sabato 27 giugno 2020

“Il contante serve ai corrotti, agli evasori e al lavoro nero”. - Gianni Barbacetto

“Il contante serve ai corrotti, agli evasori e al lavoro nero”

Milena Gabanelli è la giornalista che da un decennio propone di ridurre il contante nelle transazioni economiche.
Come sei arrivata a questa proposta?
Parliamo di quasi dieci anni fa: l’intento era quello di offrire un suggerimento o quantomeno aprire una discussione. Nelle inchieste sulla corruzione, alla fine c’era sempre un giro di contanti; come in quelle sul lavoro nero, pagato sempre in contanti; sui professionisti, che preferivano i contanti, offrendo uno sconto del 20% senza fattura; e poi su quel gigantesco numero dell’economia sommersa (allora era sul 20% del Pil, secondo l’Fmi, sul 14% per l’Istat) che si nutre di contante e non paga le imposte dovute. Allora mi sono chiesta: se s’incentivassero i pagamenti tracciabili e si scoraggiasse l’uso del contante, non avremmo tutti da guadagnarci?
È anche un modo per ridurre l’evasione fiscale?
Credo sia difficile stabilirlo con precisione: l’economia sommersa è una stima, negli ultimi anni è un po’ calata, ma si aggira sui 190 miliardi l’anno. Però calcolando l’aliquota minima si fa presto a fare un conto.
L’uso della moneta elettronica potrebbe ridurre il lavoro nero e l’economia sommersa?
Di sicuro è più complicato sfuggire quando a monte c’è un pagamento tracciabile.
Ma come la riduzione del contante potrebbe essere un mezzo di contrasto alla corruzione e alle mafie?
I mezzi usati dal mondo dell’illegalità, purtroppo, sono sempre più sofisticati dei mezzi per combatterla, ma certamente la difficoltà a reperire contante qualche ostacolo lo mette. Anche l’ultimo episodio legato agli appalti di Atm Milano dimostra che le tangenti viaggiano sempre dentro a una busta con il cash. Che cosa ci facevano 67 mila euro in contanti in mano al dirigente Paolo Bellini?
È vero che meno contante significa più Pil?
Il Pil calcola anche la quota di sommerso, ma con meno contante in circolazione fai fatica a pagare i lavoratori in nero, per esempio, e sono circa 3 milioni, a cui non versi i contributi. Se li paghi con un assegno o un bonifico, dovrai per forza versarli, e questi soldi vanno nelle casse dell’Inps che poi paga le pensioni. Vale per tutto il settore del commercio e dei professionisti, che non pagano l’Iva e sotto-dichiarano. Sono tanti soldi, che consentirebbero di avere migliori servizi, di abbassare un po’ le tasse e creare nuovi posti di lavoro. Oltre a rendere tutto un po’ più equo, togliendo di mezzo la concorrenza sleale. Poi questo deve essere accompagnato dai mezzi necessari per combattere i grandi evasori, quelli che sfuggono completamente al fisco, o trasferiscono i profitti realizzati in Italia in un Paese a fiscalità agevolata, sfruttando però le infrastrutture italiane pagate con la fiscalità generale a cui tutti hanno contribuito, tranne loro.
Siamo uno dei Paesi occidentali più arretrati per uso di moneta elettronica.
Un po’ perché siamo ancora culturalmente analogici: ma si può recuperare incentivandola, consentendo per esempio di scaricare una percentuale di alcune spese. Occorre trovare un accordo con il sistema bancario per ridurre le commissioni. Per chi non si fida esiste sempre l’assegno. Contestualmente andrebbe scoraggiato pesantemente l’utilizzo del contante portando il tetto a un minimo mensile, o rendendone più costoso l’utilizzo. In fondo chi non può fare a meno del contante? Chi evade, chi fa il nero, gli spacciatori, i corruttori. Per tutti gli altri il problema non sussiste, nemmeno per gli anziani. Ricordo che ai tempi della social card, 12 anni fa, quasi 1 milione di indigenti e sopra i 65 anni fecero richiesta, dimostrando di non avere nessuna difficoltà a usare una carta elettronica con depositati 40 euro. Quando c’è un vantaggio, tutti imparano in fretta. Bisogna saperlo comunicare bene: “Se paghi con mezzi tracciabili, pagherai un ticket sanitario più basso, saranno meno lunghe le liste di attesa, ci saranno più asili nido, etc”. Poi le promesse vanno anche mantenute.
È pensabile, in futuro, l’abolizione della carta moneta, sostituita da una moneta elettronica di Stato?
In futuro saranno possibili tante cose, intanto guardiamo al presente.
Cosa pensi dell’eventualità di un condono in questa materia, suggerito anche dalla commissione Colao?
Se intendi l’emersione del contante depositato nelle cassette di sicurezza, che secondo il procuratore di Milano, ho letto sul vostro giornale, sarebbero 200 miliardi, i mezzi sono diversi, anche quello di proporre l’acquisto di titoli di Stato con un rendimento per esempio dell’1,5% a 3/5 anni, dedicati a realizzare infrastrutture.
Esistono monete elettroniche non tracciabili (tipo bitcoin): la guerra contro il contante non rischia di essere vana?
Chi vuole farla franca il modo lo trova sempre, però non per questo bisogna tenere la porta di casa aperta. Almeno mettiamoci una buona serratura.

