martedì 9 marzo 2021

Sondaggi, effetto Conte: il M5s ruba voti al Pd e torna secondo. I dem crollano dopo l’addio di Zingaretti: persi 2 punti in 7 giorni.

 

I dati di Swg per il TgLa7 - In una settimana i Cinquestelle guadagnano un punto e mezzo circa e scavalcano Fratelli d'Italia e democratici. Il partito più grande del centrosinistra dietro a quello di Giorgia Meloni.

Ora non si tratta più di una proiezione sul futuro, ma di un effetto visibile nei sondaggi: la concretizzazione della leadership di Giuseppe Conte nel M5s e il contemporaneo addio di Nicola Zingaretti alla guida del Pd hanno messo il turbo ai Cinquestelle e affossato i democratici. Il risultato è che in un colpo solo i grillini superano sia gli ex alleati di governo sia i Fratelli d’Italia. A dirlo sono i numeri della rilevazione settimanale dell’istituto Swg per il TgLa7.

Al primo posto c’è ancora la Lega, senza particolari variazioni rispetto alla scorsa settimana, poco sopra al 23 per cento. La sorpresa è che torna secondo il Movimento 5 Stelle che con un balzo di circa un punto e mezzo torna sopra al 17 per cento. Un salto che permette al M5s di sorpassare di nuovo i Fratelli d’Italia (16,8, -0,2 nell’ultima settimana) che da alcuni mesi avevano messo la prua davanti grazie alla crescita progressiva degli ultimi due anni. Ma soprattutto ne risente il Pd: il travaso di voti sembra evidente, anche se i democratici perdono più (-1,9) di quanto guadagnano i Cinquestelle (+1,4). La caduta del Pd si ferma così al 16,6.

A seguire i partiti più piccoli. Forza Italia è al 7, più o meno stabile. Azione di Carlo Calenda cede qualcosa, ma resta vicina alla soglia del 4 per cento. Prende quota Sinistra Italiana di Nicola Fratoianni che acciuffa il 3 per cento grazie al +0,3; la lista è stata valutata separatamente da Articolo 1 di Pierluigi Bersani e Roberto Speranza che pure guadagna uno 0,2 e galleggia intorno al 2. Come spesso accade le forze politiche “pesate” in autonomia pesano di più della loro somma. Perde ulteriore terreno Italia Viva che scende al 2,5, mentre fanno passi in avanti questa settimana +Europa (2,3, +0,3) e Verdi (2,1, +0,2).

L’area degli indecisi e del non voto infine è in aumento di un punto, al 39 per cento.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/03/08/sondaggi-effetto-conte-il-m5s-ruba-voti-al-pd-e-torna-secondo-i-dem-crollano-dopo-laddio-di-zingaretti-persi-2-punti-in-7-giorni/6126866/

lunedì 8 marzo 2021

Oggi è il giorno dedicato alle donne.

 


A tutte le donne il profumo intenso della mimosa, intenso come la loro vita.

Ma mi faccia il piacere. - Marco Travaglio

 

Da Conte a Laocoonte. “Colao riscriverà il Recovery, ma aspetta deleghe e uffici” (Stampa, 25.2). “Il premier ha fretta, il Recovery Plan se lo riscrive da solo” (Repubblica, 1.3). “Franco riscrive il Recovery” (Stampa, 4.3). “Il governo si affida agli esperti McKinsey per il Recovery Plan” (Repubblica, 6.3). Ma quindi alla fine chi lo riscrive?

Un altro vulnus. “Giovannini: opere del recovery con i commissari” (Sole 24 ore, 3.3). “Giovannini: ‘La vera sfida del Recovery: completare le opere. Una task force per le verifiche’” (Messaggero, 7.3). Morto un tiranno se ne fa un altro.

Prosciolto a giudizio. “Corruzione: prosciolto Romeo, ma le agenzie scrivono il contrario” (Piero Sansonetti, Riformista edito da Romeo, 6.3). Infatti l’hanno rinviato a giudizio per associazione a delinquere, frode in pubbliche forniture e traffico di influenze illecite.

