facoltosi. Avevo ascoltato i loro pregiudizi e avevo visto tutto il loro nauseabondo egocentrismo. Asserivano di essere ricchi e privilegiati perché erano i più intelligenti e i più dotati. Disprezzavano e deridevano tutti quelli al di sotto della loro condizione economica e sociale, anche chi era semplicemente benestante. La maggior parte di questi super-ricchi non riusciva a provare empatia o compassione. Formavano gruppetti elitari che ridicolizzavano, tormentavano e provocavano tutti i non conformisti che non si adeguavano o non trovavano posto nel loro autocompiacente universo.
Era stato impossibile costruire un’amicizia con la maggior parte dei figli dei super-ricchi. Per loro l’amicizia significava “e io che cosa ci guadagno?” Fin dal momento in cui erano venuti al mondo erano stati circondati da persone che provvedevano ai loro bisogni e alle loro necessità. Erano incapaci di tendere una mano ad un estraneo in difficoltà, qualunque insignificante capriccio o problema momentaneo dominava il loro universo e aveva la precedenza sulle sofferenze altrui, anche su quelle dei loro familiari. Sapevano solo prendere. Non riuscivano a dare. Erano persone deformi e profondamente infelici, in preda ad un insaziabile narcisismo.
E’ essenziale comprendere le patologie dei super-ricchi. Hanno conquistato il potere assoluto. Queste patologie influenzano le scelte di Donald Trump, dei suoi figli, dei Brett Kavanaugh e dei miliardari che gestiscono la sua amministrazione. I super-ricchi non riescono a vedere il mondo da nessun’altra prospettiva che non sia la loro. Le persone che li circondano, comprese le donne, prede designate per chi se ne arroga il diritto, sono oggetti destinati alla soddisfazione di piaceri momentanei o ad essere manipolati. I super-ricchi sono quasi sempre amorali. Giusto. Sbagliato. Bugie. Giustizia. Ingiustizia. Questi sono concetti fuori dalla loro portata. Tutto quello che porta vantaggi o piaceri è buono. Quello che non lo fa deve essere distrutto.
La patologia dei super-ricchi è quella che permette a Trump e al suo inesperto genero, Jared Kushner, di cospirare, de facto, con il reggente saudita Mohammed bin Salman, un altro prodotto di una legittimazione e di un nepotismo sfrenato, per giustificare l’omicidio del giornalista Jamal Khashoggi, con cui avevo lavorato in Medio Oriente. I super-ricchi passano la vita protetti dalla loro ricchezza ereditaria, dal potere che essa comporta e da un esercito di amministratori, compresi gli altri membri della confraternita dei super-ricchi, con i loro avvocati e i loro addetti stampa. Non ci sono quasi mai conseguenze per i loro fallimenti, per i loro abusi, per i maltrattamenti altrui e per i loro crimini. Questo è il motivo per cui il principe ereditario saudita e Kushner hanno fatto comunella. Sono gli homunculi che i super-ricchi generano di continuo.
Per questo motivo, il dominio dei super-ricchi è terrificante. Non conoscono limiti. Non hanno mai rispettato le regole della società e mai lo faranno. Noi paghiamo le tasse, loro no. Noi lavoriamo sodo per poter entrare in un’università famosa, loro no. Noi dobbiamo pagare per i nostri fallimenti, loro no. Noi veniamo inquisiti per i nostri reati, loro no.
I super-ricchi vivono in una bolla artificiale, una terra chiamata Ricchistan, un luogo di Frankenmansions e jet privati, completamente distaccato dalla realtà. La ricchezza, l’ho visto, non solo si autoperpetua, ma viene utilizzata per monopolizzare le nuove opportunità di arricchimento. La mobilità sociale per i poveri e la classe operaia è in gran parte un mito. I super-ricchi mettono in pratica la forma suprema di discriminazione positiva, catapultando maschi bianchi e mediocri, come Trump, Kushner e George W. Bush, in scuole elitarie che preparano i rampolli della plutocrazia per le posizioni di potere. I super-ricchi non sono mai costretti a crescere. Spesso rimangono per tutta la vita dei bambini, che strillano per avere quello che vogliono e che quasi sempre ottengono. E questo li rende molto, molto pericolosi.
