giovedì 22 agosto 2019

Nella Via Lattea fino a 10 miliardi di sosia della Terra.


Rappresentazione artistica di pianeti simili alla Terra (fonte: NASA/ESA/G. Bacon, STScI) © Ansa

Rappresentazione artistica di pianeti simili alla Terra (fonte: NASA/ESA/G. Bacon, STScI).

Fino a dieci miliardi: potrebbero essere tanti i sosia della Terra nella Via Lattea. Pubblicata sull'Astronomical Journal, la stima del numero dei pianeti con un clima abbastanza temperato da avere acqua allo stato liquido in superficie si deve all'università della Pennsylvania, che ha utilizzato i dati del telescopio spaziale Kepler della Nasa. In pratica, secondo i calcoli una stella simile al Sole ogni quattro potrebbe accogliere un pianeta con caratteristiche simili a quelle della Terra.
La stima è considerata dagli esperti un passo importante per andare in cerca di possibili forme di vita aliena, per esempio indirizzando la 'caccia' del futuro cacciatore di mondi Wfirst (Wide-Field Infrared Survey Telescope) della Nasa, il cui lancio è in programma entro i prossimi dieci anni. "Avremo un ritorno decisamente maggiore dei nostri investimenti, sapendo dove andare a cercare", ha osservato il coordinatore della ricerca, Eric Ford.
Il nuovo calcolo dei mondi potenzialmente abitabili costituisce una sorta di rivoluzione nello studio della Via Lattea e questo passo, rilevano gli autori della ricerca, sarebbe stato impossibile senza i dati del telescopio Kepler, che ha permesso di scoprire 2.600 pianeti nella Via Lattea e di capire che molti di essi sono simili alla Terra. L'analisi basata sui dati di Kepler, andato in pensione nell'ottobre 2018, "ha delle incertezze, ma fornisce una stima ragionevole di come i pianeti simili alla Terra nella nostra galassia siano compresi fra cinque e dieci miliardi", ha detto ancora Ford.

5 punti di sutura. - di Marco Travaglio

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Un lettore ci scrive: “Un governo M5S-Pd sarebbe la peggiore sciagura”. 
Vero, ma con una piccola aggiunta: “Dopo un governo monocolore Salvini”. Che seguirebbe inesorabilmente a: elezioni anticipate in ottobre; un governo tecnico con tutti dentro (tipo Monti) o nessuno dentro (tipo Cottarelli) fino a primavera; un governicchio M5S-Pd che passi il tempo a vivacchiare e litigare, per sfasciarsi dopo qualche mese, magari quando Renzi avrà pronto il suo sfavillante partito del 3%. Quindi o nasce un governo serio e blindato, o è meglio votare subito, prima che Salvini si riabbia dalle sbornie e dalle sberle estive. Un governo serio non può partire dai veti, ma da una trattativa su poche cose da fare nei primi mesi (poi, se funziona, si procede). Invece Zingaretti (subito smentito da Renzi) parte dai veti: “Discontinuità” rispetto a Conte (troppo popolare?) e agli ex ministri (solo dell’ultimo governo o anche dei capolavori di Monti, Letta, Renzi e Gentiloni?). 
Quanto al programma, presenta 5 punti. Di sutura. “Appartenenza leale all’Ue”: slurp. 
“Democrazia rappresentativa, a partire dalla centralità del Parlamento”: mecojoni. 
“Sviluppo basato sulla sostenibilità ambientale”: gnamm. “Cambio nella gestione dei flussi migratori”: perbacco. “Ricette economiche e sociali in chiave redistributiva”: apperò. 
Vasto programma, direbbe De Gaulle. 
Ma così vago e vacuo che, con qualche distinguo, potrebbe starci pure Salvini. E persino CasaPound. 
B. ci sta sicuro, con Dell’Utri dai domiciliari e Previti dalla clinica.

