sabato 5 febbraio 2022

Il Festival di San Lecco. - Marco Travaglio

 

Non so, voi, ma io non sto più nella pelle perché il sermone di Sergio Bis ha avuto 55 applausi (di cui 19 standing ovation) in 37 minuti, manco fosse Dimartedì, con 18 citazioni di “dignità”, 16 di “Italia”, 11 di “Paese”, 10 di “istituzioni”, 9 di “Repubblica”, nessuna di “vitalizio” ma era sottinteso. Del resto, come dice Mario(lina) Sattanino, l’Italia tutta sognava il Bis come dimostrano le ola preventive della Scala di Milano e del San Carlo di Napoli, noti specchi del Paese reale insieme al Circolo della Caccia e al Club del Polo. Insomma, per dirla con Beppesergio Severgnini, “Mattarella è una rockstar”. Infatti, pur in assenza, era l’ospite d’onore della terza serata di Sanremo, dove Amadeus gli ha fatto suonare Grande grande grande perché “abbiamo saputo che lei nel 1978 fu tra i fortunati spettatori dell’ultimo concerto di Mina e vogliamo dedicarle una canzone che rappresenta bene quello che pensiamo di lei”. La canzone, per la cronaca, dice “Sei peggio di un bambino capriccioso, la vuoi sempre vinta tu. Sei l’uomo più egoista e prepotente che abbia conosciuto mai”, e parrebbe più consona a SuperMario trombato sulla via del Colle che al rieletto SuperSergio. Ma per fortuna nessuno l’ha cantata e son rimaste le note, insieme alla gratitudine per la diva che disse “mi ritiro dalle scene” e poi lo fece per davvero e, quando qualcuno provò a farle cambiare idea, lo rispedì al mittente, anziché rimangiarsi tutto per il nostro bene. Ma Mina, quando dice una cosa, la fa: è una cantante, mica uno statista.

Ieri Sergio Rockstar ha chiamato commosso Amadeus per complimentarsi dei complimenti a sé medesimo e Amadeus s’è commosso per i complimenti ai suoi complimenti, ma anche per il prefisso telefonico: “Quando ho visto lo 06 prefisso di Roma non volevo crederci” (pensava che il Quirinale fosse sulle Isole Andamane). Le lacrime del complimentante e del complimentato si mescolano alle salive della libera stampa, in un Festival di San Lecco più sfrenato di un rave party (anzi, di un bave-party). Come se Sergio Rockstar fosse una promessa di Sanremo Giovani e non lo stesso che già tutti leccano da sette anni. “L’agenda Mattarella”, “Il memorandum” (Corriere). “Mattarella incoronato”, “Decalogo etico di un Presidente”, “Napolitano-Mattarella, il bis è diverso” (La Stampa, che peraltro trovò divino anche il bis di Re Giorgio). “L’Italia della dignità”, “Dal Colle la spinta a Draghi” che “potrebbe inaugurare un nuovo format” (Rep), magari per il Dopofestival. “Mattarella fa giustizia” (Giornale). Intanto la Lagarde manda lo spread alle stelle, ma niente paura: è Drusilla Foer. Peccato solo per quei guastafeste dei 433 morti di Covid, che non si fanno mai i fatti loro.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/02/05/il-festival-di-san-lecco/6482306/

La madre di Pantani ai Carabinieri: "Era con due escort quando morì".

 

La donna sentita per tre ore e mezza a Rimini.


"Marco non era solo la notte in cui è morto, con lui c'erano due escort".

Ne è convinta la madre di Marco Pantani, Tonina Belletti, che ne ha parlato ai carabinieri del nucleo investigativo del reparto operativo di Rimini.

Come riporta la stampa locale, la donna è stata tre ore e mezza nella sede del comando provinciale, risentita nell'ambito del nuovo fascicolo della Procura della Repubblica riminese, che ha già archiviato due indagini, l'ultima nel 2015, arrivando sempre alla stessa conclusione e cioè che il campione di ciclismo morì, il 14 febbraio 2004 nel residence 'Le Rose', per una overdose di farmaci e droga.