venerdì 26 giugno 2020

Recalcazzola didattica con tarapia tapioco. - Marco Travaglio

A criticare sono capaci tutti....
I problemi della scuola – quelli vecchi e quelli nuovi creati dalla pandemia – sono noti. Il governo fa quel che può, per i pochi soldi, il poco tempo e il rischio che le aule diventino nuovi focolai nella stagione autunnale, la più propizia per un’ondata di ritorno del Covid. Occorrono classi più piccole e spazi più vasti per garantire il distanziamento, dunque più insegnanti, bidelli, assistenti, strutture ed edifici idonei, oltre alle precauzioni anti-contagio. Una montagna di soldi che, anche se fossero disponibili, non si riuscirebbe a spenderli in tempo. Qualche demente voleva riaprire le scuole a maggio, poco prima di richiuderle per le ferie, perché “tutta Europa le riapre tranne noi”. Balle: in Francia, Macron ci ha provato su base volontaria e contro il parere degli scienziati, ma il 70% dei genitori han tenuto i figli a casa; idem in Inghilterra, dove il 50% non ci mette piede; la Spagna, come noi, riapre a settembre. Allora i dementi han preso a dire che la maturità sarebbe stata un disastro, anzi non si sarebbe mai fatta: invece tutto procede decentemente.
Ora il Partito Preso dell’Apocalisse preannuncia catastrofi per settembre e ha individuato il bersaglio perfetto: Lucia Azzolina, che è donna ma grillina, ergo può essere lapidata senza problemi. Intendiamoci: di ogni ministro è sacrosanto criticare pensieri, parole, opere e omissioni. Ma qui, come spesso accade a questo governo, non si capisce quali sarebbero i suoi errori. E soprattutto le soluzioni alternative (con relative coperture finanziarie): assumere 150mila docenti per sei mesi-un anno e poi licenziarli quando finirà l’emergenza? Costruire nuove scuole fra luglio e agosto? Stampare moneta come Totò e Peppino nella Banda degli onesti? È ovvio che si cerchi di investire il più possibile, di assumere più personale, di alternare la didattica a distanza con quella di presenza, di rispettare l’“autonomia scolastica” che consente a ogni preside di gestire le proprie risorse e strutture (alcuni istituti ne hanno troppe, altri troppo poche). Cioè di tamponare l’emergenza sperando che passi presto e intanto gettare le basi per un riassetto complessivo della scuola. Bene fanno insegnanti, genitori e studenti a scendere in piazza per chiedere al governo il maggiore sforzo possibile. Ma chi pensa di avere tutto subito sostituendo la ministra con qualcun altro fa ridere: specie se non ha mai detto una parola sui veri responsabili del disastro: non solo la Gelmini, ma pure le Giannini, le Fedeli (nota falsa laureata). Noi leggiamo con devozione Repubblica, organo ufficiale del Partito Preso, che pullula di aspiranti ministri dell’Istruzione.