Ora si attende la lista dei “discontinui” del Pd, noto vivaio di teneri virgulti: Gentiloni? Franceschini? Prodi? Veltroni? Napolitano? Letta? Lotti? Martina? Pinotti? Fedeli? Madia? Lorenzin? Padoan? Troppo continui. 
Però restano altre garanzie di efficacia e soprattutto serietà: Orfini, Morani, Ascani, Gozi (se Macron ce lo presta), mai stati ministri per ovvi motivi. Senza dimenticare Cantone, che si porta su tutto. Tutti carneadi oltre la frontiera di Chiasso. Messi come siamo, col poco tempo che darà Mattarella, di tutto c’è bisogno fuorché di trovatine nuoviste tipo Corrida dei dilettanti allo sbaraglio. Serve gente che sappia subito dove metter le mani, non per rubare ma per fare. Chi ha avuto un buon ministro dell’Interno come Minniti o degli Esteri tipo Gentiloni dovrebbe rinviare la discontinuità a tempi migliori e far fuoco con la legna che ha. Idem per il M5S che, a parte 4-5 uomini di governo (Conte, Di Maio, Bonafede, Fraccaro, Bonisoli), ha la panchina corta. Sennò tanto vale lasciar perdere subito e votare: prima comincia il monocolore Salvini, prima finisce.

su Il Fatto Quotidiano del 22 Agosto

ED ORA NON RESTA CHE ASCOLTARE CHI LO CONOSCE MEGLIO DI TUTTI. - Flavio Tosi

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Eccolo lì, Salvini: a lezione da Giuseppe Conte, che gli ha spiegato il senso delle istituzioni democratiche e di fronte al Paese lo ha inchiodato davanti alle sue responsabilità definendolo sleale, bugiardo, opportunista, assenteista e completamente ignaro dell'abc costituzionale. Insomma un incapace, un fannullone e un traditore, come chi scrive ha sempre sostenuto. Del resto chi tradisce una volta, tradisce sempre: e Salvini nella sua vita politica ha tradito nell'ordine Bossi, Maroni e il sottoscritto, ma soprattutto gli ideali federalisti e liberali della Lega. Ovvio che per esclusivo tornaconto prima o poi arrivasse a tradire anche il suo governo.

Non ho apprezzato il premierato di Conte e l'esecutivo gialloverde, ma con onestà intellettuale riconosco oggi a Conte un'uscita di scena da uomo serio e perbene. Un gigante rispetto al nanetto politico ex comunista padano. Una grande dignità al confronto della miseria umana e politica di Salvini, che prima nudo in spiaggia faceva il gradasso e chiedeva "pieni poteri", poi quando ha capito di aver fatto una cazzata ha cominciato a fare passi indietro e a mendicare la pace, sino ad arrivare a proporre premier Di Maio. Perfino oggi Salvini ha mostrato tutta la sua inadeguatezza come leader: non sapeva nemmeno dove sedersi e dove parlare, faceva le faccette isteriche come i ragazzini durante il rigoroso discorso di Conte. Poi ha utilizzato il Senato per dire le solite puttanate demagogiche, la più grande di tutte che era pronto a mettere 50 miliardi per tagliare le tasse quando sa che non c'è una lira (infatti ha fatto cadere il governo perché pensava di poter fare la manovra salata e anti-popolo solo dopo un voto che lo bullonasse alla sedia per 5 anni). Infine ha elemosinato a Di Maio un nuovo accordo. Un buffone! Un buffone senza dignità!

Eccolo lì, Salvini, tanto tracotante nel suo ennesimo vuoto e isterico comizio, quanto piccolo piccolo nella valenza politica e strategica. Eccolo lì, Salvini: un pallone che si sta sgonfiando nelle contraddizioni della sua miserabilità. Guardatelo: è affannato, paonazzo, straparla, perde il filo, mentre il Conte tradito lo umilia e lo mette con le spalle al muro. Il piccolo Salvini è talmente sfatto, disperato e impaurito da mendicare ancora, fino all'ultimo. Cosa non si farebbe per salvare la poltrona! Ha la faccia di tolla Salvini e in un visibile gioco di specchi afferma il contrario di ciò che pensa. Dice che non ha paura perché ha una fifa blu di perdere il potere. Afferma che rifarebbe tutto perché sa di essersi fregato da solo. Dice che la Lega è compatta perché si rende conto che anche con molti dei suoi ha perso credibilità (Giorgetti in primis). Invoca le piazze perché è consapevole che fra qualche mese non lo seguirà più nessuno. E questo piccolo omino disperato sarebbe un leader?