Il fascicolo è ancora oggi, anche dopo la nuova testimonianza, disposto su modello 45, che viene utilizzato per l'iscrizione di un fascicolo nel registro degli atti non costituenti notizie di reato.

https://www.ansa.it/emiliaromagna/notizie/2022/02/04/pantani-madre-ai-cc-non-era-solo-con-2-escort-quando-mori_0b29a0d2-95cc-4030-b008-4a99d32b6777.html

venerdì 4 febbraio 2022

Al settennato sopravviverà soltanto lui. - Antonio Padellaro

 

Cinquantacinque applausi sono pure pochi per come Sergio Mattarella ha condotto la partita del Quirinale. L’intensa e sapiente campagna mediatica (gli scatoloni, il trasloco) per non essere rieletto (con tutti gli altri che sgomitavano per essere eletti). L’attesa corrucciata e silente, mentre Salvini&C. facevano strame di candidati. La benevola accoglienza ai penitenti dell’unità nazionale (a eccezione di una) recatisi a implorare l’estremo sacrificio, come scrive la grande stampa (anche se il comprensivo accoglimento della supplica avrebbe convinto, scrive Repubblica, il 60% degli italiani ma non un 40%, e non sono pochissimi) Poi, ieri pomeriggio, l’apoteosi in Parlamento a cui egli si è sottoposto apparendo sorridente e in gran forma (ma quale stanchezza! Presidente lei ci sotterra tutti). Quindi un discorso d’insediamento ricco di spunti, toccante in quei ripetuti e sinceri richiami alla tutela delle tante “dignità” offese di questo Paese. Ma anche abile nell’essere onnicomprensivo, ecumenico (forse è mancato soltanto un saluto ad Amadeus e alla campagna acquisti della Juve). Un testo dal quale non traspariva nessuna intenzione di accorciare il secondo mandato, in stile Napolitano. Perché ci sembra chiaro che (e glielo auguriamo di cuore) nei prossimi sette anni (e fanno 14) lui sarà ancora lì al Quirinale, fresco come un bocciolo. Non avremmo, invece, le medesime certezze per i comprimari che in questi giorni gli hanno fatto la ola. Soprattutto perché il Mattarella Bis attraverserà tre legislature e con i chiari di luna della politica italiana scommettereste un euro che (a parte l’immarcescibile Casini) i vari Salvini, Letta, Conte, Renzi nel 2029 saranno ancora lì, in prima fila? Per non parlare di Mario Draghi, che soltanto un paio di mesi fa sembrava l’asso pigliatutto e che oggi guida un governo uscito azzoppato dalla battaglia del Colle. Con un interrogativo su tutti: in queste condizioni quanto potrà resistere il Migliore a Palazzo Chigi? Presidente Mattarella, perdoni l’impertinenza, ma se l’aveva davvero pensata così lei è un genio.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/02/04/al-settennato-sopravvivera-soltanto-lui/6480771/

Per i non udenti. - Marco Travaglio

 

Traduzione simultanea, con sottotitoli, dei passi principali del discorso di reinsediamento di re Sergio Bis.

“È per me una nuova chiamata – inattesa – alla responsabilità, alla quale tuttavia non posso e non ho inteso sottrarmi”. In realtà potevo benissimo rimandarvi in Parlamento a fare il vostro dovere. Ma, siccome non ne volevate sapere di eleggere Draghi, la Restaurazione avviata un anno fa rischiava di fallire, con una presidente appena sessantenne e pure donna. E ho dovuto tornare io.

“Vi ringrazio per la fiducia”. Che poi, per la precisione, si chiama “stipendio e vitalizio”.

“Alla Costituzione… ho cercato di attenermi in ogni momento per sette anni”. Salvo quando rimandai indietro il premier indicato dalla maggioranza perchè mi sta antipatico Savona e incaricai tal Cottarelli, noto frequentatore di se stesso; e quando mandai a casa il governo appena fiduciato dal Parlamento senza rinviarlo alle Camere e incaricai un ex banchiere mai indicato da nessuno.

“Uno stato di profonda incertezza politica e di tensioni, le cui conseguenze avrebbero potuto mettere a rischio…”. Non so cosa sia saltato in mente a Draghi di tentare la fuga al Quirinale e di confondere la maggioranza del suo governo con quella del nuovo capo dello Stato, ma che volete che vi dica: so’ creature.

“La lotta contro il virus non è conclusa”. Vero, Mario?