Condannato assolto. “Tognoli fu cacciato dalla politica con il rituale avviso di garanzia nel ‘92” (Paolo Guzzanti, Giornale, 6.3). “Un uomo onesto” (Messaggero, 6.3). “Indagato e poi condannato, Carlo Tognoli verrà assolto dalla Corte d’appello” (Corriere della sera, 6.3). No, verrà condannato definitivamente a 3 anni e 3 mesi per ricettazione delle tangenti di Mario Chiesa.

Vilipendio di cadavere/1. “Mio nonno sarebbe stato molto orgoglioso di un presidente del Consiglio come Draghi… E avrebbe voluto incontrare Greta Thunberg” (John Elkann, editore de La Stampa, intervistato da Massimo Giannini, direttore de La Stampa, sul centenario dalla nascita di Gianni Agnelli, già editore de La Stampa, 7.3). Povero Avvocato, nonostante tutto non meritava.

Vilipendio di cadavere/2. “Mio nonno farebbe subito il vaccino” (John Elkann, editore di Repubblica, intervistato da Repubblica, 7.3). Anche perchè avrebbe 100 anni. Comunque pure il mio.

Che schivo. “Anche a Roma serve un Draghi: sì a Vittorio Sgarbi sindaco” (Fabrizio Cicchitto, Il Tempo, 27.2). Li accomuna il riserbo.

Le vie di fatto/1. “Pd irreversibile proprio come l’euro” (Graziano Delrio, capogruppo Pd alla Camera, La Stampa, 7.3). Che cos’è, una minaccia?

Le vie di fatto/2. “Bonaccini? Una risorsa, ma non è il solo” (Andrea Marcucci, capogruppo Pd al Senato, Messaggero, 6.3). Vero: c’è pure Renzi.

Campa cavallo. “Serracchiani: io vicesegretaria? Prima le idee” (Corriere della sera, 4.3). Quindi c’è tempo.

Spuntature. “Pd, spunta l’idea di Fassino reggente” (La Stampa, 6.3). “Spunta Finocchiaro” (Repubblica, 6.3). “Bonaccini è il favorito, ma insieme a lui c’è Orlando. Spunta anche Roberta Pinotti” (Fanpage, 6.3). “Per la successione spunta Letta” (Repubblica, 7.3). Il seguito alla prossima spuntata.

Good news. “Il felice ritorno in primo piano dello Stato, simboleggiato dai ruoli assunti dal Capo della Polizia, da un Generale degli Alpini, da un Direttore generale di Bankitalia…” (Antonio Polito, Corriere della sera, 7.3). Per non parlare di McKinsey, Ernest&Young, Pricewaterhouse Coopers e Accenture: gli Stati.

Quante dosi, Figliuolo? “I miei consigli al generale Figliuolo: per battere il nemico faccia come Churchill”, “Carissimo generale Figliuolo, chi le scrive è una persone che ha grandissima fiducia nelle nostre Forze Armate e ripone grandi speranze nel suo operato… In bocca al lupo e massima fiducia nelle sue capacità, sperando che presto ‘i resti di quello che fu uno dei più potenti virus del mondo risalgano in disordine e senza speranza le valli che avevano discese con orgogliosa sicurezza’” (Roberto Burioni, Corriere della sera, 7.3). Bravo, ora riponi anche la lingua e va’ a ciapà i ratt.

Elementare, Mario. “Caro Draghi, Di Maio ha delle responsabilità per la morte di Attanasio”, “Di Maio, rispondi: perchè Attanasio è stato mandato allo sbaraglio?”, “Gli 007 lo avvisarono: Di Maio spieghi o lasci” (Paolo Guzzanti, Riformista, 24 e 26.2). Ha sparato lui: gliel’ha detto Scaramella in commissione Mitrokhin.

Slurp/1. “La parola è d’argento, il silenzio è Draghi” (Salvatore Merlo, Foglio, 5.3). E la lingua è di velluto.

Slurp/2. “Guardare Joe, Justin, Angela con la consueta ammirazione, ma senza invidia. È più bello essere l’Italia, oggi” (Luciano Nobili, deputato Iv, postando una foto di Draghi al G7, Twitter, 20.2). È il Nuovo Rinascimento.

