lunedì 7 giugno 2021

Lavoro, ambiente: Conte pronto a “sfidare” Draghi. - Paola Zanca

 

Prime mosse - Dopo il divorzio da Casaleggio, parte la “rifondazione”.

Alzati gli occhi dal proprio ombelico, i 5 Stelle dicono che la prima cosa da cambiare sarà al governo: niente più ambiguità su chi debba essere titolato a trattare con Mario Draghi, sarà l’ex premier a confrontarsi con l’attuale capo del governo sulle richieste del Movimento nell’esecutivo. E così, come oggi è in programma un incontro tra il presidente del Consiglio e il segretario della Lega Matteo Salvini, si intuisce che – dopo la prossima legittimazione della base – avverrà lo stesso con Giuseppe Conte. I due si sono già sentiti nei giorni scorsi, ma ora che la partita con Casaleggio si è chiusa e il voto sulla nuova piattaforma è vissuto come una formalità, l’ex premier è intenzionato a rimettere in fila un po’ di questioni, dopo settimane di sbandamento. Le schermaglie interne hanno inciso non poco nella tenuta dei gruppi parlamentari M5S e anche al governo è mancata un’interfaccia “ufficiale”: i rapporti tra Mario Draghi e il capo delegazione Stefano Patuanelli si sono decisamente raffreddati, non solo per le politiche anti-Covid prese dal governo appena insediato in materia di scuola, ma anche per la difficoltà a confrontarsi con un esecutivo in cui i testi dei decreti arrivano sul tavolo del Consiglio dei ministri senza che vi sia prima il tempo e il modo di ragionarne assieme. Non a caso, nelle ultime partite delle nomine, Draghi aveva individuato nel ministro degli Esteri Luigi Di Maio il suo interlocutore di riferimento.

Ora, ragionano nel Movimento, questa “ambiguità” verrà superata e sarà Conte a confrontarsi direttamente con il capo del governo. A cominciare da due dossier considerati di particolare urgenza. Il primo è quello che riguarda il lavoro, in particolare in merito alla fine del blocco dei licenziamenti e alle ripercussioni che avrà in materia di occupazione. L’altro è l’ambiente: se i Cinque Stelle sono entrati al governo in nome della “transizione ecologica”, è ormai evidente ai più che quello che gli è stato concesso non va oltre aver dato un nuovo nome al ministero. Le scelte del titolare della materia, quel Roberto Cingolani che Beppe Grillo presentò come “uno dei nostri”, si scontrano ormai quotidianamente con la svolta green che Conte va ripetendo di voler imprimere al M5S.

Infine, ma questa è faccenda delle ultime ore, l’ex premier ha spiegato ai suoi di voler chiedere chiarimenti a Draghi anche sul “conflitto di interessi” appena sancito dal decreto Semplificazioni, secondo il quale controlli e verifiche anticorruzione passeranno dalla gestione dell’Anac, autorità indipendente, agli uffici del ministero della Funzione pubblica: ovvero sarà il governo a controllare se stesso.

Sono questi, dunque, i primi tasselli che Conte ha intenzione di rimettere in sesto. L’obiettivo è chiudere le questioni interne quanto prima, ma – come ha ricordato ieri Vito Crimi – per modificare lo Statuto serve “un preavviso di convocazione di almeno 15 giorni rispetto alla data della votazione”. Prima le nuove regole andranno illustrate agli iscritti: era già stata organizzata una kermesse negli studi di Cinecittà, con interventi video di attivisti e portavoce, ma – ora che quasi tutta l’Italia sarà zona bianca – si è valutato di virare sulla piazza, anche se ancora non si è deciso quale. Il “trasloco” dei dati degli iscritti è in corso, a gestirli saranno una società informatica viterbese, la Isa srl, e un’altra azienda con sede a Roma, Corporate Advisors-Trust company, già citate nel provvedimento del Garante per la privacy che ha obbligato Casaleggio alla consegna dei dati. “Non fatemi fare l’avvocato perché altrimenti divento cattivo”, aveva confidato Conte ai suoi nelle lunghe settimane di trattativa. Alla fine, ha vinto la mediazione: a Casaleggio resta il marchio Rousseau, al M5S la libertà di superare “l’anomalia” di un fornitore di servizi che in realtà esercitava un condizionamento politico costante. Anche se forse, sono pronti a giurare, il desiderio di fare politica non gli passerà.

I PARERI

Cosa deve fare il nuovo leader M5S?

Obiettivi. Rianimare la collettività in coma, Amnistia per gli espulsi.

Giuseppe Conte non ha certo bisogno dei miei consigli e, infatti, ha già programmato un giro d’Italia estivo per ricordare chi sono i 5stelle ai tanti che pensano a un movimento in un declino inarrestabile, impegnato a dilaniarsi in squallide beghe da cortile. Inutile girarci attorno: dopo il tragico video di Beppe Grillo, le auto-flagellazioni non richieste di Luigi Di Maio, le risse mercantili con Casaleggio e Rousseau, i “non ci sto” dei Di Battista e associati, l’ex premier deve al più presto spendersi e spendere senza risparmio nome, esperienza e popolarità per rianimare una collettività politica in stato comatoso. Secondo. Una volta che l’M5S abbia ripreso i sensi occorre dare vita una normale struttura politica che preveda un dibattito interno trasparente e, quindi, la formazione di maggioranze e minoranze alla luce del sole. E quindi basta con la fenomenite di chi si reputa migliore del resto del mondo perché non è così. Terzo. Una grande amnistia secondo il precetto evangelico: lasciate che gli espulsi tornino a me. Amen.