I teorici politici, da Aristotele, a Karl Marx, fino a Sheldon Wolin, hanno messo in guardia contro il governo dei super-ricchi. Una volta arrivati al potere, scrive Aristotele, le uniche opzioni sono la tirannia e la rivoluzione. Non sanno né coltivare né costruire. Conoscono solo il modo di soddisfare la loro smisurata avidità. Questa è la cosa ridicola dei super-ricchi: nonostante tutti i miliardi che possiedono, non ne hanno mai abbastanza. Sono gli spettri affamati del Buddismo. Accumulando potere, denaro ed oggetti cercano una felicità irraggiungibile. Queste vite, fatte di desideri infiniti, spesso finiscono male, con i super-ricchi estraniati dalle consorti e dai figli, senza veri amici. E quando passano a miglior vita, come aveva scritto Charles Dickens nel “Canto di Natale,” la maggior parte della gente è contenta di essersene liberata.
C. Wright Mills, in The Power Elite” [L’elite al potere], uno dei suoi studi migliori sulle patologie dei super-ricchi, aveva scritto:
Hanno sfuttato le risorse nazionali, si sono fatti la guerra economica l’uno con l’altro, si sono associati, hanno trasformato la cosa pubblica in capitale privato e hanno usato tutti i metodi possibili e immaginabili per raggiungere i loro scopi. Hanno fatto accordi per avere sconti sulle ferrovie, hanno acquistato quotidiani e si sono comprati gli editori, hanno ammazzato la concorrenza e gli imprenditori autonomi e hanno utilizzato avvocati di grido e politici famosi per sostenere i loro diritti e mettere al sicuro i loro privilegi. C’è qualcosa di demoniaco in questi signori della creazione, non è solo retorica chiamarli baroni rapinatori [robber barons].
Il capitalismo corporativo, che ha distrutto la nostra democrazia, ha dato ai super-ricchi un potere incontrollato. E, una volta capite le patologie di queste elites oligarchiche, è facile prevedere il nostro futuro. L’apparato statale controllato dai super-ricchi serve unicamente i loro interessi. Questa gente è sorda alle grida di dolore dei diseredati. Sono ai posti di comando di quelle stesse istituzioni che ci opprimono (i sistemi di sicurezza e di sorveglianza nazionali, la polizia militarizzata, la Homeland Security e l’esercito) e distruggono dall’interno o degradano quelle istituzioni o quei programmi che dovrebbero mitigare le diseguaglianze sociali, economiche e politiche, come la scuola pubblica, la sanità, la previdenza sociale, un sistema fiscale equo, i buoni pasto, il trasporto pubblico, le infrastrutture e i tribunali. I super-ricchi estraggono sempre più denaro da quelli che rendono sempre più poveri. E quando i cittadini obbiettano o resistono, li schiacciano o li uccidono.
I super-ricchi tengono in modo esagerato alla loro immagine. Sono ossessionati dall’autocompiacimento. Sono al centro del loro personale universo. Fanno di tutto e non badano a spese per crearsi personalità fittizie, stracolme di virtù e di caratteristiche inesistenti. Questo è il motivo per cui i super-ricchi si danno ad attività filantropiche molto ben pubblicizzate. La filantropia permette ai super-ricchi  uno sdoppiamento della loro morale. Possono così ignorare lo squallore etico delle loro vite, caratterizzate spesso da quel genere di degenerazione e dissolutezza che, secondo loro, costituirebbe la maledizione della povera gente, per presentarsi, attraverso piccoli atti di carità, come persone altruiste e caritatevoli. Chi sgonfia questa immagine, come aveva fatto Khashoggi con Salman, viene particolarmente disprezzato. Questo è il motivo per cui Trump, come tutti i super-ricchi, considera la stampa critica alla stregua di un nemico. Questo è il motivo per cui lo zelo con cui Trump e Kushner hanno cospirato per giustificare l’omicidio di Khashoggi è inquietante. Gli incitamenti che Trump rivolge ai propri sostenitori (che in lui vedono l’onnipotenza che a loro manca e che vorrebbero raggiungere) affinché compiano atti di violenza contro i suoi denigratori sono solo pochi passi più indietro degli sgherri del principe ereditario che smembrano Khashoggi con una sega da ossa. E, se voi pensate che Trump stia scherzando quando lascia intendere che con la stampa bisognerebbe usare la forza, allora significa non avete capito niente dei super-ricchi. Farà tutto quello per cui sarà sicuro di cavarsela, anche l’omicidio. Come la maggior parte dei super-ricchi non ha una coscienza.