Il titolo della settimana/1. “Patto Macron-Draghi per costruire il dopo Merkel” (Repubblica, 1.3). Mo’ scelgono pure il nuovo cancelliere tedesco.

Il titolo della settimana/2. “Cos’ha veramente detto Ratzinger al Corriere. C’è un Papa solo. Ma non è detto che sia Francesco” (Antonio Socci, Libero, 2.3). Vuoi vedere che è Pio IX?

Il titolo della settimana/3. “I partiti tornano centrali, grazie a Draghi” (rag. Claudio Cerasa, Foglio, 6.3). Uahahahah.

Il titolo della settimana/4. “Recovery, scoppia il caso della consulenza a McKinsey. ‘Ma a deciderà (decidere, ndr), sarà il Mes (il Mef, ndr)’” (La Stampa, 7.3). Comprendiamo il panico, ma qualcuno li avverta che il Mes è finito.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/03/08/ma-mi-faccia-il-piacere-221/6125764/

domenica 7 marzo 2021

Energie rinnovabili: il Pentagono pensa a pannelli solari spaziali. - di Tom's Hardware per il Fatto.

 

Gli scienziati del Pentagono stanno pensando a un sistema di satelliti solari, in grado di sfruttare meglio l'energia solare al di fuori dell'atmosfera terrestre, per poi trasmetterla a terra tramite microonde.

Pannelli solari spaziali in orbita, per catturare tutta l’energia della luce solare senza che l’atmosfera ne diminuisca l’intensità facendo da filtro, e trasmetterla poi con estrema precisione in qualsiasi punto della Terra tramite microonde. È questa l’idea degli scienziati del Pentagono, che stanno pensando a soluzioni in ambito militare ovviamente, ma che potrebbero essere valide anche in campo civile.

Gli scienziati proprio in questi giorni hanno testato con successo nello spazio un pannello solare delle dimensioni di una scatola di pizza. Il pannello – noto come PRAM (Photovoltaic Radiofrequency Antenna Module), ovvero modulo di antenna a radiofrequenza fotovoltaica – è stato lanciato per la prima volta nel maggio 2020, collegato al drone senza pilota X-37B del Pentagono, per sfruttare la luce dal sole per convertirsi in elettricità.

Il pannello, come detto, è progettato per sfruttare al meglio la luce nello spazio che solitamente non passa attraverso l’atmosfera, e quindi mantiene l’energia delle onde blu, rendendola più potente della luce solare che raggiunge la Terra. La luce blu infatti normalmente si disperde all’ingresso dell’atmosfera, motivo per cui il cielo appare blu.

Il pannello testato è molto piccolo e ha prodotto circa 10 watt, ma la tecnologia è fortemente scalabile e non è difficile pensare di realizzare in un prossimo futuro “flotte” di satelliti con pannellature molto più estese, in grado così di produrre molta più energia.

Il problema da risolvere è piuttosto quello del tempo di esposizione all’irraggiamento solare. La quota attuale a cui è stato testato il piccolo satellite gli faceva compiere un giro completo ogni 90 minuti, con la metà del tempo trascorsa al buio. Una possibile soluzione sarebbe portare l’altezza dei satelliti a quota 36000 km, in orbita geosincrona, in modo da garantire loro esposizioni più prolungate, sfruttando il cosiddetto “giorno siderale”, ovvero il periodo impiegato dalla Terra per compiere un’intera rotazione sul proprio asse.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/03/03/energie-rinnovabili-il-pentagono-pensa-a-pannelli-solari-spaziali/6118879/

Segnali di saggezza da Marte. - Gaetano Pedullà

 

Dopo aver assistito inerme alla lapidazione quotidiana dei Cinque Stelle sul 98% dei giornali e telegiornali dello Stivale, ieri Beppe Grillo ha svelato ai suoi qualche buon trucchetto per comunicare meglio. Dove potranno essere usati questi suggerimenti non è facile dirlo, perché il sistema dei media è totalmente ostile al Movimento, e per certe trasmissioni par condicio vuol dire che una volta parla Salvini, un’altra la Meloni, un’altra ancora Tajani e poi si ricomincia con gli stessi.