Purtroppo i suoi alleati di centrodestra non riescono a capire a chi si sono messi in mano. Registro infatti ancora oggi il totale asservimento di un parte di Forza Italia e di Fratelli d'Italia a questo piccolo "guappetto" ridicolo. Sono appiattiti, senza nessun slancio e nessuna visione. Il centrodestra vuole morire con Salvini. Ma la gran parte dei suoi elettori, che sono liberali, popolari e riformisti, no.


Flavio Tosi
(già sindaco leghista della città di Verona per due mandati dal 2007 al 2015) 


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mercoledì 21 agosto 2019

Crisi di governo, Conte va da Mattarella e si dimette. Mossa disperata della Lega: ritira mozione di sfiducia. Il premier replica: “Se Salvini non ha il coraggio, mi assumo io responsabilità”.

Crisi di governo, Conte va da Mattarella e si dimette. Mossa disperata della Lega: ritira mozione di sfiducia. Il premier replica: “Se Salvini non ha il coraggio, mi assumo io responsabilità”

A Palazzo Madama finisce l'alleanza tra M5s e Lega dopo 445 giorni. Il premier parla per tre quarti d'ora, con i il leader del Carroccio seduto alla sua destra: "La decisione della Lega che ha presentato la mozione di sfiducia e ne ha chiesto l’ìmmediata calendarizzazione oltreché le dichiarazioni e comportamenti, chiari e univoci, mi impongono di interrompere qui questa esperienza di governo". Il ministro dell'Interno: "La via maestra sono le elezioni, così gli italiani giudicheranno. Ma se volete tagliare i parlamentari e andiamo a votare? Ci siamo". Renzi: "Nuovo esecutivo per evitare aumento Iva". Zingaretti: "Premier riconosca suoi errori e si apre nuova fase". In serata il premier sale al Quirinale e si dimette: consultazioni da mercoledì alle 16. 