I super-ricchi di più larghe vedute, quelli dell’East Hampton e dell’Upper East Side, un reame che Ivanka e Jared bazzicavano tempo fa, considerano il presidente rozzo e volgare. Ma questa è una distinzione solo di stile, non di sostanza. Donad Trump sarà anche un personaggio imbarazzante per i facoltosi laureati di Harvard e Princeton che lavorano per Goldman Sacs, ma serve diligentemente i super-ricchi, proprio come avevano fatto Barak Obama e il Partito Democratico. Questo è il motivo per cui gli Obama, come i Clinton, sono sempre stati ammessi al pantheon dei super-ricchi. Ecco perché Chelsea Clinton e Ivanka Trump sono intime amiche. Provengono dalla stessa casta.
Non esiste nessuna forza all’interno delle istituzioni di governo che possa arrestare il saccheggio dei super-ricchi ai danni della nazione e dell’ecosistema. I super-ricchi non hanno nulla da temere dai media corporativi che controllano, dai rappresentanti di governo che finanziano o dai giudici che hanno scelto. Le università sono delle patetiche appendici corporative. Esse zittiscono o bandiscono tutti gli spiriti critici che potrebbero turbare i grossi finanziatori mettendo in dubbio l’ideologia dominante del neoliberismo, formulata dai super-ricchi proprio per ripristinare il potere di classe. I super-ricchi hanno distrutto i movimenti popolari, comprese le unioni sindacali, insieme a quei meccanismi democratici per le riforme che un tempo avevano permesso alla classe lavoratrice di opporre la forza contro la forza. Il loro campo di gioco ora è il mondo.
In “The Postmodern Condition” [La condizione postmoderna] il filosofo Jean-François Lyotard aveva fatto un quadro del futuro ordine neoliberale raffigurandolo come uno un cui “il contratto temporaneo” soppianta “le istituzioni permanenti nella sfera professionale, emotiva, sessuale, culturale, familiare e internazionale, come anche in politica.” Questo rapporto temporale con le persone, le cose, le istituzioni e la natura assicura l’autodistruzione collettiva. Non c’è nulla che per i super-ricchi abbia un valore intrinseco. Gli esseri umani, le istituzioni sociali e la natura sono beni da sfruttare per ottenere un guadagno personale, fino all’esaurimento o al collasso. Il bene comune, come il consenso di che deve essere governato, è un concetto morto. Questo rapporto temporale rappresenta la patologia fondamentale dei super-ricchi.
I super-ricchi, come aveva scritto Karl Polanyi, onorano la peggior specie di libertà, la libertà di “sfruttare i propri compagni, o la libertà guadagnare in modo esorbitante senza fornire un adeguato servizio alla società, la libertà di impedire che le novità tecnologiche vengano utilizzate per il bene comune o la libertà di trarre profitto da calamità pubbliche, occultamente manipolate per ricavarne un vantaggio privato.” Allo stesso tempo, aveva fatto notare Polanyi, i super-ricchi fanno guerra alla “libertà di coscienza, alla libertà di parola, alla libertà di riunione, alla libertà di sindacale, alla libertà di scegliersi il proprio lavoro.”
Le oscure patologie dei super-ricchi, glorificate dalla cultura di massa e dai mezzi di informazione, sono diventate le nostre. Abbiamo ingerito il loro veleno. I super-ricchi ci hanno insegnato a onorare le cattive libertà e a denigrare quelle buone. Andatevi a vedere un qualsiasi comizio di Trump. Guardate uno dei tanti reality show. Esaminate lo stato del nostro pianeta. Dobbiamo rifiutare queste patologie e organizzarci, in modo da scalzare i super-ricchi dal potere, o ci trasformeranno in quello che già ci considerano, la loro servitù.
tradotto da Markus per comedonchisciotte.org
Fonte: comedonchisciotte del 23/10/2018