Antonio Padellaro

Critiche. Non perdere tempo a scusarsi, anche se si resta al governo

Il movimento guidato da Giuseppe Conte non ha bisogno di passare il tempo scusandosi per quel che ha pensato o detto in passato, specie sulla giustizia, la povertà, la costruzione europea da riformare. Non porta fortuna essere riammessi nei salotti che comandano, come dimostrato dalla storia del Pd. Vale invece la pena riprendere le critiche radicali fatte all’Unione europea quando Conte negoziò il Recovery Plan e ottenne dalla Merkel, finalmente, l’accettazione di un debito comune e solidale. Il rischio, oggi, è che la parentesi virtuosa si chiuda, che Berlino torni all’ortodossia ordoliberale, all’austerità, al distruttivo scontro fra Stati creditori e debitori. Il rischio è quello di un’Europa neo-atlantica, che dilatando spese di difesa, commercio e armi, si unisca per strategie di regime change. Draghi è un garante di questa Restaurazione post-Covid, auspicata dall’ex ministro del Tesoro Schäuble. Tutto sta a non sprecare il tempo in autocritiche, anche se si resta nel governo.

Barbara Spinelli

Temi. Occupazione, green e salute: dia un motivo agli elettori per votare.

Un consiglio gratis a Giuseppe Conte: la smetta subito di parlare di dati degli iscritti, piattaforme telematiche, Carta dei Valori, Garante della privacy, debiti con Casaleggio etc. Non se ne può più. La trasparenza, certo; ma a forza di essere trasparente il M5S si sta avviando alla metafisica mentre il Governo dei Migliori fa cose politiche travestite da tecniche. Cominci a parlare dell’orizzonte politico: “lotta alle disuguaglianze socio-economiche” è vago. Se il Pd ha avuto un’idea (tassa di successione) può ben partorirne una anch’esso. Che si fa dopo lo sblocco dei licenziamenti? Il Jobs Act, modificato in parte dal dl Dignità, è ancora in vigore: non va abolito? Conte è stato rimosso perché un preciso gruppo di potere non voleva che gestisse i soldi del Recovery e che gli fosse riconosciuto il merito di aver portato l’Italia fuori dalla pandemia: capitalizzi quell’esperienza di Sanità pubblica e la faccia valere davanti a Draghi. E la Transizione ecologica (al nucleare)? Gli 11 milioni di elettori del 2018 devono avere motivi veri per votare M5S, non basta “perché il Pd è invotabile” o “perché l’alternativa è Salvini”, visto che adesso ci governano insieme.

Daniela Ranieri

Sondaggi. Per miracolo superano ancora il 15%: solo Conte può salvarli.

Ultimamente parlare di Movimento 5 Stelle non è solo noioso: è pure impossibile. Come fai a parlare del niente? Come lo racconti il sommamente evanescente? Servirebbe un filosofo, o meglio ancora un medium. Il M5S è entrato nel governo Draghi dopo una trattativa ridicola. Ha esultato pateticamente per la nomina del diversamente verde Cingolani, rivelatosi poi un ministro “grillino” quanto Gaia Tortora. Non sta toccando palla. Non ha anima. Non va in tivù per scelta (o per ammissione di evaporazione). Sui social è moscio come un post di Porro. Per mesi ce l’ha menata con la piattaforma Rousseau, per mesi ce la menerà (ancora!) col doppio mandato. Ha persino sdoganato il Ponte sullo Stretto e scoperto il fascino del garantismo in salsa Foglio. Noioso, esangue, caricaturale: il M5S è per distacco al suo minimo storico. Quindi tutto male? Tranne due aspetti. 1) Nonostante questa fase imbarazzante, stanno ancora sopra il 15%. 2) D’ora in poi deciderà tutto Conte. L’unico che può salvarli.

Andrea Scanzi

IlFQ

Ma mi faccia il piacere. - Marco Travaglio


Senti chi parla. “Basta con la barbarie giustizialista. Da troppo tempo i processi, prima che nei tribunali, vengono celebrati sulle pagine dei giornali, in televisione, nelle piazze” (Maria Elisabetta Casellati Alberti, FI, presidente del Senato, Stampa, 6.6). E chi era quella senatrice forzista che l’11 marzo 2013 manifestava in piazza davanti al Tribunale di Milano contro il processo Ruby che si celebrava regolarmente in aula? No, perché è proprio uguale uguale a lei.

Wazzamerega! “#ItalyGate is just fake news. Stupid fake news, not even funny. We believe in democracy, we are strong partners of USA, we don’t follow populism. #Friendship” (Matteo Renzi, Twitter, retwittato da Gianni Riotta, 6.6). Shish! Shock! Bichééése!