“La ripresa di ogni attività è legata alla diffusione dei vaccini che aiutano a proteggere noi stessi e gli altri”. Che proteggano gli altri è una balla sesquipedale, ma mi hanno detto di dire così.

“I regimi autoritari o autocratici rischiano ingannevolmente di apparire, a occhi superficiali, più efficienti di quelli democratici, le cui decisioni… sono ben più solide”. Noi comunque, per non saper né leggere né scrivere, abbiamo optato per l’autocrazia.

“È cruciale il ruolo del Parlamento… La forzata compressione dei tempi parlamentari è un rischio”. Per chi non lo sapesse, il Parlamento è quell’aula sorda e grigia che i decreti non fa più neppure in tempo a timbrarli.

“Un profondo processo riformatore deve interessare la giustizia”. Questa l’ho copiata dal mio precedente discorso di insediamento e da quelli dei miei predecessori, da De Nicola in poi.

“I cittadini non devono avvertire timore per decisioni arbitrarie o imprevedibili in contrasto con la certezza del diritto”. Càpita ancora che qualche potente venga disturbato da indagini e condanne senza prescrizione e che qualche poveraccio venga assolto, ma la Cartabia ci sta lavorando.

“Poteri economici sovranazionali tendono a prevalere e a imporsi, aggirando il processo democratico”. E qui mi fermo, sennò poi Draghi s’incazza.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/02/04/per-i-non-udenti/6480721/

MEDIA & REGIME Il Giornale sul tavolo di Angelucci. In dote alle nozze con Libero e Il Tempo porterebbe anche 2 milioni di debiti garantiti dallo Stato. - Gaia Scacciavillani

 

A fine luglio l'editrice di Paolo Berlusconi si aspettava una chiusura d'anno con un rosso di oltre 6 milioni, peggio del previsto. E a settembre i soci hanno deliberato l'ennesimo versamento in conto capitale. Intanto la concorrenza del "gruppo Belpietro" si fa sentire.

Il passaggio di mano del Giornale è a un bivio, secondo La Stampa che nel numero in edicola giovedì 3 febbraio dà per imminente l’addio della famiglia Berlusconi al quotidiano fondato da Indro Montanelli la cui parabola viene assimilata a quella dell’anziano leader di Forza Italia, con una cessione che il giornale degli Agnelli traduce in un simbolo della fine del berlusconismo. Tanto più che a comprare sarebbe la famiglia Angelucci, animata dall’intento di creare un polo editoriale di destra insieme ai suoi Libero e Il Tempo.

Bisogna vedere quale destra e con quali potenzialità, visto che la salviniana Verità di Maurizio Belpietro in edicola tallona Il Giornale da molto vicino e ha una potenza di fuoco, in termini di audience, che include anche le testate settimanali ex Mondadori a partire da Panorama. Senza contare i piani di espansione che, come lo stesso Belpietro ha recentemente dichiarato confermando le indiscrezioni di Dagospia, prevedono il lancio di un quotidiano finanziario.

E proprio la finanza è la nota stonata del nascente polo editoriale della destra targato Angelucci. La parabola del Giornale è infatti costellata di versamenti in conto capitale da parte degli azionisti, essenzialmente Pbf (Paolo Berlusconi) e Mondadori oltre al gruppo Amodei. Il 2020 si è chiuso con una perdita di 8,7 milioni, dopo il rosso di 15 milioni dell’anno prima. Tra i debiti bancari di 7 milioni di euro, la società editrice del quotidiano ne contava uno di 2,2 milioni con la Popolare di Sondrio garantito dalla società pubblica Sace in virtù del decreto liquidità.

A fine agosto 2021, poi, i conti della Società Europea di edizioni evidenziavano una perdita di quasi 5 milioni di euro, tanto che il 30 settembre l’assemblea ha approvato su proposta del cda di procedere a un versamento di altri 3 milioni in conto capitale, dopo i 9 deliberati nel 2020 e i 16 l’anno prima. Inoltre lo stesso cda a luglio 2021 si aspettava di chiudere l’esercizio con una perdita di 6,7 milioni, “in miglioramento rispetto all’esercizio precedente per € 2.002.000 ma peggiorativa rispetto al budget per € 931.000”. La previsione, si legge nel verbale del consiglio del 23 luglio, “registra una contrazione nelle vendite in edicola rispetto sia all’esercizio precedente sia al budget mentre prevede un sostanziale equilibrio come ricavi da raccolta pubblicitaria; complessivamente si rileva una riduzione dei ricavi di € 421.000 rispetto all’esercizio precedente e di € 626.000 rispetto al budget 2021”.