mercoledì 24 ottobre 2018

Denunciati Moscovici-Oettinger: "Hanno manipolato lo spread". - Bartolo Dall'Orto



Depositato a Roma in procura un esposto contro i due commissari Oettinger e Moscovici: "Hanno alterato lo spread italiano".

Due denunce, una dietro l'altra. La prima recapitata a Pierre Moscovici e la seconda a Guenther Oettinger, i due componenti della Commissione Ue che negli ultimi giorni hanno più volte criticato l'Italia (e il suo governo) per le scelte fatte nella legge di bilancio.
A presentarle sono stati due giornalisti, Francesco Palese e Lorenzo Lo Basso, che questa mattina si sono presentati negli uffici della Procura della Repubblica per depositare il loro esposto. L'accusa è chiara: aver manipolato il mercato azionario italiano con le loro dichiarazioni sulla manovra.
I due cronisti parlano di un "pesante turbamento" del mercato dovuto alle parole dei due commissari. Si tratta di "dichiarazioni rese alla stampa (non quindi comunicazioni ufficiali come il loro ruolo istituzionale imporrebbe) a mercati aperti che hanno manifestamente modificato l’andamento degli stessi, incidendo in modo significativo sulla fiducia e l’affidamento che il pubblico pone della stabilità patrimoniale di banche e gruppi bancari, alterando contestualmente il valore dello spread italiano".
Nella denuncia si legge che le dichiarazioni "sono state rese prima che i detti commissari ricevessero l'intera documentazione da parte del governo italiano avvenuta in data 16/10/2018 con il Documento programmatico di bilancio". Come a dire: un processo alle intenzioni. "In tal modo - continua la denuncia - hanno diffuso notizie false e posto in essere operazioni simulate sulle conseguenze per l’Italia da tale manovra di bilancio provocando l’alterazione del prezzo di strumenti finanziari (violazione art. 185 TUF E ART. 501 C.P.). 
Lo Spread, che incide sui risparmiatori italiani, è infatti cominciato a salire. Si consideri che a fine Settembre era sul livello di 240 punti mentre è cominciato a salire vertiginosamente unitamente alle dichiarazioni dei due funzionari".
Ci sono anche esempi "pratici". A Moscovici vengono contestate le frasi citate lo scorso 28 settembre alla tv francese Bfm. Dopo le frasi del commissario, secondo cui "fare rilancio economico quando uno è indebitato si ritorce sempre contro chi lo fa, ed è sempre il popolo che paga alla fine, "lo spread, partito a 236, arrivò a toccare i 282 punti per poi chiudere a 267". Lo stesso, secondo i querelanti, sarebbe avvenuto il 1 ottobre in Lussemburgo. In quella occasione Moscovici disse che "‘Il 2,4% – affermò il commissario – una deviazione molto molto ampi". E "dopo queste affermazioni lo spread chiuse a 282 punti, partendo da 267".
Ottinger invece viene contestato questo passaggio di una intervista del 17 ottobre allo Spiegel quando preannunciò la bocciatura della commissione."La lettera ufficiale della Commissione – scrivono gli autori della denuncia - sarà recapitata al Governo italiano in serata (a mercati chiusi) ma Oettinger avverte la necessità di anticiparne i contenuti nel primo pomeriggio ad un giornale tedesco on-line!”
****(Moscovici critica l'Italia, da ministro violava le regole Ue.Il commissario agli Affari economici europei ha bocciato la manovra italiana. Ma quando era ministro delle Finanze con Hollande, la Francia sforava il 3% del deficit/pil in violazione delle norme Ue.- Bartolo Dall'Orto)****
Fonte: ilgiornale del 24/10/2018

Italia? No, è la Francia il Paese più indebitato dell’area euro. - Vito Lops

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Nella classifica del debito pubblico in rapporto al Pil (che in Italia fa 130%, in Francia e Usa 100%, e nella media dell’Eurozona 90%) l’Italia ne esce, da tempo, come tra le economie più “a leva” del pianeta. Ma se si amplia lo sguardo al debito aggregato, ovvero ai livelli di indebitamento di tutti gli attori economici (Stato, imprese, banche e famiglie) l’Italia si rivela d'emblée un Paese nella media, senza grossi problemi di debito.
Sempre seguendo questa classifica - che però al momento non fa parte delle griglie con cui l’Unione europea giudica l’operato dei suoi membri - si scopre che è la Francia il Paese più esposto finanziariamente; il Paese che ricorrendo al debito sta vivendo l’oggi più di tutti con i mezzi del domani. È vero, il debito pubblico in rapporto al Pil è più contenuto rispetto all’Italia ma se si somma l’esposizione delle società (circa 160% del Pil), delle banche (90% ) e delle famiglie (60%) vien fuori che il sistemaFrancia viaggia con una leva enorme, che supera il 400% del Pil, pari a 9mila miliardi di debiti cumulati. L’Italia, sommando tutti gli attori economici, supera di poco il 350% a fronte del 270% della Germania.
Questi numeri devono far riflettere, in particolare i tecnocrati europei che elaborano le soglie che stabiliscono se un Paese è virtuoso o no. Ignorare - o non pesare come probabilmente meriterebbe - il debito privato è un doppio errore. Sia perché c’è una stretta correlazione storica tra debito pubblico e debito privato (è dimostrato che laddove i Paesi sono chiamati a ridurre il debito pubblico con forme di austerità, sono quasi costretti ad andare a “pescare” la crescita attraverso l’aumento della leva privata). E sia perché, se con l’introduzione del bail-in (che stabilisce che i privati partecipano con i propri risparmi ai salvataggi delle banche) passa il principio che il risparmio privato è un “asset istituzionale”, allora forse sarebbe più logico considerare tale anche il debito privato.