Gnammm! “Calenda: ‘Con il Pd, Sala e Carfagna può nascere il fronte repubblicano che sfida e batte i populisti’” (Repubblica, 6.6). Quindi molto meglio i populisti.

Totò premio Nobel. “Ho la sensazione, anzi è più che una sensazione, che siamo alla vigilia di un nuovo boom economico” (Renato Brunetta, FI, ministro Pa, Repubblica, 29.5). Mica per niente era lì lì per vincere il Nobel per l’Economia.

La gogna e la fogna. “Gogna e politica. Di Maio ha chiesto scusa e i giornali lo lodano. Quand’è che chiederanno scusa i giornalisti?” (rag. Claudio Cerasa, Foglio, 5.6). Tanto lui non c’entra.

L’imbucato. “L’ex portavoce di Forlani vittima di Mani Pulite: ‘Io, vittima della gogna, ora spero che si cambi’. Ci sono le condizioni’” (Enzo Carra, Giornale, 31.5). Per la cronaca, la vittima fu regolarmente condannata in via definitiva a 1 anno e 4 mesi per false dichiarazioni al pm sul caso Enimont.

Visioni. “Il direttore di Radio Maria: ‘Matteo ha fede, gli invio messaggi’” (Corriere della sera, 3.6). Ah, ma allora sei tu! Ora però smettila, perché quello ti scambia per la Madonna.

Pirlì. “Il Gay Pride mi ha sempre fatto schifo… Se dovessi avere un figlio omosessuale e lo vedessi su un carro del Gay Pride lo prenderei a calci nel culo con gli anfibi e gli spiegherei cosa significa essere omosessuali con dignità, senza bisogna di diventare un deficiente su un carro” (Nino Spirlì, Lega, presidente Calabria, La Zanzara, Radio24, 29.5). In effetti si può esserlo tranquillamente anche giù dal carro.

Fiatgolani. “L’auto elettrica non risolve tutti i problemi ambientali” (Roberto Cingolani, ministro Transizione ecologica, 26.5). Bene, così ci teniamo quelle a benzina e a gasolio.

Mercanti in Fiera. “La rivincita dell’Ospedale in Fiera. Nonostante le campagne diffamatorie ha curato 505 pazienti” Giornale, 5.6). Uno e mezzo al giorno: un trionfo.

Fracci e Betulle. “L’étoile morta a 84 anni: brava Carla Fracci, ma ci eri antipatica” (Renato Farina, Libero, 28.5). E lei che, poverina, era morta convinta di stare simpatica a Betulla.

Ossimori. “Sardegna zona bianca: discoteche riaperte, ma è vietato ballare” (Nuova Sardegna, 2.6). A pensarci prima, si potevano riaprire le piscine vietando di nuotare.

Psicogiustizia. “Alberi crollati, ora il processo al Campidoglio. I pm hanno chiuso le indagini nei confronti di sette funzionari” (Repubblica, 5.6). “Strage di alberi, il pm: ‘Processo al capo di gabinetto del Comune’” (Corriere della sera, 5.6). Si attende con ansia che arrivi l’autunno per il processo del secolo sulle foglie che cadono.

Bisogna accontentarsi. “Torna la politica, ma non con la ‘p’ maiuscola” (Roberto Formigoni, pregiudicato, Libero, 6.6). Per quella ci vorrebbero le sue tangenti con la “t” maiuscola.

Una bella perdita. “Lascio i 5S, non è più il Movimento. Nemmeno mio padre avrebbe riconosciuto questo partito. E se si cerca legittimazione in tribunale vuol dire che la democrazia interna è fallita” (Davide Casaleggio, Associazione Rousseau, 5.6). La democrazia interna è quella cosa dove comanda lui.

Il titolo della settimana/1. “Senza Conte si è potuto riaprire” (Massimiliano Fedriga, Lega, presidente Friuli Venezia Giulia, Verità, 6.6). Ma tu pensa: Draghi, col voto della Lega, ha richiuso l’Italia a marzo, ma Conte non l’avrebbe riaperta. Sicuro Fedriga di sentirsi bene?

Il titolo della settimana/2. “Nel derby fra giustizialisti e garantisti è in gioco la Costituzione” (Fabrizio Cicchitto, già tessera P2 numero 2232, Foglio, 5.6). Ma soprattutto il Piano di rinascita democratica.

Il titolo della settimana/3. “Perchè chi ritiene Vendola innocente non ha dubbi sui Riva patron dell’Ilva?” (Foglio, 2.6). Per la strage di Taranto si, non si esclude il suicidio di massa.

Il titolo della settimana/4. “L’invidia degli incapaci nei confronti di Formigoni” (Fausto Carioti, Libero, 3.6). Quei gelosoni non sanno nemmeno rubare.

Il titolo della settimana/5. “Sono anarchico, scomodo, non frequento salotti, non mi frega di piacere a tutti, non appartengo a nessuno” (Massimo Giletti, Sette-Corriere, 4.6). Uahahahahahah.

IlFQ

Coprifuoco a mezzanotte, altre 4 regioni bianche.

 

Verso ok luglio con più giovani vaccinati. Bianco altre 4 Regioni.