“La crisi in atto compromette l’azione di questo governo, che qui si arresta”. Sono le ore 15 e 44 minuti di martedì 20 agosto 2019 quando Giuseppe Contedecreta la fine del governo gialloverde. Lo farà altre tre volte, con parole diverse e ancora più definitive, durante il suo intervento nell’aula del Senato. La stessa aula che quattordici mesi fa gli ha votato la fiducia per la prima volta. Da quel giorno sono passati 445 giorni esatti: tanto è durata l’avventura del Carroccio e del Movimento 5 stelle al governo del Paese. “La decisione della Lega che ha presentato la mozione di sfiducia e ne ha chiesto l’ìmmediata calendarizzazione oltreché le dichiarazioni e comportamenti, chiari e univoci, mi impongono di interrompere qui questa esperienza di governo”, dice il premier alle ore 15 e 50. Quattro minuti dopo conferma quello che in tanti avevano pronosticato: “Alla fine di questo dibattito mi recherò dal Presidente della Repubblica per dimettermi“. Lo farà effettivamente in serata, con un comunicato del Quirinale che alle 21 e 10 informa: “Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha ricevuto questa sera al Palazzo del Quirinale il Presidente del Consiglio dei Ministri Prof. Avv. Giuseppe Conte, il quale ha rassegnato le dimissioni del Governo da lui presieduto”. È l’annuncio tanto atteso che di fatto chiude il governo gialloverde e apre una nuova fase istituzionale. Visto che nel tardo pomeriggio la Lega prova a ritirare la mano dalla crisi di governo, ritirando la mozione di sfiducia, ecco che le ultime parole pronunciate da Conte nella sua controreplica sono state pesantissime: “Caro Salvini, se ti manca il coraggio sul piano politico di assumersi la responsabilità della crisi non c’è problema, me l’assumo io. Questa è la conclusione, unica, obbligata, trasparente. Vi ringrazio tanto, io vado dal presidente della Repubblica”. “Prendo atto che al leader della Lega Matteo Salvini – ha aggiunto – manca il coraggio di assumersi la responsabilità dei suoi comportamenti”.
Il futuro: nuovo governo o elezioni subito? – Le consultazioni, come previsto, partono subito: già mercoledì 21 maggio alle 16. Ma già dagli interventi in aula di Matteo Salvini, di Matteo Renzi, di Andrea Marcucci, di Pietro Grasso, del comunicato a distanza di Nicola Zingaretti, è evidente che adesso la partita è già diventata un’altra: urne subito o tentativi di varare un nuovo esecutivo? Un nuoco “contratto alla tedesca” tra Pd e 5 stelle per un “governo di legislatura”? O un “governo di scopo” per bloccare l’aumento dell’Iva? A Palazzo Madama ci sono opinioni diverse. “Colleghi di M5s, non so se voteremo lo stesso governo, io non ne farò parte“, è quello che dice Renzi. “Sì a un confronto con i 5 stelle, poi vedremo se ci saranno le condizioni per dare vita a un governo”, ripete il renziano Marcucci. Il segretario del Pd Zingaretti, però, frena a qualsiasi ipotesi di un Conte bis: “Qualsiasi nuova fase politica non può non partire dal riconoscimento dei limiti strutturali di quanto avvenuto in questi mesi”. Mentre Salvini, ovviamente, usa un vocabolario più affilato: “Cari amici dei 5 stelle, buon lavoro col partito di Bibbiano”. Che poi sarebbe il Pd. Ma andiamo con ordine.
Il faccia a faccia sui banchi di governo – L’annuncio della salita al Quirinale di Conte è il penultimo passaggio di un discorso lungo tre quarti d’ora, cominciato subito con un colpo di scena: Matteo Salvini e i ministri della Lega non siedono tra i banchi del Parlamento, ma tra quelli dei ministri, all’inizio completamente occupati da Luigi Di Maio e dai 5 stelle che sono costretti a fare posto agli ex alleati. Una decisione arrivata assolutamente a sorpresa e presa dal leader del Carroccio probabilmente per guadagnagare uno spazio nell’inquadratura di Conte. Come dire: nel giorno in cui tutti gli occhi sono puntati sul premier, l’uomo che vuole prenderne il posto non intende regalargli neanche un secondo di visibilità. Una scelta che probabilmente non ha premiato Salvini, costretto a offrire il volto agli schiaffi verbali del presidente del consiglio. Il leader della Lega tenta di reagire come può: come quando replica a Conte sottovoce (“Su questo sbagli amico mio”). O ancora quando il presidente del consiglio lo accusa di usare i simboli religiosi nel dibattito politico, e lui – dopo averci pensato su un paio di secondi – tira fuori il rosario dalla tasca della giacca, cerca con gli occhi l’obiettivo di una telecamera e poi lo bacia platealmente sotto gli occhi del premier. A un paio di metri c’è Di Maio, quasi sempre impassibile e fermo.
