martedì 7 settembre 2021

Draghi ordina, Salvini si piega: adesso più Green pass per tutti. - Giacomo Salvini

 

Il cul de sac è evidente anche ai suoi fedelissimi: “Come si muove, Matteo prende sberle”. Così è stato giovedì scorso quando il presidente del Consiglio, Mario Draghi, per reagire al voto contrario della Lega in commissione sul Green pass, ha rilanciato sull’estensione del certificato verde e sull’obbligo vaccinale, e così sarà nei prossimi giorni quando Matteo Salvini dovrà ingoiare anche l’estensione del pass per i lavoratori. A spiegarglielo sarà Draghi in persona nelle prossime ore a Palazzo Chigi: “Sul Green pass non sono ammessi scherzi” è la linea del premier. E Salvini dovrà accettarlo. Il leader della Lega dunque è isolato e, dicono, sempre più nervoso. Perché sulle misure anti-pandemia alla fine si piegherà alla volontà del premier e alle altre forze di maggioranza che stanno appoggiando in toto la linea di Draghi: tra oggi e domani arriverà il voto alla Camera sul decreto che ha introdotto il Green pass e la Lega sarà costretta a dire “sì” – fiducia o non fiducia – rimangiandosi il voto in commissione per abolirlo; poi in cabina di regia i leghisti appoggeranno anche l’estensione del certificato verde per i dipendenti pubblici. Ipotesi che fino a qualche giorno fa Salvini vedeva come fumo negli occhi. E invece, su pressione dei governatori del nord e dei governisti guidati da Giancarlo Giorgetti, il segretario dovrà cambiare idea. Lo ha spiegato ieri proprio il ministro dello Sviluppo Economico che prevede “un’estensione del Green pass” per i lavoratori perché il certificato deve essere “uno strumento di sicurezza nei luoghi affollati”. D’accordo Massimiliano Fedriga, presidente del Friuli-Venezia Giulia: “Il certificato serve per migliorare la nostra vita”.

Ma Salvini ha grossi problemi anche fuori dal governo. L’altro incubo è quello delle prossime amministrative che potrebbero segnare non solo una pesante sconfitta nelle grandi città ma anche il sorpasso di Fratelli d’Italia nel voto di lista. E i sondaggi che girano a via Bellerio non sono rassicuranti: secondo le ultime rilevazioni FdI triplicherebbe la Lega a Roma (20 a 7%), la doppierebbe in Calabria (16 a 8%) e i due partiti sarebbero appaiati intorno al 10-11% a Milano e Napoli. Il sorpasso nel capoluogo lombardo, spinto dalla candidatura di Vittorio Feltri con Giorgia Meloni, sarebbe una batosta pesante per Salvini, perché Milano è la sua città natale e considerata un luogo simbolo del Carroccio. Per questo ieri pomeriggio Salvini ha convocato la segreteria federale e ha dato la sveglia ai suoi: “Bisogna fare una campagna pancia a terra a Roma, Milano e Napoli – ha detto – io farò 80 comizi in un mese”. Ma l’isolamento e le sberle ricevute negli ultimi giorni stanno portando Salvini ad aprire sempre nuovi fronti nel governo: l’abolizione del Reddito di cittadinanza, gli attacchi alla ministra Lamorgese sugli sbarchi, la battaglia su Quota 100 e l’appoggio a Roberto Cingolani sul ritorno al nucleare. Un modo per mettere pressione su Draghi. “Ma così Salvini spara a salve – attacca un ministro – perché non può permettersi di lasciare l’esecutivo con tutti i soldi del Pnrr”.

Il primo test arriverà oggi sul voto alla Camera. Ieri la Lega ha chiesto in una riunione di maggioranza di non mettere la fiducia ma allo stesso tempo ha deciso di non ritirare i 5 emendamenti che chiedono di eliminare l’obbligo del pass per gli under 12, di introdurre i test salivari e il risarcimento danni da vaccino. Che, se aggiunti ai 10 di FdI, potrebbero mettere in crisi la maggioranza nei voti segreti. Draghi deciderà se mettere o meno la fiducia ma se non lo farà la norma passerà con il voto della Lega. Poi arriverà il decreto per estendere il pass: la cabina di regia non è stata ancora convocata e potrebbe slittare alla prossima settimana. Ma, nel giorno in cui Roberto Speranza annuncia la terza dose da fine settembre e l’estensione “a breve” del pass, il governo vuole introdurre l’obbligo del certificato per i lavoratori da ottobre, dando 15 giorni di tempo ai non vaccinati per fare la prima dose: riguarderà i dipendenti pubblici e quelli di ristoranti, bar, palestre e mezzi pubblici. Per questo ieri Draghi ha ricevuto a Palazzo Chigi il segretario della Cgil Maurizio Landini e in serata i sindacati hanno visto i vertici di Confindustria per parlare del tema. Ma la strada ormai è tracciata.