Altre quattro regioni si aggiungono alla parte bianca dell'Italia. Dopo Friuli Venezia Giulia, Molise e Sardegna, riaprono anche le neopromosse Abruzzo, Umbria, Liguria Veneto mentre nel resto dei territori, in zona gialla, il coprifuoco slitta di un'ora, a mezzanotte.

SCATTANO LE NUOVE REGOLE.   E nel Paese che riparte, presto potrebbe cadere l'ultimo divieto, quello di ballare: è previsto martedì prossimo un incontro sulle discoteche. I locali potrebbero ripartire a luglio, ma è quasi certo che sarà necessario avere il green pass soprattutto alla luce dello sprint sulla campagna vaccinale per i giovani.
Il Piano in queste ore continua a macinare record (1,2 milioni di dosi in 48 ore) e procede spedito più della nuova variante 'Delta' del Covid, che al momento spaventa invece la Gran Bretagna. Tutto per scongiurare il nuovo diffondersi di mutazioni che possano influire sui numeri dei contagi, che al momento sono in calo e non creano allarme. Nelle ultime 24 ore ci sono stati solo venti ingressi in terapia intesiva, che hanno riguardato in tutto dieci regioni. Valle d'Aosta, Molise e Basilicata non hanno più pazienti ricoverati in rianimazione e la media nazionale del 9% di occupazione di terapie intensive e reparti di medicina sta scendendo quindi drasticamente. Secondo i dati dell'ultimo bollettino, si aggiungono purtroppo altri 51 morti per il virus. I nuovi contagi sono stati 2.275 e il tasso di positività è dell'1,5%. In tutta Itaia i malati di Covid sono al momento 192mila.
"Le cose stanno andando bene e non dobbiamo continuare a preoccuparci di varianti", spiega il sottosegretario alla Salute, Pierpaolo Sileri, ma è necessario continuare a rispettare le regole e "tutti quanti dobbiamo sapere che il mese di luglio sarà la svolta completa e assoluta: avremo superato la metà della popolazione con almeno una dose di vaccino" e per settembre-ottobre si prevede di raggiungere una "protezione di comunità".
L'ultimo dossier ancora sul tavolo di tecnici e politici è quello della riapertura delle discoteche. Anche se non si sa ancora con certezza come e quando, le sale da ballo dovrebbero ripartire il prossimo mese. Ma già martedì prossimo in serata al ministero della Salute è previsto un incontro con i gestori dei locali sul tema, i cui risultati - come da protocollo - potrebbero essere riportati al ministro della Salute, Roberto Speranza, affinché possa infine valutare i tempi e i metodi più adeguati. Anche su questo il sottosegretario Sileri si dice convinto che il nodo sarà sciolto in tempi brevi: "Ho fatto una riunione con la direzione generale della prevenzione - spiega - facendo presente che se abbiamo un green pass dobbiamo crederci per avere accesso a una maggiore libertà. Dovremmo arrivare a un punto quanto prima in cui si può anche ballare se si è muniti di green pass. Usiamo il green pass, magari riduciamo le persone".
E sul rischio che si possano eludere le verifiche sul certificato verde, aggiunge: "se abbiamo più della metà della popolazione vaccinata e il numero dei giovani vaccinati continua a salire, le chance che si possa trovare qualcuno che sul green pass non viene controllato e che sia positivo sono estremamente basse".
Su questo fronte proseguono le ispezioni anche nei ristoranti. A Milano un bar tavola calda è stato chiuso dalla polizia perché ancora aperto alle 2 di notte mentre in quel momento all'interno c'erano ancora persone che stavano mangiando e bevendo, con musica ad alto volume. Nella località turistica di Lignano Sabbiadoro è stato invece attivato dalla Questura di Udine un dispositivo per la sicurezza e l'ordine pubblico per monitorare e 'arginare' i comportamenti di diverse centinaia di giovani turisti per lo più austriaci presenti nella località balneare friulana.  

ANSA

domenica 6 giugno 2021

Per la prima volta nella storia la società civile fa causa allo Stato italiano: “È inadempiente nel contrasto all’emergenza climatica”. - Luisiana Gaita

 

Il primo contenzioso climatico è portato avanti da 203 ricorrenti, tra associazioni e privati cittadini, tra cui il meteorologo Luca Mercalli: "Con una mano lo Stato promette transizioni verdi, con l’altra continua a sostenere le pratiche più perniciose per la natura".

