Scorrendo la mazzetta dei quotidiani, cresce il dubbio che sia tornato Il Male con i suoi falsi d’autore, tipo “Arrestato Ugo Tognazzi: è il capo delle Br”. Avete presente la direzione del Pd sul referendum? Era descritta come una conta drammatica dall’esito incertissimo, una tonnara all’ultimo sangue tra Sì e No in un partito diviso a metà, spaccato, dilaniato, sull’orlo della scissione e della cacciata del segretario. La Stampa: “Referendum, l’imbarazzo del Pd: il partito quasi costretto al Sì. Tantissime voci critiche”. Sapete com’è finita? 188 Sì e 13 No (i superstiti delle tantissime voci critiche, soffocate nottetempo nel sangue). Del resto sarebbe stato ben curioso se il Pd, favorevole al taglio da quando si chiamava Pci, promotore nel 2008 di un ddl identico a quello del M5S (200 senatori e 400 deputati) se non per le firme in calce (Zanda e Finocchiaro), che un anno fa aveva votato la riforma alla Camera con tutti gli altri, se la fosse rimangiata. Ma l’inconsolabile Riportino Folli non ci vuole stare e riattacca su Repubblica la tiritera del “gran numero di esponenti di primo piano per il No” (13 a 188) e si consola con “i miliardi del Mes sanitario al più presto”, che non c’entrano una mazza e in Europa non vuole nessuno (tranne forse Cipro).
Libero: “Il Pd è così malmesso che basta Zingaretti a fargli ingoiare il Sì”, ma fra indicibili “sofferenze, mal di pancia e difficoltà” (188 a 13). Il manifesto: “Il sofferto Sì di Zingaretti” (188 a 13). La Stampa: “La sofferenza dei referendum” (188 a 13). Una sofferenza quasi pari a quella di Mattarella, “seccato” (l’ha saputo il Messaggero) perché Conte, rispondendo a una domanda alla festa del Fatto, ha osato dire che è un ottimo presidente e, se volesse, lo sarebbe anche in un secondo mandato: bella “seccatura”. Sul Riformista Emma Bonino vuole “salvare la democrazia da questo scempio populista”: vedi mai che tagliando i parlamentari lei resti fuori dopo appena 9 legislature (più 4 europee). Sul Messaggero Carlo Nordio spiega che il referendum sarà “senza vincitori né vinti” (quindi non vince il Sì o il No) e “comunque il Parlamento subirà conseguenze impreviste, forse il suo stesso scioglimento” (certo, come no). Il Corriere intervista un fake di Zanda, che dichiara restando serio: “Se oggi il referendum riguardasse la mia proposta del 2008 voterei ugualmente No”, cioè l’altro Zanda gli fa proprio ribrezzo. Dev’essere un fake pure il Galli della Loggia intervistato dalla Verità: “Mattarella non doveva dare l’incarico a uno sconosciuto senza identità”, cioè a Conte, indicato due volte in due anni dalla maggioranza parlamentare; la prossima volta incarichi Galli della Loggia, noto frequentatore di se stesso.
Poi c’è il piano per il Recovery Fund: da mesi leggiamo che “il governo è in ritardo” (rispetto a cosa non si sa: la consegna è a ottobre) e non ha progetti, ma solo vecchi “fondi di magazzino per svuotare i cassetti”. Ora scopriamo sul Messaggero che “Parte l’assalto ai fondi Ue. Già ‘sforati’ i 209 miliardi”: cioè i progetti sono troppi. Il “ritardo” fa il paio con quello delle scuole, che riaprono il 14 settembre (a parte il Trentino che anticipa e la Campania che ritarda, come peraltro ogni anno), ma tutti ne scrivono come se fossero già spalancate da settimane. E ovviamente non funziona nulla (Repubblica: “Scuola, partenza a metà”): studenti seduti su casse dell’ortofrutta e soffocati da mascherine di plexiglass, cattedre di cartapesta occupate da passanti presi a caso per insegnare, genitori a rotelle che inseguono la Azzolina e Arcuri, cose così. Intanto la Raggi s’è lasciata sfuggire nientemeno che il Tribunale dei Brevetti (ha solo tutti i ministeri e tutte le ambasciate) e la finale di Coppa Italia (senza pubblico: slurp): “Roma, capitale delle occasioni perse”, “Ennesimo schiaffo per una città senza più appeal” (Repubblica), “Il disinteresse della Raggi per la città che governa” (Messaggero).
Il Corriere si arrapa ogni giorno per “il piano segreto” di metà febbraio sul Covid “ignorato” e “negato” dal governo: peccato che non sia segreto (se ne parla da fine marzo) e non sia un piano sul Covid, ma uno studio-oroscopo con vari scenari fino a 66mila morti (per fortuna evitati proprio perché il governo non lo ignorò). Salvini scrive al Corriere per chiedere spiegazioni dal governo, ma non si capisce bene su cosa: difficilmente uno che attacca Conte per aver disposto il lockdown del 10 marzo (con 631 morti, 10mila infetti e 5mila ricoverati) può rinfacciargli di non averlo fatto a metà febbraio (con due contagiati in tutt’Italia e zero morti); e poi si scopre che il “piano nascosto alle Regioni” fu consegnato a Speranza dal delegato nel Cts della Lombardia (Matteo, ritenta: sarai più fortunato). L’unico che non ha ancora capito niente è Fontana, che sul Giornale deduce dai verbali del Cts che “avevamo ragione noi” e “la Lombardia ha sempre detto la verità” (in quei verbali c’è di tutto, tranne quello che dice lui, ma poi con calma sua moglie e suo cognato glielo spiegano). Seguono, sul Giornale, i consueti pronostici sulla caduta di Conte, che da due anni ha i minuti contati: sfumate per ora le opzioni Draghi, Franceschini, Giorgetti, Di Maio, Sassoli, Bertolaso, Guerini e forse Scalfarotto, ora si scalda “Gualtieri per il dopo Conte”. Se tornasse Il Male con un falso giornalone dal titolo “Arrestato Gigi Proietti: è il capo dell’Isis”, tutti commenterebbero: “Embè?”.
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