Fonte: mobile.ilsole24ore del 31/8/2017

Parma, arrestato per corruzione e truffa il sindaco di Polesine Zibello Andrea Censi.



Le indagini coordinate dalla Procura della città emiliana hanno coinvolto anche un noto imprenditore avicolo e altri vertici dell'amministrazione che avrebbero falsificato le delibere di Giunta e truccato un concorso pubblico per alti dirigenti.

Andrea Censi, sindaco di Polesine Zibello, nella bassa parmense, è stato arrestato con l’accusa di corruzione, falso, truffa e peculato. La misura cautelare è scattata martedì mattina all’alba ed è stata eseguita dai carabinieri di Parma. L’indagine, coordinata dalla Procura della Repubblica della città emiliana ha permesso di scoprire un “pervicace sistema di gestione della cosa pubblica, assolutamente asservito agli interessi privatistici del sindaco”. Il primo cittadino, eletto nel 2016 in una lista civica appoggiata dal Pd, si trova ora gli arresti domiciliari.
Deve rispondere del reato di corruzione anche un noto imprenditore del settore avicolo che, secondo le ricostruzioni, avrebbe pagato per ottenere agevolazioni ampliare il sito del proprio allevamento. Dalle indagini è emerso il coinvolgimento anche di altri tre amministratori ritenuti responsabili di aver falsificato numerose delibere della giunta, violando i principi di trasparenza e collegialità e di aver truccato un concorso pubblico per l’assunzione di uno degli alti dirigenti del Comune.
Nell’operazione sono stati inoltre sequestrate decine di migliaia di euro, soldi provenienti dalle violazioni contestate e versati agli istituti di credito delle province di Parma e Piacenza. Sequestri e perquisizioni anche negli uffici comunali, dove gli inquirenti cercano ulteriori prove dei reati contestati.
Andrea Censi è il sindaco della provincia con all’attivo il maggior numero di mandati amministrativi. Nel 2004 viene eletto per la prima volta sindaco di Polesine Parmense, poi riconfermato nel 2009. Nel 2014 si candida alla guida del comune di Zibello, vincendo e proponendo nel 2015 il referendum per la fusione dei comuni di Polesine Parmense e Zibello. Il 5 giugno 2016, l’ex Pd, viene eletto primo cittadino del neonato comune, candidandosi a capo di una lista civica.
Fonte: ilfattoquotidiano del 23/10/2018

Le gigantesche Teste di un popolo venuto forse dalle Stelle.



Lungo la costa del Golfo del Messico all’inizio del secondo millennio a.C., vide la luce la civiltà più antica e misteriosa perduta di tutti i tempi: gli Olmechi. Questo popolo, raggiunse il massimo splendore intorno al 1500/1200 a C.