Il primo contenzioso climatico della storia d’Italia: con una causa di fronte al Tribunale Civile di Roma la società civile fa causa allo Stato italiano, rappresentato dalla presidenza del Consiglio dei Ministri, affinché si assuma le sue responsabilità per l’assenza di politiche ambientali efficaci di fronte all’emergenza climatica. Tra i 203 ricorrenti, 24 sono associazioni, 17 minori (rappresentati in giudizio dai genitori) e 162 adulti. L’azione legale è promossa nell’ambito della campagna di sensibilizzazione intitolata evocativamente ‘Giudizio Universale’. Primo ricorrente è l’Associazione ‘A Sud’, da anni attiva nel campo della giustizia ambientale. “Dopo decenni di dichiarazioni pubbliche che non hanno dato seguito ad alcuna azione all’altezza delle sfida imposte dall’emergenza ambientale, la via legale è uno strumento formidabile per fare pressione sullo Stato affinché moltiplichi i suoi sforzi nella lotta al cambiamento climatico” spiega Marica Di Pierri, portavoce di ‘A Sud’ e curatrice del libro ‘La causa del secolo’ (Round Robin editrice) in uscita oggi. Tra i ricorrenti anche Luca Mercalli, presidente della Società Meteorologica Italiana. “Da decenni lo Stato italiano promette di ridurre il proprio impatto sul clima, di mitigare i rischi, di costruire resilienza verso le conseguenze del riscaldamento globale – sottolinea – ma alle parole non corrispondono i fatti, sempre insufficienti e sottodimensionati rispetto all’urgenza”. Non solo: “Mentre con una mano lo Stato promette transizioni verdi, con l’altra continua a sostenere le pratiche più perniciose per l’ambiente”. 

LA CAUSA – I ricorrenti sono stati assistiti da un team legale composto da avvocati e docenti universitari, fondatori della rete di giuristi Legalità per il clima. A patrocinare la causa gli avvocati Luca Saltalamacchia, esperto di tutela dei diritti umani e ambientali, e Raffaele Cesari, esperto di diritto civile dell’ambiente, assieme al professor Michele Carducci, dell’Università del Salento, esperto di diritto climatico. Questo giudizio si inserisce nel solco dei contenziosi climatici contro gli Stati che si stanno celebrando in tutto il mondo. Una quarantina i Paesi dove è stata avviata una causa. “Se la politica si rifiuta di proteggere il nostro diritto a un futuro vivibile, sarà la legge, attraverso la causa di Giudizio Universale, a obbligarla finalmente ad agire” commenta Filippo Sotgiu, portavoce di Fridays for Future Italia e ricorrente. 

LE RICHIESTE DEI RICORRENTI – L’obiettivo, dunque, è quello di chiedere al Tribunale di dichiarare che lo Stato italiano è responsabile di inadempienza nel contrasto all’emergenza climatica e che l’impegno messo in campo è insufficiente a centrare gli obiettivi. “Un’insufficienza – aggiungono i legali – che ha come effetto la violazione di numerosi diritti fondamentali”. Tra le argomentazioni della causa legale spicca, infatti, la relazione tra diritti umani e cambiamenti climatici e la necessità di riconoscere un diritto umano al clima stabile e sicuro. “Le conseguenze sanitarie delle variazioni climatiche hanno aspetti differenti in diverse aree geografiche ma coinvolgono tutti, indipendentemente dalla collocazione e dal livello economico o socio-culturale” spiega Agostino Di Ciaula, presidente Comitato scientifico ISDE Italia, secondo cui il risultato finale “è un progressivo incremento della vulnerabilità individuale e una progressiva riduzione delle capacità di resilienza, con le fasce più fragili della popolazione che pagano prima e più di altri costi elevatissimi”. Come spiegano gli avvocati, non si chiederà al giudice alcun risarcimento “ma piuttosto di ordinare allo Stato di abbattere le emissioni di gas serra per portarle ad un livello compatibile con il raggiungimento dei target fissati dall’Accordo di Parigi”. Nel dettaglio, con il ricorso si chiede che lo Stato sia obbligato “a ridurre le emissioni di gas a effetto serra del 92% entro il 2030 rispetto ai livello 1990, applicando il principio di equità e il principio di responsabilità comuni ma differenziate (Fair Share), ossia tenendo conto delle responsabilità storiche dell’Italia nelle emissioni di gas serra e delle sue attuali capacità tecnologiche e finanziarie attuali”. 

I DATI A SOSTEGNO – La percentuale di riduzione delle emissioni è stata calcolata da Climate Analytics, organizzazione indipendente per la ricerca sul cambiamento climatico, che ha realizzato uno specifico report per ‘A Sud’ sulla valutazione dei trend di riduzione delle emissioni nel nostro Paese. Secondo quanto emerge dal rapporto, seguendo l’attuale scenario delle politiche italiane, ci si attende che le emissioni al 2030 siano del 26% inferiori rispetto ai livelli del 1990. “Stando a queste proiezioni del governo – è la conclusione – l’Italia non riuscirà a raggiungere il suo modesto obiettivo di ottenere una riduzione del 36% entro il 2030 come stimato dal Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (Pniec). Tra i paesi europei che pianificano il passaggio dal carbone al gas, per esempio, l’Italia ha il più alto consumo di gas pianificato per gli anni 2020. E sebbene il nostro Paese stia puntando a una quota del 30% di energia rinnovabile nel consumo finale lordo di energia entro il 2030 “non ha attualmente le politiche in atto per raggiungere questo obiettivo”. Secondo i ricorrenti l’attuale obiettivo dell’Italia rappresenta un livello di ambizione così basso “che, se altri paesi dovessero seguirlo, porterebbe probabilmente a un riscaldamento globale senza precedenti di oltre 3°C entro la fine del secolo”.