Poi bisognerà vedere la disponibilità del personale, che pure scende sensibilmente di anno in anno e a fine 2021 contava 36 poligrafici e 66 giornalisti, rispettivamente 4 e 12 in meno dell’anno prima, per un costo complessivo annuo di 11,7 milioni (-5 milioni sull’anno prima).

https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/02/03/il-giornale-sul-tavolo-di-angelucci-in-dote-alle-nozze-con-libero-e-il-tempo-porterebbe-anche-2-milioni-di-debiti-garantiti-dallo-stato/6480383/

Nokian Tyres presenta un concept tire realizzato con il 93% di materiali riciclati o rinnovabili. - Bruno Allevi

 

Novità in casa Nokian Tyres.

Per decenni Nokian Tyres ha cercato di rendere il mondo più sicuro. Adesso l’azienda raggiunge un altro traguardo, presentando lo pneumatico più sostenibile prodotto finora. Il concept Nokian Tyres Green Step è un capolavoro di innovazione sostenibile grazie alla sua ambiziosa progettazione che include il 93% di materiali riciclati o rinnovabili. In questo modo, l’azienda si avvicina di più al suo obiettivo: entro il 2030, il 50% di tutte le materie prime utilizzate per gli pneumatici Nokian Tyres sarà riciclato o rinnovabile.

Nokian Tyres Green Step apre la strada a una guida più sostenibile.

Nel 2021, Nokian Tyres ha fissato un obiettivo ambizioso: entro il 2030, il 50% di tutte le materie prime utilizzate per gli pneumatici Nokian Tyres sarà riciclato o rinnovabile. Lo pneumatico Nokian Tyres con concept Green Step testimonia l’ingegnosità della divisione Ricerca e Sviluppo dell’azienda e la sua ambizione di rendere la guida più sostenibile.

Tutta la gomma usata nel concept Green Step è naturale e si usano anche oli rinnovabili come l’olio di canola. Quasi tutti i plastificanti, le resine e i coadiuvanti di fabbricazione provengono da risorse rinnovabili. Inoltre, la silice naturale della lolla di riso funziona come riempimento principale per il battistrada e il fianco, e la fibra di corda rinnovabile è usata per rendere lo pneumatico più resistente.

La quota di materiali riciclati aumenterà in futuro.

Quasi ogni componente del Green Step include anche alcuni materiali riciclati. Per esempio, il nerofumo usato nelle mescole di gomma è stato ricavato da pneumatici fuori uso, e il butile usato nella superficie interna così come l’acciaio delle cinghie e dei cerchietti nella struttura sono principalmente riciclati.

Vantaggi per gli automobilisti di tutto il mondo.

Il Nokian Tyres Green Step è uno pneumatico invernale che può essere utilizzato su neve e ghiaccio. Alcuni dei materiali utilizzati in questo concept tire sono comuni a vari modelli precedenti, prodotti dall’azienda. La gomma naturale è un materiale importante in tutti gli pneumatici per i vantaggi che offre e fonti alternative alla gomma naturale, come la pianta di guyule, sono oggetto di ricerca per Nokian Tyres. Inoltre, gli oli rinnovabili sono comuni nei suoi pneumatici, dato che Nokian Tyres è stato il primo produttore di pneumatici al mondo a smettere di usare oli altamente aromatici nel 2005.

Azioni concrete per un mondo più sicuro.