Ai 5S quando va bene tocca un esponente mandato allo sbaraglio contro tre o quattro energumeni, più il conduttore di turno, dopo un servizio video sul flop del Reddito di cittadinanza o il degrado di Roma nell’era Raggi, magari riciclando le immagini di quando faceva il sindaco qualcun altro, così di sporcizia non ne manca. Il post del fondatore e garante M5S è però un nuovo segno del cambio di passo, dopo troppo lunghi silenzi, nel legame con i cittadini e gli attivisti.

Per la serie non tutti i mali vengono per nuocere, la fuga dei parlamentari contrari a fare gruppo con Draghi e Berlusconi, le dimissioni di Zingaretti e con esse la messa in discussione del progetto di un più largo campo progressista con il Pd, fino al possibile redde rationem con Casaleggio, stanno sollecitando segnali di vita da Marte. Segnali che indicano chiaramente la strada dell’inclusione e non della divisione, che parlano di futuro e transizione ecologica, ma anche di presente e sostenibilità del Movimento, includendo una serie di condizioni insindacabili, dall’impegno del Governo per l’ambiente e la digitalizzazione sino alla candidatura blindata della Raggi al Campidoglio.

Un Grillo che si è fatto attendere, ma che così può affidare a Conte e al direttorio un soggetto politico pronto anche a trasformarsi in altro, ma tutt’altro che velleitario nel guardare avanti, fino al 2050 e oltre se prevarrà il buon senso. E la voglia di dare battaglia alle destre e alle finte sinistre al servizio dei poteri finanziari invece che ai portatori di uno stesso sogno di equità e sostegno per tutti, di giustizia vera e difesa dell’unica Terra che abbiamo.

https://www.lanotiziagiornale.it/editoriale/segnali-di-saggezza-da-marte/

McKinsey&C., il ritorno del metodo Draghi. - Carlo Di Foggia

 

Recovery plan - Pd e FdI contro l’incarico ai colossi della consulenza, Orlando chiama Franco. Scenario che ricorda quello visto nella stagione delle privatizzazioni.

L’arruolamento di McKinsey sul Recovery plan imbarazza il governo e il ministero dell’Economia. La notizia che il gigante mondiale della consulenza aiuterà la cabina di regia insediata al Tesoro nel valutare i progetti da inserire nella versione finale del Piano di ripresa e resilienza (Pnrr) ha creato diversi malumori. Fratelli d’Italia, LeU e 5Stelle chiedono chiarimenti e presenteranno interrogazioni parlamentari per chiedere all’esecutivo di riferire alle Camere, ma anche il Pd è molto critico. “La governance del Pnrr è al Tesoro con la stretta collaborazione dei ministeri competenti aveva detto Draghi. Se lo schema è cambiato, va comunicato al Parlamento”, dice l’ex viceministro all’Economia, Antonio Misiani. Stessa linea dell’ex ministro per il Sud, Peppe Provenzano. “Se fosse vero sarebbe abbastanza grave”, dice Francesco Boccia. A quanto risulta al Fatto, il ministro del Lavoro e vicesegretario Pd Andrea Orlando ha chiamato ieri il titolare dell’Economia Daniele Franco per avere chiarimenti sul ruolo del colosso e ha chiesto un incontro quanto prima. Il centrodestra tace.

Nessuno sapeva dell’incarico, anche buona parte della tecnostruttura ministeriale era all’oscuro. Il Tesoro ieri ha spiegato in una nota che gli aspetti decisionali dei progetti restano in capo ai ministeri, ma la società avrà il compito di “elaborare uno studio sui piani nazionali Next Generation già predisposti dagli altri Paesi dell’Ue e fornire un supporto tecnico-operativo di project-management per il monitoraggio dei diversi filoni di lavoro per la finalizzazione del Piano”. Un incarico, se possibile, perfino più rilevante. Il contratto è però di 25 mila euro, soglia che non obbliga a fare una gara e nemmeno consultare altri concorrenti.