IlFQ

Strage di Bologna, il conto di Gelli. Così ha usato 15 milioni di dollari. - Gianno Barbacetto


Come un diligente ragioniere di provincia, Licio Gelli teneva il suo documento più segreto accuratamente ripiegato nel portafoglio. Il Maestro Venerabile, volonteroso funzionario dell’eversione, aveva scritto su un foglio a quadretti, in parte a macchina e in parte a mano, in stampatello, una misteriosa contabilità divisa in nove colonne: data, motivo, importo, conto, note, e poi ancora data, note, importo. Ripiegato in tre, ha l’aria di quei libretti che i bambini fabbricano per gioco. Ma qui il gioco è pericoloso. Sulla copertina, il titolo è scritto a macchina a lettere maiuscole: “BOLOGNA-525779-XS”.

Questo libretto così infantile e così terribile – secondo la Procura generale bolognese – racconta i flussi dei soldi con cui Gelli ha finanziato la strage del 2 agosto 1980. Il “Documento Bologna” è stato per quarant’anni una prova dimenticata. Invisibile, come la “lettera rubata” di Edgar Allan Poe che nessuno vedeva eppure era ben esibita sopra il caminetto. A trovarla – anzi, ri-trovarla – è il sostituto procuratore generale Nicola Proto, che con il collega Umberto Palma e l’avvocato generale Alberto Candi l’ha scovata, ingiallita dal tempo, nell’Archivio di Stato di Milano, conservata insieme a centinaia di altri documenti del processo sul Banco Ambrosiano.

La stele di Rosetta e la finta corruzione del giudice.

Era stata estratta dal portafoglio di Gelli dopo il suo arresto a Ginevra, il 13 settembre 1982, e sequestrata dalle autorità svizzere. Per quattro anni era rimasta negli archivi elvetici e mandata in Italia il 16 luglio 1986, consegnata al giudice istruttore che stava indagando sul dissesto dell’Ambrosiano, Antonio Pizzi. Contrassegnata con il numero 27, è subito definita documento di “particolare interesse”. Eppure non si riesce a capirne il senso: “Bologna… non si riesce allo stato a dare un significato ben preciso”. A Gelli non vengono mai fatte le domande giuste. Adesso i magistrati bolognesi ritengono di aver interamente decifrato la stele di Rosetta della strage. Il numero 525779-XS indica un conto svizzero di Licio Gelli aperto presso l’Ubs. La denominazione “BOLOGNA” indica che lì è raccontata la storia dei soldi che finanziano la strage. Il documento allinea due flussi di denaro: il primo è chiamato “Dif. Mi” e si articola in sette operazioni bancarie tra il 3 settembre 1980 e il 15 febbraio 1981 per un totale di 10 milioni di dollari; il secondo è “Dif. Roma”, un flusso di 5 milioni di dollari che si muovono nei primi mesi del 1981. Che cosa significano “Dif. Mi” e “Dif. Roma”? E qui la storia si fa appassionante. Significano “Difesa Milano” e “Difesa Roma”. A Milano Calvi era indagato per violazioni valutarie, a Roma per concorso in bancarotta nel crac del gruppo Genghini. Il gatto e la volpe, Gelli e il suo compare Umberto Ortolani, riescono a convincere Calvi che grazie ai loro rapporti di loggia lo faranno prosciogliere, sia a Roma, sia a Milano. Ma le due operazioni hanno un costo: 10 milioni quella di Milano, 5 quella di Roma. Così il povero ragiunatt diventato padre-padrone dell’Ambrosiano risucchia 15 milioni di dollari dal Banco Ambrosiano Andino e li affida al gatto e alla volpe, che non li usano però per corrompere i giudici, come promesso, ma per finanziare se stessi e gli uomini della strage. A “UL” (cioè Umberto e Licio) vanno il 20% di “Difesa Milano” e il 30% di “Difesa Roma”: è la mediazione sul millantato credito, in cambio di una corruzione dei giudici solo promessa. È uno spettacolo di arte varia quello che il gatto e la volpe mettono in scena per convincere Calvi che stanno lavorando per lui: gli mostrano perfino una ricevuta bancaria per Ugo Ziletti, allora vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura. Tutto finto. Non pensano affatto ai guai giudiziari del ragiunatt. Hanno di peggio da fare. Il denaro comincia a correre. Parte il flipper. Il 22 agosto 1980, i 10 milioni della “Difesa Milano” transitano dall’Andino alla società Nordeurope, poi si dividono, metà alla Noè 2 e metà alla Elia 7 (due società di Ortolani), per ricongiungersi nel conto Ubs 596757 di Gelli. A settembre passano in tre conti Ubs: Bukada, Tortuga e il fatidico 525779-XS. I primi due sono di Marco Ceruti, fido braccio destro finanziario di Gelli e suo prestanome bancario; il terzo è di Gelli in persona. È il “conto Bologna”. Nel settembre 1981 altri milioni partono dall’Andino, passano per Bellatrix, arrivano a Antonino 13 (conto di Ortolani) e finiscono a Bukada (di Ceruti). Ora arriva il bello. I magistrati bolognesi e gli uomini della Guardia di finanza guidati dal capitano Cataldo Sgarangella vedono che i soldi di Calvi cominciano a muoversi dal 22 agosto 1980. La strage è del 2 agosto. E sul “documento Bologna” c’è qualcosa che non quadra: ci sono 1.900.000 dollari segnati con “dare a saldo” (nella colonna “Motivo”) e con “restano 1.900.000” (nella colonna “Note”). Come si spiega? Lo fa capire un bigliettino sequestrato a Gelli il 17 marzo 1981 nel suo ufficio di Castiglion Fibocchi, insieme a tanti altri documenti e alle liste della loggia P2. Il bigliettino è scritto a mano. Vi si legge: “A M.C. consegnato contanti 5.000.000 – 1.000.000” e “dal 20.7.80 al 30.7.80”.