ILFQ

Quirinale a ore. - Marco Travaglio

 

Dopo Benigni al Festival di Venezia, anche il cantante Marco Mengoni al Salone del Mobile di Rho-Pero, forse influenzato dal clima di antiquariato e modernariato, ha chiesto a Mattarella di restare ancora un po’. Come nel 2013 con Re Giorgio I e poi II, è partita la rumba delle perorazioni al capo dello Stato perché accetti la rielezione. Non per 7 anni, come prevedrebbe quel testo desueto chiamato Costituzione, ma solo un po’, per tenere in caldo la poltrona a Sua Altezza Reale Mario I, che poi deciderà quando ascendere al Colle dopo avere spicciato le ultime faccende a Palazzo Chigi. Come se il Quirinale fosse un albergo a ore. Immaginate cosa pensano all’estero di un Paese che, su 950 parlamentari, non ne trova uno in grado di fare il presidente della Repubblica, cioè di dire quattro banalità a Capodanno (“vestitevi che fa freddo, mettetevi le galosce”), baciare bambini, tagliare nastri ed estrarre dal cilindro un banchiere o chi per lui nelle crisi più serie. Anzi, uno ce l’avremmo, ma purtroppo fa già il premier e, se trasloca, restiamo senza e non troviamo più nessuno in grado di guidare il governo, pur formato integralmente da Migliori.

Questa barzelletta fa ridere in Italia, figuriamoci fuori dalla cinta daziaria. Eppure è il mantra che salmodiano i giornaloni e seguiteranno a biascicarlo fino alla data di scadenza di Mattarella. I Costituenti, che avevano chiara la distinzione fra una Repubblica e una Monarchia (gli italiani avevano appena scelto la prima e salutato la seconda), assegnarono al capo dello Stato un mandato settennale per sganciarlo dalla logica maggioranza-opposizione e affinché l’interessato ne avesse abbastanza. Infatti nessun presidente pensò al bis fino a Napolitano, che ruppe la tradizione. E non, come ci fu raccontato, perché non c’erano alternative, ma proprio perché c’erano: Prodi e Rodotà, che però minacciavano un governo coi vincitori delle elezioni (M5S e Pd), anziché con gli sconfitti. Infatti i padroni del vapore imbalsamarono il loro santo patrono al Colle per propiziare il governo Letta, cioè l’ammucchiata fra Pd e sconfitti (FI e montiani), e tagliar fuori i vincitori. Ora i soliti noti ritentano l’audace colpo per tagliar fuori M5S e Meloni dal prossimo governo con un’ammucchiata ancor più vasta (ora c’è pure la Lega perché i partiti “affidabili” si sono ristretti un altro po’). Se Mattarella e i suoi fan pelosi vogliono provarci, liberissimi. Ma ci risparmino le balle tipo “non ci sono alternative”, “ce lo chiede l’Europa” e “il presidente è costretto al bis”. Le alternative sono almeno 950. In Europa, quando scade un presidente, se ne fa un altro. E nessun presidente può essere costretto al bis: se non vuole, lo dice chiaro e il Parlamento elegge un altro.

ILFQ

Jean Paul Belmondo.

 

Un mito del passato, un mio mito, ci ha lasciati ieri, se n'è andato via, per sempre.

Ma io lo porterò sempre nel cuore, come un caro ricordo della mia passata gioventù.

Cetta

Casa, acquirenti giovani e prezzi stabili. Ecco dove si risparmia. - Laura Cavestri

 

Nella prima parte del 2021 si conferma la preferenza degli investitori per il bilocale (39,9%) a seguire il trilocale (31 per cento).

Gli investitori restano, comunque, prudenti in questo momento, anche se il mattone attira ancora.