Dal giorno in cui è stato inventato il primo pneumatico invernale al mondo nel 1934, gli pneumatici invernali premium di Nokian Tyres sono stati apprezzati da generazioni di automobilisti che desiderano guidare con tranquillità in ogni condizione. Tuttavia, Nokian Tyres non si concentra solo sulla protezione degli automobilisti; l’azienda lavora incessantemente per aiutare a proteggere il mondo che ci circonda. Questo è dimostrato in tutte le sue azioni, dalla progettazione degli pneumatici alla produzione: Nokian Tyres è stata la prima azienda di pneumatici a far approvare gli ambiziosi Science Based Targets per la riduzione delle emissioni di CO2, oltre ad avere abbassato la resistenza al rotolamento degli pneumatici mediamente dell’8,5% dal 2013, risparmiando carburante e diminuendo le emissioni di CO2. Lo pneumatico Nokian Tyres Green Step è l’ennesima dimostrazione di questa passione e l’innovazione che ha portato alla realizzazione dello pneumatico andrà a beneficio delle generazioni a venire. È un altro passo nel viaggio verso un mondo più sicuro.

Nokian Tyres Green Step concept tire:
93% di materiali riciclati o rinnovabili
I materiali rinnovabili includono gomma naturale, oli rinnovabili e silice naturale di lolla di riso
Materiali riciclati sono utilizzati in quasi tutti i componenti dello pneumatico
I materiali riciclati includono acciaio riciclato e nerofumo
Le innovazioni create per il concept tire saranno incorporate negli pneumatici futuri
L’obiettivo è che entro il 2030 il 50% di tutte le materie prime utilizzate per gli pneumatici Nokian Tyres sia riciclato o rinnovabile

https://bestmotori.it/2022/02/nokian-tyres-presenta-un-concept-tire-realizzato-con-il-93-di-materiali-riciclati-o-rinnovabili/

mercoledì 2 febbraio 2022

Economia, altro che boom: cresce solo il lavoro precario. - Alessandro Bonetti e Roberto Rotunno

 

COSA DICONO I DATI SULLA RIPRESA - La grande stampa e il governo in estasi per il +6,5% del Pil nel 2021, ma resta sotto i livelli pre-Covid (e pre-2008). I tre quarti dei nuovi posti sono a tempo e i salari restano fermi.

“Scatto del Pil”, “crescita ai massimi”, “incremento mai così alto dal 1976”. A leggere i giornali, sembra che l’Italia stia vivendo un nuovo boom economico. Guardando i dati completi però – e soprattutto mettendoli in prospettiva – la situazione che emerge non è poi così rosea.

Partiamo dalla crescita economica. Secondo la stima preliminare rilasciata dall’Istat il 31 gennaio, nel 2021 il Pil è aumentato del 6,5% rispetto al 2020. La grande stampa, che vede la vie en rose, e diversi ministri non hanno trattenuto la propria “grande soddisfazione”. Un tasso di crescita così alto non lo si vedeva dagli anni Settanta. Un leitmotiv lanciato durante la conferenza stampa dell’Istat da Giovanni Savio (direttore centrale della contabilità nazionale) e subito finito sui titoli del Sole 24 Ore, del Corriere della Sera, della Stampa e di Repubblica. Ma concentrarsi solo sui tassi di crescita restituisce una prospettiva distorta. Per avere un punto di vista più equilibrato, basti pensare che era dalla Seconda guerra mondiale che non si vedeva una recessione come quella del 2020, come d’altronde ha puntualizzato lo stesso Savio. È l’altra faccia della medaglia, che però molti commentatori non considerano più di tanto. La crescita del Pil del 6,5% nel 2021, più che un vero “balzo”, è un rimbalzo. Infatti, nel 2020 l’economia italiana si era contratta del 9% ed è naturale che poi (con l’alleggerimento delle misure restrittive, la piena attivazione degli stabilizzatori automatici e la doverosa spesa pubblica anticiclica, cioè i sostegni) si sia ritornati a una maggiore attività. In altre parole, con la crisi siamo precipitati giù da una ripida montagna, e ora stiamo semplicemente risalendo la china.

