giovedì 24 novembre 2022

CORRUZIONE E EVASIONE: ECCO COSA PESA SULLE CASSE DELLO STATO. - Giorgio Fede

 

Mentre siamo costretti ad ascoltare menzogne su menzogne da questo governo del presidente Meloni in merito al #Superbonus e al #Redditodicittadinanza, perfettamente in linea col predecessore Mario Draghi, vi propongo ancora una volta la verità.

Le fonti sono la Guardia di Finanza e il Sole 24 Ore.
Negli ultimi 5 anni le frodi contro il bilancio dello Stato ammontano in totale a 34 miliardi di euro: come potete vedere, a gonfiare la cifra sono l'evasione, gli appalti truccati, la corruzione da parte di funzionari pubblici e le tangenti.
34 miliardi, una cifra enorme, l'equivalente di una legge di bilancio.
Soldi dei cittadini, soldi di ciascuno di voi che sta leggendo, che sono stati sottratti all’utilizzo collettivo a beneficio di pochi privati. Il Sole 24 ORE fa molti esempi interessanti.
Qui mi limiterò a ribadire un concetto molto semplice: questi sono i veri dati che dovrebbero allarmare un governo e non misure la cui bontà è stata riconosciuta a livello internazionale. Soprattutto se consideriamo che la capacità di riscossione di questo ammanco da parte dello Stato è di poco più di 2 miliardi in 5 anni.

mercoledì 23 novembre 2022

Guido Crosetto – Armi, affari e tweet: chi è consigliere fidato di Giorgia Meloni che è finito alla Difesa (con l’ombra del conflitto d’interessi) - Giuseppe Pipitone - 22.ott.2022

 

Cresciuto nella Dc, passato con Forza Italia con quattro legislature alla Camera e tre anni da sottosegretario, il neo ministro della Difesa (che in origine sembrava destinato allo Sviluppo economico) è uno dei pochi fondatori di Fdi che non è cresciuto nell'estrema da destra. Consigliere ascoltato dalla premier, è il volto moderato di Fdi nei salotti buoni. Da quando si è dimesso da deputato, nel 2019, si è dedicato agli affari: ha guidato aziende attive nel mondo delle navi da guerra, ma anche una srl familiare che si occupa di lobbying. Nel giorno della nomina al governo ha annunciato di voler lasciare ogni incarico.

Il primo tweet dopo la nomina doveva servire ad allontanare ogni accusa di conflitto d’interesse. O almeno a provarci. “Per tutti quelli che (non per amore) me lo stanno chiedendo, rispondo: mi sono già dimesso da amministratore, di ogni società privata (non ne ricopro di pubbliche) che (legittimamente) occupavo. Liquiderò ogni mia società (tutte legittime). Rinuncio al 90% del mio attuale reddito”, ha scritto Guido Crosetto, un minuto dopo che Giorgia Meloni ha letto il suo nome come nuovo ministro della Difesa. Non è bastato visto che, nel giorno della nascita del nuovo governo, in tanti ricordano il suo recentissimo passato – praticamente presente – da imprenditore attivo nel ramo Difesa: lo stesso delicatissimo settore che ora gestirà da ministro. Proprio per questo motivo i rumors della vigilia accreditavano Crosetto allo Sviluppo economico. Alla fine, però, al Mise è andato Adolfo Urso, che invece al contrario sembrava certo della nomina alla Difesa. E’ probabile che sul destino dell’ex presidente del Copasir abbia pesato la moglie, che viene dal Lugansk, repubblica russofona inglobata da Vladimir Putin. Dopo le “sparate” di Silvio Berlusconi sull’Ucraina e sull’inquilino del Cremlino, era dunque il caso di metterlo al vertice della Difesa italiana? Chissà, forse gli alleati atlantici non avrebbero gradito. In ogni caso Meloni ha deciso di dirottare Urso allo Sviluppo economico, che ora si chiama ministero delle Imprese e del Made in Italy. E ha preferito rischiare di prendersi le accuse di conflitto d’interessi (avanzate per esempio da Angelo Bonelli dei Verdi), pur di piazzare alla Difesa uno dei suoi consiglieri più fidati. Uno di quelli che sta in Fdi fin dal principio.