Chiara Saraceno ha già individuato il bubbone: la “ministra alla sciatteria” che delega troppo “in nome dell’autonomia scolastica”. Cioè di una legge dello Stato, che fra l’altro non ha fatto lei. E “non si rende conto” che bisogna “aumentare i docenti” (infatti li sta aumentando, con un concorso osteggiato dal partito della sanatoria Pd-sindacati). E non “apre la didattica alla comunità locale”, qualunque cosa voglia dire. Sempre in cerca di soluzioni praticabili e comprensibili, ci abbeveriamo alla fonte di Massimo Recalcati, un altro degli “intellettuali” reclutati da Repubblica per spiegarci “quello che la politica dovrebbe fare per la ripartenza”. E qui, va detto, concretezza portami via. Sul giornale che per un mese ha preso per il culo Conte sugli Stati generali dell’economia, Recalcati ha un’ideona: “Subito gli Stati generali per l’Anno zero dell’istruzione”. Già, perché occorrono “sguardo e pensiero lungo”, soprattutto limpido, mica come “le decisioni ministeriali incerte e farraginose che disorientano”. In parole povere: “una rivoluzione culturale” per “inaugurare una nuova stagione culturale” in “quello spazio culturalmente decisivo dove la vita dei nostri figli prende forma”. Quindi, in concreto? “Senza una buona Scuola un Paese è morto”. Eh già. E attenzione: “Una Scuola chiusa è evidente che non è una Scuola”. Ma va? Se è chiusa come si fa con la “trasmissione di cultura della cittadinanza, di pensiero critico (tipo il suo alle Leopolde, ndr), di desiderio di sapere?”. Ah saperlo. “Il sapere che dà forma alla vita è un sapere mai scisso dalla relazione”. Perbacco. Senza dimenticare “l’universo plurale delle lingue” (tipo la sua alle Leopolde).
La “didattica a distanza” non gli garba, anzi “non esiste”. Sì, è vero, fino a due mesi fa si moriva come le mosche, ma “è stato un errore non introdurre dispositivi simbolici anche minimi per sancire la promozione delle scuole secondarie”, tipo un traduttore simultaneo delle recalcazzole. Quindi basta “ragionare sulle distanze necessarie da preservare, sul rischio degli assembramenti, sulle mascherine, sulle pareti di plexiglass”: questo Covid ha rotto i coglioni e “il dibattito non può restare ostaggio del virus e del problema della sicurezza”. Ci vuole ben altro, detto terra-terra: “rimodulazioni profonde”, “interdisciplinarietà”, “ricomposizione inedita”, “diversa circolazione degli allievi” (a targhe alterne) e soprattutto “portare la scuola verso la città, nei quartieri, nei territori” (le famose classi a rotelle) e “favorire la permanenza” indovinate di chi? Non dei peggiori, ma nientemeno che “dei migliori”. Del resto “la Scuola da tempo è in terapia intensiva”, ergo serve “una terapia d’urto”. Con tarapia tapioco come fosse Antani.

Mia figlia Sara.



Ho ascoltato la conferenza del Presidente Conte e del Ministro Azzolina e non vi nascondo che alla fine ho pianto pensando che se cade questo governo torneremo nel marasma più totale, quello di sempre, con una scuola ferma a un secolo fa, con aule fatiscenti e nessuna innovazione.
Questo Governo pur attraversando un periodo di profonda crisi, con tutti ostacoli avanzati dall'opposizione, riesce a pianificare provvedimenti mai neanche sfiorati in precedenza.