Il discorso di Conte: “Salvini ha compromesso interessi nazionali in cambio dei suoi” – Sono passati dieci minuti dalle 15 quando va in scena la crisi di governo più surreale della storia repubblicana italiana: il presidente del consiglio replica al leader della Lega, che gli ha levato la fiducia. Gli ricorda attacchi, errori e pericoli ai quali espone il Paese. E lo fa mentre lo “sfiduciante” siede alla sua destra, alla destra dello “sfiduciato“, al posto riservato al vicepremier, che non ha ancora mai smesso i panni di ministro dell’Interno. “I comportamenti adottati in questi ultimi giorni dal ministro dell’interno rivelano scarsa responsabilità istituzionale e grave carenza di cultura costituzionale. Mi assumo la responsabilità di quello che dico”. E poi: “Caro ministro dell’Interno, promuovendo questa crisi di governo ti sei assunto una grande responsabilità di fronte al Paese. Ti ho sentito chiedere “pieni poteri” e invocare le piazze a tuo sostegno, questa tua concezione mi preoccupa“. E ancora: “Non abbiamo bisogno di persone e uomini con pieni poteri, ma che abbiano cultura istituzionale e senso di responsabilità. Le crisi di governo, nel nostro ordinamento, non si affrontano e regolano nelle piazze ma nel Parlamento”.
La mano sulla spalla, gli attacchi dei leghisti – A ogni attacco, a ogni passaggio del premier che tirava in ballo Salvini, i banchi della Lega si attivavano per protestare, applaudire in modo ironico, urlare “buuuh!”. Salvini, occhi bassi sui fogli sul tavolo, faceva cenno ai suoi di fermarsi, di fare parlare il premier: poi però non li ha più bloccati, è rimasto fermo, quasi nervoso, ad ascoltare le parole dell’uomo al suo fianco mentre i suoi senatori protestavano. “Se avessi accettato di venire qui al Senato per riferire sulla vicenda russa che oggettivamente merita di essere chiarita anche per i riflessi sul piano internazionale”, ha detto a un certo punto il presidente del consiglio, mentre il suo vice ha sollevato gli occhi al cielo, tirando idealmente una linea nel vuoto con le dita della mano. Come dire: sul cenno al Russiagate non ci sarebbero state più possibilità di riavvicinamento. L’apice dello scontro, diventato via via sempre più psicologico, quasi fisico, è arrivato forse quando a un certo punto il premier ha poggiato la mano destra sulla spalla sinistra del suo ormai ex vicepremier. Una gesto durato una frazione di secondo, prima dell’ultima frecciata diretta di Conte a Salvini: “Caro Matteo, permettimi un’ultima osservazione, ammetto che non te l’ho mai riferita. Chi ha responsabilità di governo dovrebbe evitare di accostare durante i comizi gli slogan politici ai simboli religiosi. Sono episodi di incoscienza religiosa che rischiano di offendere il sentimento dei credenti e oscurare il principio di laicità, tratto fondamentale dello stato moderno”.
La controreplica di Salvini – La controreplica dell’ormai ex titolare del Viminale è arrivata quando da poco erano passate le 16. Mentre tutti i 5 stelle salutavano calorosamente Conte, con Giancarlo Giorgetti unico leghista a stringere la mano al premier, Salvini è stato costretto dall’indicazione della presidente del Senato, Elisabetta Casellati, a smettere i panni del ministro e indossare per la prima volta quelli del leader dell’opposizione. Ha lasciato i banchi del governo e si è andato a sedere tra i suoi parlamentari per dire che avrebbe rifatto “tutto quello che ho fatto”. Al premier dedica i primi cinque dei venti minuti totali del suo intervento: “È una novità di oggi, mi dispiace che il presidente del Consiglio mi abbia dovuto mal sopportare per un anno. Bastava Saviano per raccogliere tutti questi insulti, un Travaglio, un Renzi, non il presidente del Consiglio”. Quindi ha recitato la specialità della casa. Ha recitato gli aggettivi pronunciati da Conte che si era appuntato (“Pericoloso, autoritario, preoccupante, inefficace, incosciente”), ha rispolverato l’accusa al Parlamento di non voler lavorare ad agosto (“La critica più surreale è che non si fanno le crisi d’agosto. I parlamentari lavorano d’agosto come tutti gli altri italiani”), ha replicato alle accuse sull’uso del Rosario (“Gli italiani non votano in base a un rosario, ma con la testa e con il cuore. La protezione del cuore immacolato di Maria per l’Italia la chiedo finchè campo, non me ne vergogno, anzi sono ultimo e umile testimone”). E se il premier aveva citato Federico II di Svevia, il leader della Lega ha optato per Cicerone: “La libertà consiste nel non avere nessun padrone e io non voglio l’Italia schiava di nessuno”. Più volte Salvini ha chiesto di tornare al più presto al voto. Poi alla fine ha ripetuto la sua offerta ai 5 stelle: “La via maestra sono le elezioni, così gli italiani giudicheranno. Ma se volete tagliare i parlamentari e andiamo a votare? Ci siamo”.