Per rimettere le cose in prospettiva, basta un semplice esercizio. Prendiamo i dati trimestrali dell’Istat e completiamoli con una delle altre stime appena divulgate: +0,6% di crescita reale fra terzo e quarto trimestre 2021. Quello che si ottiene è il grafico a destra, in cui si osserva che non abbiamo ancora recuperato il Pil pre-Covid del 2019. Da parte sua, il governo si è posto l’obiettivo di “conseguire nel 2022 una crescita del Pil superiore al 4%”, come si legge in una nota del ministero dell’Economia (a bilancio la previsione è del 4,7%). Se l’Ocse nel suo ultimo Outlook ha addirittura stimato una crescita del 4,6% per il 2022, non sono dello stesso parere Banca d’Italia e Fondo Monetario Internazionale, le cui stime si fermano entrambe al 3,8%. Con questa ulteriore crescita il Pil finalmente recupererebbe il livello pre-pandemia, ma resterebbe comunque sotto la media della zona euro. È evidente che, in una situazione del genere, non basta tornare semplicemente a dove il Covid ci aveva colti di sorpresa. Vale la pena ricordare che prima della pandemia non avevamo ancora recuperato i livelli di attività economica precedenti alla crisi del 2008. I soldi del Pnrr continuano a essere invocati come una panacea, ma non basteranno a sanare le debolezze dell’economia italiana.

Anche dal lato dell’occupazione, i dati mostrano che dietro quella che appare come una crescita si nasconde in realtà un semplice recupero, molto parziale, del tonfo vissuto nel 2020. Tra l’altro, con una dose di precarietà ben più marcata di quella vista prima della pandemia. Un numero su tutti: a dicembre 2021 il totale di persone occupate in Italia risulta ancora inferiore di 286 mila unità rispetto a febbraio 2020, mese in cui il virus ha fatto irruzione. Ma è soprattutto se si guarda alla qualità delle nuove assunzioni che viene fuori tutta la debolezza di questa ripresa. Sempre nell’ultimo mese del 2021, i dipendenti a termine hanno raggiunto tre milioni e 77 mila unità. Siamo a un passo dal record storico di tre milioni e 97 mila ottenuto a maggio 2018, prima dell’arrivo del decreto Dignità (governo gialloverde). Nell’ultimo trimestre dell’anno appena trascorso, gli unici rapporti che mostrano un saldo positivo – più 92 mila – sono i precari mentre gli indeterminati sono scesi di 17 mila unità. Ma è una dinamica che riguarda tutto il 2021: su base annuale, tra dicembre 2020 e dicembre 2021 i posti di lavoro subordinati sono saliti di 590 mila unità, e di questi ben 434 mila – il 73,6% – sono a termine. Negli ultimi tempi la Confindustria ha spesso reclamato l’aiuto del governo sostenendo, a parole, di voler creare buona occupazione; questa volontà sembra finora essere stata trattenuta da una scarsa fiducia che le stesse imprese nutrono verso le prospettive di crescita o dalla volontà di comprimere i costi. Almeno per il momento, stanno arruolando per tre quarti con contratti a scadenza e part time per oltre un terzo del totale.

Questa tipologia riguarda soprattutto le donne. Lo dice il Gender Policies Report diffuso poche settimane fa dall’Inapp: nel primo semestre 2021 sono stati attivati oltre 3,3 milioni di rapporti di lavoro, e di questi quasi 1,2 milioni sono a tempo parziale. L’incidenza arriva al 65% nel comparto Pubblica amministrazione, scuola e sanità, al 55% nelle attività immobiliari e al 42,6% nel settore commercio e turismo. Addirittura il 49,6% di donne assunte si è dovuto accontentare di contratti di poche ore. Si tratta di un dato generale sull’Italia nel quale, come sempre, si annida una situazione molto variegata tra diverse Regioni e tra città e periferia. In Calabria, per esempio, ben il 74,4% di contratti femminili è a tempo parziale. Poco più bassa è la percentuale nelle altre Regioni meridionali. Questa cospicua fetta di contrattini fa sì che il numero di ore lavorate complessive si mantenga costantemente al di sotto dei livelli pre-pandemici. Nel terzo trimestre del 2021 si sono fermate poco sotto i 10,5 miliardi. Nello stesso trimestre del 2019 superavano invece gli 11 miliardi. Rapporti di lavoro precari e fragili producono salari miseri. Il mix tra paghe basse e scarso numero di ore lavorate comprime i guadagni dei lavoratori. Nel 2021 le retribuzioni contrattuali orarie sono salite dello 0,6%, molto meno dell’inflazione. Come ha spiegato l’Istat, “alla luce della dinamica dei prezzi al consumo – in forte accelerazione nella seconda metà dell’anno e pari a circa tre volte quella retributiva – si registra anche una riduzione del potere d’acquisto”.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/02/02/economia-altro-che-boom-cresce-solo-il-lavoro-precario/6477321/