L’antefatto di un veto: Renzi e i messaggini del babbo a Emiliano. - Marco Lillo

L’antefatto di un veto: Renzi e i messaggini del babbo a Emiliano

Matteo: no al bis del presidente pugliese.
C’è un antefatto giudiziario al veto di Matteo Renzi: “Se il Pd non ritira la candidatura di Emiliano in Puglia, Italia Viva andrà da sola”.
Emiliano incrocia l’indagine Consip come testimone tre anni fa. Carlo Russo (indagato poi per traffico di influenze e millantato credito) amico di Tiziano Renzi, gran chiacchierone, il 3 agosto 2016 butta lì ad Alfredo Romeo, mentre l’imprenditore è intercettato dal Noe nel suo ufficio: “È venuto a trovarmi in Salento Tiziano (…) da quest’anno poi abbiamo preso una casa (… ) sul mare (…) è venuto Emiliano più volte, insomma (…) ci stiamo divertendo”.
Il Fatto aveva già svelato a dicembre 2016 le indagini del Noe su Luca Lotti e gli accertamenti in corso anche su Tiziano Renzi. Così il 24 febbraio 2017 chiese conto a Emiliano ricevendo una smentita secca. “Ma quale visita a casa… non diciamo caz…te . Mai’”. Così riportammo la reazione del politico pugliese: “Emiliano tira fuori il telefonino e fa il colpo di teatro: ‘Eccoli gli sms con Russo: si interrompono nel 2015. Ed ecco il messaggino di Lotti che mi dice di incontrarlo’”.
La rivelazione era politicamente sensibile per due ragioni: mostrava che Russo non era un millantatore quando diceva di conoscere i renziani e si inseriva nella corsa alla segreteria del Pd. Emiliano, infatti, si era candidato contro Renzi e quando il 29 marzo 2017 fu sentito dai pm di Roma non si tirò indietro: “Il primo riferimento – spiegò ai pm – è datato 11 ottobre 2014, ore 13.43 in uscita, allorquando inviai a Luca Lotti il seguente messaggio: ‘Tu conosci un certo Carlo Russo che sta venendo a Bari a sostenermi dicendo che è amico tuo e di Elena Boschi e che ha detto a Scalfarotto di far parte del mio staff?’. Luca Lotti rispose via sms sinteticamente, subito dopo: ‘lo conosciamo’. Poiché non riuscivo a comprendere il senso della risposta, inviai altro messaggio del seguente tenore: ‘nel senso che lo devo incontrare o lo devo evitare?’; la risposta di Lotti fu ‘ha un buon giro tramite il mondo della farmaceutica, se lo vedi dieci minuti non perdi tempo’”. Bum. La “raccomandazione” a Emiliano di Russo allora era una notizia. “Devo precisare – prosegue nel verbale del marzo 2017 Emiliano – che l’origine della mia richiesta di informazione a Lotti era una notizia che un collaboratore dell’on. Scalfarotto aveva riferito a qualcuno dei miei collaboratori (non ricordo a chi in particolare), ovvero che il Russo si accreditava come componente del mio staff elettorale (in quel periodo ero candidato alle primarie del centrosinistra per la Regione Puglia), cosa che non rispondeva affatto a verità”. Quel giorno Emiliano mostra ai pm anche gli sms ricevuti dal padre dell’ex premier.