Svolta Open Arms, la Procura sequestra la nave e ordina lo sbarco.



Svolta nella vicenda Open Arms. La Procura di Agrigento ha disposto il sequestro dell’imbarcazione ferma al largo di Lampedusa da 19 giorni e lo sbarco immediato delle persone a bordo. I migranti hanno raggiunto la costa di Lampedusa nella tarda serata di martedì.
Il sequestro della nave Open Arms disposto dalla Procura di Agrigento è un sequestro preventivo. Secondo quanto si apprende, oltre all'inchiesta per sequestro di persona avviata nei giorni scorsi sulla base di esposti della ong spagnola, i magistrati hanno aperto un fascicolo a carico di ignoti per omissione e rifiuto di atti d'ufficio. 
Il reato, previsto dall'articolo 328 del Codice penale, punisce «il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, che indebitamente rifiuta un atto del suo ufficio che, per ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica, o di ordine pubblico o di igiene e sanità, deve essere compiuto senza ritardo, è punito con la reclusione da sei mesi a due anni». E così il sequestro è stato disposto «per evitare che il reato sia portato a ulteriori conseguenze».
I magistrati ora stanno ricostruendo la catena di comando per risalire a chi ha impedito lo sbarco dei profughi. Ma il ministro dell'Interno, Matteo Salvini, non ci sta. E, allontanandosi dall'aula del Senato, in un video su Fb attacca: «Il sequestro impone lo sbarco degli immigrati: ricordo che non c’era allarme sanitario, finti malati e finti minorenni. Qualcuno si sta portando avanti già nel nome del governo dell'inciucio che vuole riaprire i porti. Finché campo è mio dovere difendere i confini e la sovranità del Paese». E ancora: «Molto probabilmente mi arriverà una denuncia dalla stessa Procura che mi indagò per sequestro di persona, reato che prevede 15 anni di carcere: stavolta il reato è omissione di atti d'ufficio. Io non mollo»
La svolta è arrivata un'ora dopo che dalla base di Rota, a Cadice, era partita la nave militare, inviata dal governo spagnolo di Sanchez, che in tre giorni di navigazione sarebbe arrivata a Lampedusa per recuperare i naufraghi e portarli a Maiorca.
In capitaneria Patronaggio ha sentito il fondatore e il presidente di Open Arms, Oscar Camps e Riccardo Gatti, che all’uscita si sono precipitati sulla nave per dare la notizia.
«Finalmente l'incubo finisce, le persone rimaste riceveranno assistenza immediata in terra». ha scritto Open Arms su twitter.

https://www.ilsole24ore.com/art/open-arms-molti-naufraghi-si-gettano-mare-spagna-soluzione-prossime-ore-AC67LOf


Forse questa è la strada migliore da seguire in situazioni simili. C.