Quel filo fino a “Zaff”, il capo degli Affari riservati.

Che cosa significa? “M.C.” è Marco Ceruti. Spiega in aula il capitano Sgarangella che c’era qualcosa di tanto urgente da costringere Gelli ad anticipare in contanti suoi, a luglio, quanto poi arriverà da Calvi e sarà recuperato solo a settembre, sul “conto Bologna”: il tesoretto per finanziare la strage. Un milione in contanti per gli stragisti tra il 20 e il 30 luglio 1980; più 850.000 per “Zaf” il 30 luglio; e 20.000 per “Tedeschi Artic”. Altri 4.000.000 affluiscono sui conti Bukada e Tortuga. Di questi, 340.000 vanno a Giorgio Di Nunzio – sostengono gli investigatori – per finanziare la strage. “Tedeschi” è Mario Tedeschi, allora parlamentare del Msi e direttore del Borghese, oggi accusato di essere uno dei mandanti, insieme a Gelli e insieme a “Zaff”, che riceve una bella fetta del denaro di Calvi: è “Zafferano”, ovvero Federico Umberto D’Amato, capo degli Affari riservati e gran gourmet noto per la sua incontenibile passione per lo zafferano e per i misteri neri d’Italia.

IlFQ

Armatevi e partite. - Marco Travaglio

 

Inuovi 5Stelle di Conte somigliavano ormai alla comica che Mannelli ricorda qui accanto: quella di Stanlio e Ollio in partenza che salutano tutti (“Arrivedooorci! Arrivedooorci!”) e non partono mai. Ne risentivano i sondaggi, per quel che valgono in questa morta gora. Ma soprattutto ne risentiva la democrazia, casomai fregasse ancora a qualcuno, orfana del partito di maggioranza privo di un capo, una linea, una voce. Ad approfittarne sono stati Draghi, gli altri ministri e partiti, passeggiando per 100 giorni sul cadavere dei 5Stelle. Si sono appropriati – come il cuculo che s’imbuca nel nido altrui, come il paguro bernardo che occupa la conchiglia altrui – delle migliori conquiste del Conte-2 (dal Pnrr alle misure anti-Covid, dall’avvio della campagna vaccinale all’assegno unico per i figli) come fossero roba loro. E altre le hanno smantellate: reddito minimo, blocco delle trivelle e dei fondi all’idrogeno blu, lotta all’evasione (un bel condono), 16 mila assunti nei tribunali, riforma del Csm. Che, nella versione Bonafede, vietava il rientro dei magistrati reduci dalla politica; ora, nella versione Cartabia, chi fa politica può tornare allegramente in toga dopo due anni (sai che paura). E tocca pure leggere su Rep: “Stretta sulle toghe in politica. Cartabia e il freno alle porte girevoli”. Sì, il freno della funivia di Stresa.

Un giorno, com’è già avvenuto col governo Monti, guarderemo indietro e rideremo di quanto fossero sopravvalutati i “migliori”: almeno quanto erano sottovalutati i “peggiori”. E quel giorno arriverà se e quando Conte, dopo l’accordo di divorzio da Casaleggio, riuscirà a dare forma e contenuti ai nuovi 5Stelle. Che, com’è già avvenuto col Pd di Zinga e con Leu, potranno contaminare in positivo anche gli alleati. Si spera in tempo per correggere la rotta del governo (che intanto sta demolendo pure i controlli anticorruzione affidandoli – non è una barzelletta – a Brunetta). E si spera in tempo per le elezioni, che al momento sono un cappotto assicurato delle destre: Lega e FdI sono in testa ai sondaggi, con tanti saluti a chi raccontava la favoletta che Draghi avrebbe seppellito il “populismo”. Non sappiamo se Conte, che da neofita ha offerto buone prove come premier, sarà all’altezza anche alla guida del M5S: come leader politico è ancora tutto da scoprire. Ma all’orizzonte non si vede nessuno che possa riuscirci meglio di lui. E, se qualche capetto o caperonzolo grillino pensa di presentargli il conto raccattando truppe mastellate per farsi le proprie correntine, non condannerà all’estinzione soltanto se stesso, ma anche i 5Stelle e – ciò che più conta – la speranza di molti italiani di non morire melonian-salviniani. Magari con B., o quel che ne resta, presidente della Repubblica.

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Blocco licenziamenti solo in Italia. Come funzionano le regole degli altri paesi. - Claudio Tucci

 

I punti chiave


In Italia si continua a discutere di blocco dei licenziamenti, con i sindacati che, a gran voce, chiedono al premier, Mario Draghi, di prorogare nuovamente la misura - un unicum a livello internazionale - fino al 31 ottobre.