“Qualche mese prima, se ben ricordo nell’estate del 2014, avevo conosciuto Russo (…) Non ricordo esattamente in che modo Russo si era presentato a me, ma mi aveva certamente detto di essere amico di Matteo Renzi”, mentre poi le indagini accerteranno che l’ amicizia era con Tiziano, non con Matteo. Emiliano mostrò poi un sms del 10 agosto 2015 ricevuto dalla sua segretaria: “Ricevo una chiamata da Carlo Russo (… si ricorda di Tiziano Renzi…) che ha avuto mandato ufficiale da Matteo di farsi una chiacchierata informale con lei per trovare una quadra. Lui è in Salento sino al 4 settembre. Gli ho detto che gli avrei fatto sapere”. Emiliano spiegò così il seguito della storia: “Non lo contattai in alcun modo, un po’ perché avevo già intuito che tipo fosse e anche perché i miei eventuali rapporti con Renzi ovviamente li avrei gestiti in prima persona. Quanto al riferimento nel messaggio a Tiziano Renzi, preciso che non lo ho mai incontrato e che sì ci furono vari tentativi da parte di Tiziano Renzi di incontrarmi, senza successo”. Poi Emiliano mostrò ai pm due messaggi ricevuti da Tiziano Renzi. Il primo del 16 febbraio 2015: “Sono Tiziano Renzi, posso disturbare?”. Emiliano spiegò ai pm il seguito: “Non ricordo di averci parlato al telefono subito dopo, ma non lo escludo”; il secondo ricevuto il 3 luglio 2015: “Buongiorno Presidente, sono Tiziano, tra un’ora sono al Palace per un incontro”. Emiliano non rispose ma per un caso: “Ricordo di averlo letto in ritardo”.
I pm romani Mario Palazzi, Paolo Ielo e Giuseppe Pignatone usano una parte delle dichiarazioni per chiedere l’archiviazione di Tiziano Renzi: “Si tratta dell’ennesima vanteria, non corrispondente a verità, tipica dell’agire di un impostore: non solo il governatore Emiliano ha riferito di aver incontrato Carlo Russo in Bari solo occasionalmente nel 2014 e 2015 , nonché di non avere mai incontrato di persona Tiziano Renzi, ma (…) Renzi dal primo maggio 2016 al 3 agosto 2016 non si è mai recato in tale Regione”.
Mentre il Gip Gaspare Sturzo nel rigettare la richiesta di archiviazione di Tiziano Renzi cita altri punti della deposizione. “Emiliano ha riferito di aver parlato con Lotti del Russo durante la sua campagna elettorale del 2014, e di aver avuto dal Lotti notizia di una vicinanza del Russo al loro gruppo politico e della convenienza di riceverlo”, il tutto “in epoca non sospetta (ottobre 2014) e antecedente alla vicenda Consip”. Il Gip Sturzo scrive: “In sostanza, Russo Carlo, certamente è un faccendiere di un certo spessore che: (….) aveva tentato un approccio relazionale con Emiliano durante le elezioni regionali pugliesi del 2014; aveva una comprovata conoscenza con il Lotti Luca, secondo Emiliano”; E poi ancora “Lotti (…) secondo l’assunto di Emiliano effettivamente conosceva Russo e almeno nel 2015 dava una sorta di affidavit sullo stesso al politico pugliese”.
Il Gip Sturzo ha chiesto ai pm di verificare meglio il ruolo di Tiziano Renzi chiedendo nuove indagini prima di archiviare l’ipotesi di traffico di influenze in concorso con Russo e Romeo. Oggettivamente quella deposizione del marzo 2017 non ha aiutato Tiziano Renzi. E questo potrebbe essere un pessimo biglietto da visita per uno che vuole essere sostenuto da Matteo Renzi alle Regionali.