Le compravendite per investimento nel I semestre del 2021 hanno rappresentato il 16,3% del totale delle transazioni effettuate dalla rete del gruppo Tecnocasa. Tra queste Bologna e Palermo sono le uniche due che hanno registrato, rispetto a un anno fa, un aumento della percentuale per investimento, rispettivamente, del 30,5 e del 31 (nel 2020 era del 26,2% e 30,6 per cento) . Nelle altre realtà se ne segnala, invece, una contrazione, soprattutto a Verona (passata da 28,1% a 23,2%) e a Bari (da 30% a 25 per cento).

La mappa dei prezzi.

I prezzi, naturalmente, sono enormemente diversificati in base alla città, alla zona di riferimento e alla tipologia di appartamento.

Secondo un’elaborazione di Tecnocasa, sui prezzi al metro quadrato, tra centro, semicentro e periferia in una decina di capoluoghi che sono anche sedi universitarie, tra i monolocali, i più convenienti si trovano alle periferie di Lecce (1000-1400 euro al mq), Perugia (1100-1750 euro al mq) e Trieste (1300-1600 euro al mq circa). I più cari sono in centro a Milano, in un range al mq che va dagli 8500 a sfiorare i 10mila euro. Poco sotto, Roma.

Su fronte di bilo e trilocali, il minimo, alla periferia di Perugia, può essere sotto i 1000 euro al mq, mentre a Milano si parte da 2800-3mila euro al mq a salire.

Sulle aree centrali, spicca Milano (il minimo per un trilocale è di 6500 euro al mq), seguita da Roma (sopra i 5mila euro al mq per 3 vani) e Bologna (a 3500 euro al mq di base, in centro). Le più “abbordabili”, Genova, Lecce. Trieste, Bari e Perugia.

Congiuntura favorevole

Del resto, il mix di bonus fiscali - dal risparmio energetico all’arredo - e le condizioni di estremo vantaggio per accedere a mutui, si coniugano con un prezzo delle case usate in Italia, che - secondo l’ultimo indice dei prezzi immobiliari di Idealista - ha registrato un calo dello 0,4% ad agosto, attestandosi a 1.718 euro/mq.

Chi compra cosa compra?

Cosa si compra? Nella prima parte del 2021 si conferma la preferenza degli investitori per il bilocale (39,9%) a seguire il trilocale (31 per cento). Gli acquirenti sono soprattutto coppie (46,3%), dato in aumento rispetto ad un anno fa (43,6%) così come si segnala un leggero aumento tra i single (da 24,8% a 26,9%)

Infine, fa notare ancora Tecnocasa, aumentano gli acquisti per investimento nella fascia più giovane, tra 18 e 34 anni, con un interesse proprio nei giovani intorno ai 30-34 anni che hanno una situazione economica stabile e già in possesso della prima casa. Ma non di rado, dietro, ci sono i genitori, che intestano ai figli appartamenti non solo come prima abitazione, ma anche acquisti a scopo di investimento a sostegno dei reddito dei giovani.

Illustrazione di Giorgio De Marinis

IlSole24Ore

Giorgia Meloni e il reddito di cittadinanza. Orso Grigio

 