A loro si devono le prime forme di scrittura glifica, il sistema di numerazione fatto di punti e linee, le prime iscrizioni relative al calendario di Lungo Conto, con la misteriosa data d’inizio nel 3113 a.C.
I primi esempi di grande scultura artistica e monumentale; il primo utilizzo della giada; le prime raffigurazioni di armi o utensili; i primi centri cerimoniali; i primi orientamenti celesti… tutto questo fu opera degli Olmechi.
Con tutti questi primati, non sorprende che qualcuno abbia paragonato la civiltà olmeca a quella dei Sumeri che vanta primati simili in Mesopotamia. Tra l’altro, entrambe le civiltà apparirono improvvisamente nella storia. Nei loro testi, i Sumeri parlavano della loro civiltà come di un dono ricevuto dagli dèi, i visitatori della Terra che potevano vagare per i cieli e che perciò venivano spesso rappresentati come esseri alati.
Ma chi era questo popolo? Stranieri in una terra straniera, provenienti dall’altra parte del mare, addirittura da un altro continente? Forse sì. Essi lasciarono dietro di sé monumenti in pietra che ancora oggi lasciano senza parole e che ritraggono proprio loro stessi.
Davvero uniche sotto tutti gli aspetti, sono delle enormi teste in pietra scolpite con incredibile maestria e con strumenti che non conosciamo, raffiguranti i vari capi olmechi. Il primo a vedere una di queste teste, fu J. M. Melgar y Serrano nel 1869, che così le descrisse: “un’opera d’arte… una scultura stupenda che rappresenta stranamente un etiope”.
Nel 1925, gli studiosi occidentali confermarono la scoperta di altre teste enormi, una delle quali era alta 2,5 metri per m. 6,5 di circonferenza e pesava circa 24 tonnellate. Non vi è dubbio che raffiguri un negroide africano con un elmetto in testa.
Ad oggi sono circa 16 le teste ritrovate: vanno da una altezza di un metro e mezzo a tre metri, e pesano fino a 25 tonnellate. Ognuna raffigura un individuo diverso e anche gli elmetti sono tutti diversi. L’esame al radiocarbonio le ha datate al 1200 a.C. circa, ma non si esclude che possano essere più antiche, in quanto l’esame prende in considerazione lo strato organico presente sul sito del ritrovamento.
Tutte le pietre basaltiche usate per le teste, vennero portate dal luogo di origine fino al luogo dove poi sarebbero state scolpite, e talvolta la destinazione definitiva si trovava anche ad un centinaio di chilometri di distanza dal luogo di origine, e per giunta la distanza da percorrere era costituita da giungla ed acquitrini. Come sia stato, quindi, possibile trasportare i giganteschi massi e infine scolpire e levigare queste enormi statue, resta ancora oggi un vero mistero.

Fonte: conoscenzealconfine del 24/10/2018

martedì 23 ottobre 2018

Francia sfora sul deficit, nel 2014 al 4,4% del Pil. “Sotto il 3% solo nel 2017”. - RQuotidiano

Francia sfora sul deficit, nel 2014 al 4,4% del Pil. “Sotto il 3% solo nel 2017”

Il dato è molto più alto rispetto alle previsioni. Immediata la reazione di Bruxelles: "Non conforme alle raccomandazioni, adottare misure credibili per ridurlo". E l'ex ministro Moscovici, appena nominato commissario agli Affari economici, promette severità: "Nessuna deroga, sospensione o eccezione".

Parigi non rispetterà nemmeno quest’anno i paletti del Patto di stabilità. Di per sé non è una sorpresa, perché il fatto che i conti pubblici del Paese non fossero sotto controllo era noto. Ma a stupire è la portata dello sforamento: Michel Sapin, il ministro delle Finanze, ha annunciato mercoledì che il deficit francese si attesterà nel 2014 al 4,4% del Pil, un dato superiore dello 0,2% rispetto a quello dello scorso anno e molto più alto di quanto previsto (intorno al 3,8 per cento). Con il risultato che la Francia, proprio nel giorno in cui l’ex ministro dell’Economia Pierre Moscovici incassa la nomina a commissario europeo agli Affari monetari, deve chiedere per la terza volta di rinviare il rientro nei parametri Ue. Il rientro nel limite del 3% non sarà centrato nel 2015, né nel 2016. Occorrerà aspettare il 2017, anno delle elezioni presidenziali. 

“Quello che voglio rivolgervi oggi è un discorso di verità”, ha detto Sapin, storico compagno di studi di Francois Hollande, in conferenza stampa. Per poi spiegare che, contrariamente a quanto promesso in passato e vista la “situazione eccezionale” nella zona euro, la Francia “non riuscirà a raggiungere per quest’anno i suoi obiettivi”. “E’ chiaro che questo non è conforme alle raccomandazioni fatte dalla Commissione europea alla Francia”, ha subito replicato, chiedendo “misure credibili” per ridurre il deficit,Simon O’Connor, portavoce dell’attuale commissario agli Affari monetari ad interim. Quel Jyrki Katainen scelto da Jean-Claude Juncker come vicepresidente e coordinatore di tutti i portafogli economici della Ue. In pratica un “controllore” che veglierà sul rigore dei conti con il compito di scongiurare inopportune concessioni alla flessibilità. Che appaiono però molto improbabili, se lo stesso Moscovici si è subito premurato di dichiarare a Les Echos che “prima di tutto dobbiamo applicare le regole, tutte le regole e nient’altro che le regole” ed “è escluso che si possa concedere una qualsiasi derogasospensione o eccezione per la Francia”. 

Sapin ha inoltre annunciato una revisione al ribasso delle stime di crescita: il prodotto interno lordo della Francia è ora visto crescere solo dello 0,4% nel 2014 rispetto al +1% della precedente stima. 
Fonte: ilfattoquotidiano del 10/9/2014