Lunedì Franco è atteso in audizione alle Camere dove sarà potrà chiarire diversi aspetti. I più critici puntano il dito sui guai del colosso (90 anni di storia, 10 miliardi di fatturato), che negli ultimi tempi è stato coinvolto in diversi scandali, dalla crisi dei farmaci oppioidi negli Usa (ha patteggiato una multa da 400 milioni), agli stretti legami con regimi autoritari come quello saudita di Mohammed bin Salman. McKinsey è stata poi arruolata da Macron per contribuire al piano vaccinale francese. Ma il discorso è più di sistema e riguarda il ruolo dei consulenti privati in una fase decisiva del piano che dovrà spendere 210 miliardi e regolare gli investimenti pubblici dei prossimi sei anni.

Appena insediatosi Draghi ha spiegato che il Pnrr lasciato dal governo Conte sarebbe stato rivisto dalla cabina di regia che coinvolge, tra gli altri, i ministeri della Transizione ecologica e di quella digitale. Il Parlamento sarebbe stato “informato costantemente”, ma le decisioni spettano a questa ristretta task force, supportata dai consulenti privati. McKinsey non è l’unico colosso coinvolto sul piano. Al lavoro ci sono anche i giganti della revisione come Ernest & Young e Pwc e il colosso Accenture, specializzato sul settore digitale (il capitolo vale il 20% dei fondi del Recovery). Molte delle “big four” (Kpmg, Deloitte, E&Y e Pwc) già lavorano con ministeri e Pa con appalti anche milionari. Stessa cosa vale per quelle della consulenza come Boston consulting, il cui managing director, Giuseppe Falco, sedeva nella task force presieduta da Vittorio Colao, oggi ministro della Transizione digitale ma cresciuto proprio in McKinsey, che avrebbe lavorato, insieme alle altre società, anche nella fase di redazione del famoso Piano Colao dell’estate scorsa, un embrione del Pnrr.

Di norma questi colossi lavorano nelle fasi preparatorie su singoli aspetti dei progetti, ora – ed è la vera novità del governo Draghi – vengono coinvolti nella fase più alta e finale delle decisioni, quella che conta. Si tratta di giganti con fatturati a sei zeri, i contratti poco onerosi per pagare i rimborsi spese mostrano che il vantaggio è di posizionamento: lavorare al più importante piano di investimenti pubblici degli ultimi decenni avendo accesso a un grande patrimonio informativo è il vero valore aggiunto di questi incarichi. Anche perché le grandi società lavorano soprattutto con i privati e i progetti vanno poi implementati e coinvolgeranno centinaia di imprese, dai grandi colossi alle Pmi.

D’altra parte l’uso esteso dei consulenti nelle grandi operazioni pubbliche che determinano le linee programmatiche per decenni è un po’ il modello Draghi da sempre, fin dalla grande stagione delle privatizzazioni di inizio anni 90, quando l’ex Bce – uno dei padri ideologici di quella fase – era direttore generale del Tesoro (lo diventa nel 1992 nel governo Ciampi). Un periodo in cui vennero assunti molti colossi in qualità di consulenti (“contractors”) per gestire le cessioni di pezzi dell’apparato industriale italiano, da Autostrade a Tim passando per l’Iri. Stando ai dati della Corte dei conti, per le 48 privatizzazioni direttamente effettuate dal Tesoro tra il 1994 e il 2008, si ricorse a 32 società a vario titolo (Advisor, Valutatore, Global coordinator, Intermediario) per un totale di 163 incarichi. Le operazioni di cessione dell’Iri furono 36, con dozzine di consulenti. Una lista che comprendeva i colossi del settore (Deloitte, Kpmg, E&y), ma anche società specializzate e numerose banche italiane ed estere, compresi i gruppi Usa Rotschild, Morgan Stanley e Goldman Sachs (che poi hanno aperto le porte ai dirigenti del Tesoro, lo stesso Draghi è finito poi in Goldman uscito dal ministero). Complessivamente, lo Stato spese per incarichi ai consulenti 2,2 miliardi di euro, quasi il 2% di quanto incassato dalle privatizzazioni (120 miliardi).