Qualche tempo fa pubblicai una vignetta dove riassumevo i brutti e offensivi termini con i quali gente certamente spregevole definiva l’eminentissima et eccellentissima statista giorgia meloni, paragonandola con spirito malevolo a dignitosissime figure professionali come quella della carciofara, della pescivendola e della caciottara, o ad altre ancora, tipiche del degrado sociale dei nostri tempi, come la coatta e la zoccola, cosa che ebbe a fare anche quel vecchio cabarettista ormai in disuso, financo a sottolinearne odiosamente la somiglianza con un tappo di cellulite.
Condannando decisamente certi accostamenti, consigliavo semmai di definirla con una figura retorica, una metafora che non coinvolgesse riferimenti diretti a niente e a nessuno, ma che si riferisse semmai ad una precisa collocazione nel tempo e nello spazio, come per esempio, ‘becera fascista di merda’.
E’ solo un esempio, a scopo didattico, ma poteva avere un senso in quanto ‘becera’ poteva ricordare i modi non sempre eleganti di esprimersi della nostra eroina, ‘fascista’ una sua chiara e mai del tutto negata simpatia verso quel momento putrido della nostra storia, e il ‘di merda’ avrebbe invece descritto la materia di cui quel momento era composto, come sancito poi dalla Storia e scritto nella Costituzione.
La mia sottile ironia non venne colta appieno e fui sommerso, me tapino, dalle critiche prima di sessismo, poi di sessismo, e infine, addirittura di sessismo.
Oggi vedo che la suddetta pregiatissima statista definisce il reddito di cittadinanza ‘metadone di stato’, insultando con disprezzo, in un colpo solo, sia chi lo percepisce, trattando persone in cerca di uno straccio di possibilità di vita come rifiuti tossici alla canna del gas, che chi glielo dà, lo Stato spacciatore sfruttatore.
Perché il senso è quello.
Verrebbe da chiedersi se sia più grave la mia ironia o la feroce violenza che una frase del genere racchiude.
Ditemelo voi.
Quella misura non funziona bene, l’ho sempre detto anch’io, e questo era pure prevedibile, ma è una misura imprescindibile di civiltà ed equità sociale alla quale uno Stato democratico che pretenda di definirsi tale non può rinunciare. E per avere la certezza che sia giusta basta guardare chi è che la sta attaccando, in certi casi dopo averla perfino votata, come l’uomo che sussurrava alle salamelle.
Ma si sa, la politica è volubile, e le cose diventano giuste o sbagliate non per quello che valgono ma solo a -seconda dei voti che potrebbero portare.
Se scegliamo di farci rappresentare dai pagliacci, poi funziona così.
Dunque, donna giorgia, è questa la tua destra sociale? E’ tutta qui, è così che funziona? Oppure quelli che ti votano sono tutti fortunati, ognuno con il suo lavoretto sicuro, la tredicesima e il panettone sotto l’albero a Natale? O forse delle difficoltà degli altri non te ne frega un cazzo in nome della propaganda politica tua e dell’uomo che roteava i rosari?
Si corregga, quel provvedimento, si migliori, certo, ma nessuno si azzardi ad eliminarlo.
Le persone, tutte le persone, di tutte le razze, colori e religioni, hanno diritto a condizioni di vita decorose e gli deve essere data la possibilità di provare a costruirsi un futuro decente e di poterlo garantire ai propri figli.
E il lavoro dev’essere pagato con un salario equo, non con le elemosine.
E’ così che deve funzionare.
Il recinto politico che protegge quella misura deve essere fortificato ed elettrificato con l’alta tensione.
E chi lo tocca, che ci resti secco.

FB - 7.9.2021

lunedì 6 settembre 2021

Chiedeva il pizzo, arrestato noto amministratore giudiziario.

 

Le indagini dei finanzieri hanno inchiodato il commercialista Antonio Lo Mauro, 54 anni, che era stato nominato dal tribunale Misure di prevenzione dopo lo scandalo Saguto. Emerse condotte illecite.

Estorsione e abuso di potere. Con questa accusa la guardia di finanza - su delega della Procura della Repubblica di Palermo - ha dato esecuzione a un'ordinanza emessa dal Gip del Tribunale del capoluogo, con la quale è stata applicata la misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti del noto commercialista Antonio Lo Mauro, 54 anni, "indagato per il reato di estorsione aggravata dall'abuso dei poteri e con violazione dei doveri inerenti a una pubblica funzione".

Lo Mauro era stato nominato sei anni fa dal tribunale Misure di prevenzione dopo lo scandalo Saguto. Adesso, le indagini eseguite dal nucleo di polizia economico-finanziaria della guardia di finanza di Palermo hanno fatto emergere "condotte illecite tenute dall'indagato nell'ambito di rapporti lavorativi correlati all'incarico di amministratore giudiziario che lo stesso riveste dal settembre del 2015, su nomina del Tribunale di Palermo".

In questo contesto, Lo Mauro "avrebbe costretto un consulente fiscale e contabile delle società in amministrazione giudiziaria a corrispondergli indebitamente, in più tranche, la somma complessiva di 5.000 euro in contanti, nonché a pagare indebitamente un debito di 6.240 euro contratto dallo stesso Lo Mauro con un altro professionista". Dalla finanza concludono così: "Prosegue l'azione delle fiamme gialle palermitane, con il coordinamento della locale Procura della Repubblica, a tutela della corretta esecuzione delle delicate funzioni connesse allo svolgimento delle procedure di amministrazione straordinaria delle imprese oggetto di sequestro e confisca".