lunedì 19 agosto 2019

I 5 Stelle difendano il reddito. Con chiunque. - Luisella Costamagna



Scoperte - Una gita al parco, l’incontro con una disoccupata salvata dall'assegno: ecco su cos'è la crisi.
L’altro giorno, al parco con i miei cani, ho incontrato una signora vista mille volte. Di solito i nostri dialoghi si limitavano ai quattrozampe, mai mi aveva raccontato cosa facesse nella vita, né avevamo mai parlato di politica pur sapendo che sono giornalista. Questa volta, invece, mi ha chiesto preoccupata: “Ma che succede con ‘sta crisi? Si torna a votare?”. Interdetta per la domanda inaspettata, ho improvvisato un barlume di riflessione sulla pagliacciata ferragostana: “Mah, bisogna vedere… se Salvini riesce ad andare fino in fondo… magari i 5 Stelle riescono a trovare un accordo col PD… Boh, tocca aspettare…”. Lei ha tagliato i miei (molti) punti di sospensione un po’ politichesi con una lama: “Sai, sono disoccupata. Lavoravo in uno studio medico, poi mia madre si è ammalata e io ho dovuto occuparmi di lei, per cui ho mollato”.
Breve attimo di esitazione e imbarazzo. “Ora che lei non c’è più vivo grazie al reddito di cittadinanza: 500 euro al mese. Un sollievo, senza non saprei come fare”. Accenna un sorriso, e io con lei. “Sto cercando lavoro, spero di trovarlo. Se senti qualcosa fammelo sapere”. “Certo!”, dico io ripromettendomi di darle una mano, ma con la consapevolezza che a 50 anni non nutrire grandi speranze, di questi tempi, non è pessimismo… E sono tornata ai miei punti di sospensione. A casa ho ripensato a quella confessione, a quanto le sarà costata e alla sua sacrosanta preoccupazione. E ho capito: questa crisi-buffonata, partorita da un vicepremier che fa il dj a torso nudo al Papeete Beach, che approfitta di Ferragosto per tentare di prendere tutto, che manda in visibilio gli opinionisti in servizio effettivo permanente, i quali non vedevano l’ora di mollare moglie e figli sotto l’ombrellone per tornare all’esegesi delle mosse di palazzo… be’, questo show di mezza estate di nani e ballerine è fatto sulla pelle delle persone.
Ve ne siete accorti? Ci pensate? Persone come quei 922.487 italiani (ogni numero è uno come noi, in carne e ossa) che al 31 luglio hanno già ricevuto un importo medio mensile di 526 euro e a cui si potrebbero aggiungere altri 170mila che hanno fatto domanda ma devono aspettare ulteriori verifiche. Oltre 1 milione di persone – poco meno degli abitanti di Milano, appena più di Napoli – che ora sono nel panico all’ipotesi di perdere di nuovo tutto con un nuovo governo a traino Salvini. Non ha mai fatto mistero della sua contrarietà al reddito e l’ha digerito solo perché, con il suo 17% alle Politiche, si era sposato con un Di Maio al 33, ma in queste ore è riemersa la volontà della Lega di abolirlo: possiamo star certi che, se mai diventerà premier, sarà uno dei suoi primi atti.
I Cinquestelle hanno più che mai il dovere di fare da argine e difendere il loro provvedimento: hanno fatto tanti errori, hanno permesso a Salvini di diventare quello che è, ma il reddito (e non solo) resta una misura di civiltà e di aiuto concreto che gli fa onore. Valutino tutte le opzioni, stringano accordi con chi credono, ma restino “templari” del reddito di cittadinanza. E con loro lo siano anche tutte le forze politiche e i leader di buona volontà e moralità, che in queste ore non ballano sul bagnasciuga della crisi alla faccia degli italiani, aspettando solo l’onda giusta che li porti a Palazzo Chigi.

domenica 18 agosto 2019

I 5 Stelle hanno deciso: si va alla crisi in Senato. - Ilaria Proietti e Marco Palombi



Game over – Niente appigli alla Lega: il M5S presenterà una risoluzione che sosterrà la posizione di Conte su Ong e migranti: piacerà a sinistra e sarà invotabile per Salvini.