Tornano i ladri del vitalizio. - Tommaso Merlo



Il Senato fa marcia indietro sui vitalizi. 
Uno sputo in faccia ai cittadini. 
Uno sputo in faccia al 4 marzo. 
Davvero impressionante. 
A sorprendere non è l’avidità e il cinismo delle vecchie caste politiche. Le conoscevamo già. Hanno saccheggiato lo Stato per decenni fregandosene di tutto e di tutti. 
Quello che sorprende è lo sfacciato tempismo. 
Hanno addirittura osato farlo mentre milioni di cittadini sono sul lastrico e il paese sta cercando di capire come scongiurare l’ecatombe economica dopo la pandemia. Pazzesco. 
Tra tutti gli sciacallaggi degli ultimi mesi, questo è davvero il più rivoltante. Uno sputo in faccia al buonsenso e alla collettività che resterà nella storia. 
Ma quella dei vitalizi non è solo una storiaccia di soldi. È una storiaccia politica. 
Facendo retromarcia sui vitalizi, il Senato manda un messaggio fortissimo al paese. Quello che in Italia alla fine i potenti vincono sempre, quello che è inutile farsi illusioni di chissà quali cambiamenti perché il marciume italiano è impossibile da debellare. 
Facendo retromarcia sui vitalizi, il Senato invita i cittadini a rassegnarsi e ad abbassare la testa. 
E se per caso qualcuno ambisse a soldi e potere, allora si deve adeguare all’andazzo, si deve mettere in coda e prima o poi toccherà anche a lui. 
Uno spunto in faccia ai cittadini, al cambiamento ma anche alla democrazia e per questo la parte ancora sana della politica e delle istituzioni deve reagire con veemenza. Il 4 marzo i cittadini hanno votato anche affinché la politica adottasse standard di sobrietà degni delle democrazie più moderne. 
Tradire il loro voto con questa tempistica vergognosa significa minare la democrazia. 
Col Senato della Repubblica che se ne frega delle istanze popolari e umilia platealmente il responso delle urne. Davvero impressionante. Il ritorno dei ladri del vitalizio dimostra come il cambiamento sia una strada lunghissima e piena d’insidie soprattutto in un paese martoriato da decenni di malapolitica come il nostro. Dal 4 marzo in poi è successo di tutto ma il vecchio regime è ancora lì e trama dietro le quinte per tornare. Rivogliono il potere, rivogliono i privilegi e che tutto torni come prima. 
Vecchi partiti infarciti di tromboni riciclati. 
Lobby fameliche e stampa al guinzaglio. Tutti intenti a logorare i fautori del cambiamento e a guadagnare tempo in attesa del grande ritorno. 
Una restaurazione che potrebbe avere successo anche grazie al solito autolesionismo italiano. 
Coi cittadini che si sono arresi o si son messi a litigare tra loro e lagnarsi di chissà quale male al pancino. Facendo gli schizzinosi in una porcilaia. Così invece di uscirne insieme ci sprofondano dentro sempre di più. Il vitalizio è una bandiera che il vecchio regime ripianta sul tetto del Senato della Repubblica. 
Un messaggio fortissimo al paese. Vogliono dare il colpo di grazia ai rivoltosi. Vogliono che la porcilaia torni normalità. Una mossa davvero azzardata anche per lo spietato tempismo. 
Al punto che potrebbe ritorcersi contro di loro. Invece che stroncare la voglia di cambiamento, i ladri del vitalizio potrebbero riaccendere la rabbia popolare e ricompattare le fila dei cittadini che non si vogliono arrendere a costruire un paese migliore.

https://repubblicaeuropea.com/2020/06/26/tornano-i-ladri-del-vitalizio/

Il Senato annulla la delibera sul taglio dei vitalizi. Ira M5s, ma anche di Pd e Lega.

L'Aula del Senato (foto archivio) © ANSA

Il legale degli ex senatori: 'Ripristinato lo stato di diritto'.