PalermoToday

“Dopo Mani Pulite, siamo alle mani libere per i potenti”. - Vincenzo Bisbiglia

 

Una “stagione delle mani libere” è alle porte. Un “assalto finale del sistema” politico alla giustizia: “Tutte le riforme di quest’ultimo periodo sono state di palazzo, derivanti dall’esigenza di abbattere il rischio per le classi dirigenti”. Il procuratore generale uscente di Palermo, Roberto Scarpinato, l’ex consigliere del Csm, Piercamillo Davigo e il procuratore capo di Catanzaro, Nicola Gratteri, alla Festa del Fatto Quotidiano hanno attaccato duramente il tentativo del governo di Mario Draghi di mettere mano alla giustizia. Intervistati da Valeria Pacelli nel corso del dibattito “La giustizia al tempo dei migliori”, non sono mancate critiche anche ai sei referendum proposti da Lega e Partito Radicale.

Sulla riforma voluta dalla ministra della Giustizia, Marta Cartabia, Scarpinato ha parlato di “una forma di amnistia strisciante e permanente”, spiegando che “ogni anno il Parlamento, i cui componenti ridotti nel numero sono tutt’oggi nominati dall’establishment, deve stabilire la priorità nei processi, quali si devono celebrare e quali no”. Un “assalto finale da parte della politica”, appunto, iniziato con la Seconda Repubblica, quando “tutta la classe dirigente ha dovuto mettere in moto due distinte manovre”. “La prima – ha detto Scarpinato – è stata la depenalizzazione selettiva dei reati della classe dirigente. Sono state abbassate le pene e ridotti i termini della prescrizione”. “La seconda”, ha aggiunto, “è il tentativo continuo di sottoporre i pubblici ministeri al controllo politico”. Il magistrato ha portato ad esempio i disegni di legge proposti da Luciano Violante che nel 2008 “per far iniziare le indagini alla polizia e non ai pm”, e di Andrea Orlando, nel 2017, per l’utilizzabilità delle intercettazioni. Ora la riforma Cartabia, “l’assalto finale del sistema”, appunto. “Se è vera – ha detto – la stima dell’Unione europea secondo cui la corruzione in Italia vale 60 miliardi l’anno, vuol dire che il 30-40% se li prenderanno i soliti noti”.

Non c’è solo la riforma del governo Draghi a tenere banco. A breve al vaglio della Corte Costituzionale arriveranno anche i referendum sulla giustizia sottoscritti anche da Italia Viva. Secondo Davigo, “le intenzioni sono le peggiori”. “Questi pensano che i cittadini siano dei cretini – ha affermato l’ex magistrato di Mani Pulite – La Lega per anni ha fatto una campagna sulla sicurezza” e “ora prende in giro i suoi elettori”. Se andasse in porto il referendum sui limiti alla custodia cautelare, ad esempio, “se uno viene a casa tua e la svaligia, il ladro lo possono arrestare ma poi lo devono rilasciare, perché non può restare in carcere”. Non solo. “La responsabilità diretta dei magistrati non c’è in nessun paese al mondo. Chi sbaglia paga è uno slogan cretino”. Se passasse questo concetto, “potrebbero iniziare a crearsi rapporti non chiari con gli avvocati e vi sarebbero cause pretestuose, in via preventiva, per togliersi di mezzo un giudice scomodo”. Gli fa eco Scarpinato. “Ripropongono ciclicamente anche la separazione delle carriere, per portare i magistrati sotto il controllo dell’esecutivo”. Insomma: “La questione giustizia in questo Paese è irredimibile a causa del gioco politico. È la stagione delle mani libere”.

Negli ultimi due anni la magistratura ha dovuto affrontare anche la crisi culminata con l’indagine per corruzione ai danni dell’ex magistrato romano Luca Palamara, già membro del Csm, che secondo quanto emerso sarebbe stato primo attore di una “guerra tra correnti” che ha condizionato le nomine nelle principale procure italiane. “Palamara non votava da solo – ha affermato Nicola Gratteri – e non poteva da solo condizionare tutte le nomine che si sono avute”. Il magistrato calabrese avanza una proposta: “Penso che si debba agire a monte, modificando il Consiglio superiore della magistratura e introducendo il sistema del sorteggio”, anche a costo “di cambiare la Costituzione, se necessario”. “È la madre di tutte le riforme”, ha concluso.

ILFQ