Le telefonate accorate dei pontieri leghisti non si sono fermate neanche in questo sabato di metà agosto, nonostante il gran capo Matteo Salvini - in relax bucolico a casa Verdini - abbia interrotto i contatti anche coi suoi: mentre lui riflette, ministri e dirigenti vari del fu Carroccio provano a capire se c’è uno spazio per ricucire con “l’Italia del no” a 5 Stelle.
Dalle parti del Movimento, anche se continuano gli attacchi all’ex alleato (“ha provato a fregarci tutti, ma si è fregato da solo: pare che persino Berlusconi gli abbia risposto picche”), non è ancora arrivata una chiusura formale: questo perché ogni posizione dovrà essere espressa in Parlamento e Salvini dovrà intestarsi una crisi di governo che lui stesso ha scelto di aprire dieci giorni fa. Problema: ormai la Lega barcolla e non è nemmeno più chiaro se voglia sfiduciare Giuseppe Conte o persino votargli contro nell’Aula del Senato dopodomani. “Vedremo se avranno il coraggio di schierarsi contro il premier”, dice il ministro grillino Riccardo Fraccaro.
Insomma, volendo, il duello all’ultimo sangue annunciato a Palazzo Madama potrebbe persino diventare un minuetto senza risultati, che dia agli ex gialloverdi il tempo di restare compatti. Non andrà così e non solo perché il capo dello Stato ha fatto sapere che M5S e Lega non potranno rimettersi insieme facendo finta di niente, ma pure perché i grillini hanno deciso che - comunque vada a finire - si dovrà passare per una vera crisi politica in Parlamento con la spaccatura della ex maggioranza.
È questa la linea che si è andata delineando in questi giorni e che dovrebbe trovare una sua veste tecnica nella riunione della “cabina di regia” grillina convocata in serata a Roma: al tavolo, oltre a Luigi Di Maio, siederanno i ministri Alfonso Bonafede e Riccardo Fraccaro, il presidente della commissione Antimafia Nicola Morra, la vicepresidente del Senato Paola Taverna, i due capigruppo in Parlamento Francesco D’Uva e Stefano Patuanelli, il “casaleggiano” Massimo Bugani e Alessandro Di Battista.
Saranno loro - in stretto contatto col premier, Grillo e lo stesso Casaleggio - a definire la strategia parlamentare. Funzionerà così: martedì Conte farà le sue “comunicazioni” nell’aula del Senato e, a quel punto, i vari gruppi potranno presentare una “risoluzione” sull’intervento. Quelle importanti, ovviamente, sono quelle che presenteranno la Lega (che ancora non sa cosa fare) e il Movimento.
Quest’ultima la firmerà, com’è normale, il capogruppo Patuanelli e dovrà avere due caratteristiche: pur appoggiando il presidente del Consiglio da un lato dovrà consentire alle opposizioni “democratiche” (Pd, LeU e altri) di non votare contro, dall’altro alla Lega di non votare a favore. Insomma, non dovrà rivendicare troppo l’esperienza gialloverde e attaccare la Lega su un terreno sul quale sia impossibile la pacificazione.
Conte, come detto, lavora in stretto contatto col gruppo dirigente grillino e ha sostanzialmente già da solo creato la perfetta occasione di scontro: le letterine e letteracce (“l’ossessione dei porti chiusi”, “non firmo il divieto per una questione di umanità”) scambiate negli ultimi giorni tra il premier e la ministra della Difesa Trenta da un lato e Salvini dall’altro sulla vicenda della nave della Ong spagnola Open Arms e il relativo sbarco dei migranti (finora solo i minorenni) è il boccone amaro, tra i molti possibili, che il cosiddetto “capitano” proprio non può mandare giù. Una risoluzione che elogi la recentissima linea dell’accoglienza di Palazzo Chigi su questo tema sarebbe indigesta per i leghisti.
A quel punto, con una spaccatura della maggioranza evidente anche in Parlamento, la crisi sarebbe aperta: “In piena trasparenza”, come aveva promesso il premier neanche un mese fa. È quel che si augurano al Quirinale, dove aspettano e sperano che la sfiducia più pazza del mondo trovi finalmente una strada istituzionale: l’ipotesi che va per la maggiore sul Colle più alto, diciamo quasi scontata, è che Conte - che ha la fiducia di Sergio Mattarella - salga a palazzo dopo il dibattito in Parlamento per rassegnare le sue dimissioni. Solo allora, con l’avvocato del popolo in carica per gli affari correnti, inizierà la partita del nuovo governo, qualunque esso sia. Solo una è l’avvertenza che il presidente della Repubblica ha già fatto pervenire ai partiti: se c’è un accordo politico (nuovo o vecchio) si procede, ma se l’idea è mettere in piedi un accordicchio per qualche mese, allora sarà lui a costruire un esecutivo che faccia la manovra e guidi il Paese alle elezioni.