"La Commissione Contenziosa del Senato ha appena annullato la delibera dell'Ufficio di presidenza che aveva deciso il taglio dei vitalizi agli ex parlamentari". Lo riferisce all'ANSA Maurizio Paniz, ex deputato e avvocato che ha difeso nel ricorso la maggior parte degli ex senatori che hanno presentato ricorso. "E' stato ripristinato lo Stato di diritto", ha commentato Paniz.  La Lega, secondo quanto si apprende, ha votato contro questa decisione.
Di Maio, senza parole ma non li ripristineremo  - "La commissione contenziosa del Senato ha annullato la delibera sull'abolizione dei vitalizi. Ma davvero c'è ancora qualcuno che pensa ai vitalizi nonostante un'emergenza di questa portata? Senza parole. Chi pensa di gioire allora non ha capito nulla. Se ci sono interessi da tutelare sono solo quelli dei cittadini italiani che hanno sofferto per mesi gli effetti di questa pandemia. Abbiamo già abolito i vitalizi e non abbiamo alcuna intenzione di ripristinarli". Lo scrive in un post su Fb il ministro degli Esteri Luigi Di Maio.
Crimi: 'Casta tiene malloppo, schiaffo al Paese' - "La Commissione Contenziosa del Senato ha appena annullato la delibera sul taglio dei vitalizi agli ex parlamentari. Ci provavano da mesi: lo hanno fatto di notte, di nascosto. E' uno schiaffo a un Paese che soffre. La casta si tiene il malloppo, noi non molleremo mai per ripristinare lo stato di diritto e il principio di uguaglianza. Chi dobbiamo ringraziare per questa operazione, la presidenza del Senato?". Lo scrive in una nota il capo politico del Movimento 5 Stelle Vito Crimi.
"Sconcerto" del Nazareno: "il Pd è totalmente contrario alla decisione assunta dalla commissione contenziosa del Senato sui vitalizi. Lo sottolineano fonti del Pd.
"Come Lega cercheremo di cambiare" la decisione della Commissione Contenziosa del Senato sul taglio dei vitalizi. Lo ha detto intervenendo a Dritto e Rovescio su Rete 4, il leader della Lega, Matteo Salvini.
"La delibera - spiega all'ANSA Paniz - è stata annullata perché ritenuta ingiustificata a fronte della giurisprudenza consolidata della Corte Costituzionale e del diritto dell'Unione europea, in base alla quale di fronte a una situazione consolidata gli interventi di riduzione degli importi devono rispondere a cinque requisiti, nessuno dei quali era stato rispettato dalla delibera. In primo luogo non deve essere retroattivo, mentre questo taglio lo era; in secondo luogo non deve avere effetti perenni, come invece li aveva la delibera; in terzo luogo non deve riguardare una sola categoria ma deve essere 'erga omnes", mentre qui si colpivano solo gli ex parlamentari; in quarto luogo deve essere ragionevole, mentre questo taglio raggiungeva l'8% degli importi; infine deve indicare dove vanno a finire i risparmi che non possono finire nel grande calderone del risparmio, e anche su questo punto la delibera era carente". Paniz non nasconde la propria soddisfazione: "una soddisfazione professionale - sottolinea - ma anche sul piano dei rapporti personali che ho intrattenuto con centinaia di ex senatori che ho assistito. E' un risultato che mi ripaga dell'impegno e degli insulti e minacce ricevuti. Io non ho difeso un privilegio ma un diritto, e in uno Stato di diritto questa è una vittoria di tutti".
https://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2020/06/25/il-senato-annulla-la-delibera-sul-taglio-dei-vitalizi_76311bc8-7258-4250-8da6-66551020f517.html
Semplicemente vergognoso, i nostri amministratori accampano solo diritti, tralasciando i doveri, e lo fanno di notte, come ladri. E in un momento di profonda crisi economica e sanitaria, loro che disertano il Parlamento quando si tratta di salvaguardare i nostri diritti. Manteniamo a caro prezzo una pletora di dis-onorevoli personaggi dediti ad incentivare ignobilmente se stessi, ignorando, da irresponsabili quali sono, di ottemperare al compito che gli è stato affidato e poi assegnato: amministrare con coscienza ed abnegazione, i nostri interessi, non i loro. Suscitano solo disgusto! c.