Analizzando i 15 anni di lavoro del “Comitato permanente di consulenza globale e di garanzia per le privatizzazioni”, dove Draghi sedette dal 1993 al 2002, in una corposa relazione la Corte dei conti nel 2012 ha stigmatizzato l’eccessivo ruolo riservato ai consulenti (“una cerchia alquanto ristretta”), accusando il comitato di essersi appiattito troppo sulle loro valutazioni generando spesso procedimenti caotici: “In alcuni dei casi esaminati – scrissero i magistrati contabili – si è avuta la conferma di una tendenza del Comitato ad avvalorare il parere già espresso dai consulenti dell’Amministrazione, finendo con l’assumere un ruolo quasi formale, senza svolgere sempre quella funzione incisiva di indirizzo che il quadro normativo gli attribuisce”.

Vale la pena di ricordare che oggi la partita del Recovery coinvolge le grandi partecipate statali e ammonta a 210 miliardi di euro. Il 2% stavolta varrebbe quattro miliardi.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/03/07/mckinseyc-il-ritorno-del-metodo-draghi/6125004/


Perché non parli? - Marco Travaglio

 

Non siamo così ingenui da meravigliarci se il governo Draghi assolda alcune multinazionali, tra cui l’americana McKinsey, per farsi assistere sul Recovery Plan. E non siamo neppure così sprovveduti da stupirci se i partiti che ieri accusavano Conte di “aggirare il Parlamento” (con la cabina di regia chiesta dall’Ue per monitorare spese e lavori, non per la stesura del Piano) e “sostituire i ministeri e le Camere con task force e consulenti” (dopo che il Parlamento aveva approvato la prima bozza e ricevuto la seconda) e oggi non muovono un sopracciglio sulla privatizzazione del Next Generation Eu. Lo stupore l’abbiamo esaurito e diamo tutto per scontato: anche il doppiopesismo della grande stampa, passata dall’imputare una “gestione personalistica e autoritaria” all’unico premier che parlamentarizzava il Recovery (tutto scritto dai suoi ministri) all’osannare il nuovo premier che “riscrive il Piano tutto da solo” e ora si scopre che si fa dare una mano da consulenti privati e stranieri, come se fosse ancora a Bankitalia o alla Bce.

Draghi però è persona seria e uomo di mondo, ergo deve conoscere il significato di “trasparenza”. O, per dirla più chic, “accountability”: il dovere di chi amministra la cosa pubblica e il denaro pubblico di render conto dell’uso che ne fa. Ora, per rendere conto, bisogna per forza parlare. Draghi non l’ha fatto sul suo primo Dpcm, mandando avanti Speranza e financo la Gelmini. Ma ora dovrà farlo su McKinsey&C., possibilmente in Parlamento dove – come gli ha ricordato l’ex sottosegretario Pd Antonio Misiani – aveva assicurato che “la governance è incardinata nel Mef in strettissima collaborazione coi ministeri competenti”. Ora si scopre che ci sono pure McKinsey e altre multinazionali ancora ignote. Contrattualizzate e retribuite con denaro pubblico. Chi le ha scelte? Con quali criteri? Perché quelle e non altre? A quali informazioni strategiche hanno accesso?. Perché non usare le strutture tecniche dei ministeri, della PA e delle partecipate di Stato (da Cdp a Invitalia)? Perché non fare un bando di gara per far emergere i migliori? È un caso che il ministro Colao venga da McKinsey? Perché nessuno l’ha comunicato al Consiglio dei ministri e al Parlamento, che l’hanno appreso da Fatto e da Radio Popolare, e solo dopo il Mef s’è affrettato a precisare l’incarico a McKinsey da 25mila euro (sotto la soglia per le gare), senza dire una parola sulle altre tre società ingaggiate? È vero, come dice il Mef, che McKinsey ha già studiato i Recovery Plan di altri Paesi Ue. Ma, come non dice il Mef, ha redatto pure il piano Saudi Vision 2030 di Bin Salman, quello del Nuovo Rinascimento renziano. Tutto normale?

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/03/07/perche-non-parli-2/6124985/