L’esecutivo è diviso, e da palazzo Chigi difendono la faticosa mediazione messa a punto, sul solco delle esperienze europee, che prevede dal 1° luglio il blocco dei licenziamenti solo per quelle imprese, in difficoltà, che utilizzano la cassa integrazione scontata, senza cioè pagare i contributi addizionali.

Contrarie a nuove proroghe del divieto sono le imprese, che chiedono invece misure ad hoc per accompagnare (e non sprecare) questi mesi di ripresa.

IL CONFRONTO

Elasticità dell'occupazione rispetto al PIL. Dati in % - Fonte: elaborazione @AGarnero su dati OCSE

IL CONFRONTO

Noi e gli altri.

Ma negli altri paesi cosa è successo in quest’anno e più di pandemia? Grazie all’aiuto di Andrea Garnero, economista al dipartimento occupazione e affari sociali dell’Ocse, abbiamo provato a vedere un po’ anche “a casa degli altri”. Anche per comprendere, un po’ meglio, le critiche che la Ue ha sollevato nei giorni scorsi al blocco generalizzato dei licenziamenti italiano.

In Germania cig più generosa, in Francia più controlli.

Ma procediamo con ordine. La Germania, come moltissimi altri paesi Ocse, ad esempio, ha reso più generosa la cassa integrazione, ma non ha vietato i licenziamenti. Francia e Spagna hanno optato per una via intermedia, di aumento dei controlli e dei costi.

In Spagna, un lavoratore licenziato a causa del Covid-19 può andare dal giudice e far dichiarare il licenziamento nullo, con conseguente reintegra, o illegittimo, nel qual caso il dipendente riceve un compenso di 33 giorni di retribuzione per anno di lavoro.

La Francia ha messo in piedi un sistema di controlli rafforzati dei licenziamenti collettivi nelle aziende con più di 50 dipendenti da parte della Direccte, l’autorità alla quale queste aziende devono notificare l’intenzione di licenziare un lavoratore.

Il legame tra cig scontata e maggiore tutela dell’occupazione

In Europa, insomma, laddove si è messo in piedi un sistema di cassa integrazione generoso (e vantaggioso per le imprese) c’è stata una relativa stabilità dei contratti a tempo indeterminato. Ma al contrario la crisi si è abbattuta sui lavori precari: in molti paesi Ue si è assistito a un crollo delle assunzioni a tempo per i mancati rinnovi dei contratti a termine. Quindi, anche all’estero, come in Italia per diversi mesi, tante persone hanno perso il lavoro, ma non attraverso i licenziamenti.

L’esempio del Regno Unito.

I dati per ora sono parziali. Ma dall’Ocse confermano che in Francia e Regno unito i licenziamenti non sono schizzati al rialzo nei primi mesi di pandemia. Interessante è l’esempio inglese.

Qui, cioè nel Regno unito, dove licenziare è molto più semplice che in Italia e la maggior parte dei paesi Ocse, nei primi mesi dell’emergenza l’aumento dei licenziamenti è stato limitato, mentre ha cominciato ad accelerare significativamente in estate, quando il Job Retention Scheme, una sorta di cassa integrazione, è stato reso meno generoso.

Un altro segnale che il provvedimento davvero determinante in questi mesi è la Cig “vantaggiosa”: se le imprese, infatti, hanno accesso a questa Cig, non licenziano, perché licenziare costa in termini di procedure, indennizzi ed eventuali ricorsi. Del resto, la mediazione messa a punto dai tecnici di palazzo Chigi proprio a tutti questi esempi internazionali si è rifatta, legando la cig scontata al blocco dei licenziamenti.

L’impatto sul mercato del lavoro.

Ma queste diverse misure normative adottate oltralpe che impatto hanno avuto sui rispettivi mercati del lavoro? In altre parole, il mancato divieto generalizzato di licenziamento ha prodotto pesanti perdite occupazionali in Germania, Francia, Spagna, Regno Unito? Una prima risposta a queste domande è arrivata nei giorni scorsi dalla commissione Ue.

Che ha evidenziato come l’elasticità media totale dell’occupazione nell’Ue - che misura la reattività dell’occupazione ai cambiamenti dell’attività economica - sia stata di 0,25 nel 2020, rispetto a un’elasticità di 0,24 per l’Italia.

Per alcuni paesi, come Germania e Francia, l’elasticità dell’occupazione è ancora più bassa, ovvero quei paesi sono riusciti a contenere l’impatto sul mercato del lavoro senza ricorrere a misure restrittive come il divieto assoluto di licenziamenti.

In sintesi, il calo dell’occupazione rispetto al Pil in Italia è stato nella media europea e peggiore di Francia, Germania. È stato invece migliore di Portogallo e Spagna. Per tutti questi motivi, la commissione Ue ritiene che il divieto di licenziamento, più a lungo resti in vigore, «potrebbe addirittura rivelarsi controproducente poiché ostacola il necessario adeguamento della forza lavoro a livello aziendale».

IlSole24Ore