Il gigante e la bambina – All’inizio gli appassionati di Lucio Dalla se l’erano cavata senza troppa originalità: il gigante e la bambina li avevano ribattezzati. La bambina era Meloni, il gigante ovviamente era Crosetto, un uomo di quasi due metri che all’Auditorium Conciliazione, a Roma, si era caricato in braccio la piccola aspirante leader, oggi presidente del consiglio. Era il 2012 e stava per nascere Fratelli d’Italia: dal Pdl uscirono Meloni, Ignazio La Russa e tutta una serie di ex An che non avevano seguito Gianfranco Fini nello strappo di Futuro e Libertà. E poi c’era lui, il piemontese col fisico da gigante e il volto buono che veniva da tutt’altra storia: niente fiamme tricolori e botte giovanili, niente braccia tese, il culto di Giorgio Almirante e nostalgici souvenir del ventennio. Se La Russa faceva rissa nel Fuan degli anni di piombo e Meloni ha scalato Azione giovani nei primi Duemila, Crosetto, infatti, è cresciuto sotto la rassicurante ombra dello Scudo crociato. “Io ho la fortuna di essere stato democristiano, altrimenti pelato così chissà cosa mi direbbero…”, rivendicava su La7 con una mezza risata. Una battuta utile a difendere Meloni da chi ciclicamente insiste (o insisteva) chiedendole di prendere le distanze dal fascismo.

Il volto moderato di un partito non moderato – In effetti una delle cose che riesce meglio a Crosetto è proprio questa: offrire il suo corpo per difendere la ragazza della Garbatella che si è scelto come leader, in tempi non sospetti. Anni fa quando tutti parlavano ancora solo di Berlusconi e Matteo Salvini lui faceva notare come nei sondaggi Giorgia fosse avanti, anche se poi Fdi faticava a superare il 5 percento. I fatti gli hanno dato ragione: se oggi Meloni entra a Palazzo Chigi un po’ di merito è anche di Crosetto, il gigante buono che della capa di Fdi è ascoltatissimo consigliere. Da anni è Crosetto il volto moderato di un partito considerato troppo a destra: il profilo rassicurante, il mediatore, quello che ha accesso ai salotti bene e ha strappato alla Lega i voti degli imprenditori del Nord Ovest. La fonte che i giornalisti chiamano semplicemente per nome e il contatto al quale tutti possono sempre rivolgersi. Soprattutto ora che Fdi è la prima forza del Paese e “Guido” al telefono continua a rispondere a tutti. Tranne quando era all’estero e sosteneva di non saperne nulla delle trattative per la formazione del governo.

Lauree che non lo erano – Piccole bugie bianche. Come quando, meno di un mese fa, negava ogni ipotesi d’ingresso al governo. “Se aspetti me Ministro, muori di vecchiaia alla stazione”, scriveva sul suo seguitissimo profilo twitter (quasi 230mila follower). Dove ha dovuto aggiornare la sua biografia: “Libero da pregiudizi per convinzione, garantista per dna, conservatore per nascita, rispettoso per scelta. Ex tante cose. Ora uomo libero ed imprenditore”, è il modo con cui si presentava sul popolare social network, da quando – nel 2019 – riuscì finalmente a dimettersi dalla Camera al terzo tentativo. Da quel momento, pure senza mai lasciare Fdi, si è dedicato agli affari e ai commenti. Ogni giorno su twitter Crosetto spiega come la pensa su questo o quel fatto di cronaca politica, nera o sportiva: juventino, su twitter non si sottrae a risse e litigi a distanza. “Quando penso che una persona sia una ‘testa di beep‘ glielo dico tranquillamente”, spiegava al Sole 24 ore. Piemontese di Marene, provincia di Cuneo, dove ha fatto il sindaco per dieci anni e dove la sua famiglia produce rimorchi agricoli addirittura dal 1937, il gigante Crosetto comincia a interessarsi alla politica ai tempi dell’Università, leader del movimenti giovanili della Dc. Nel 1987, quando aveva solo 24 anni, Giovanni Goria, presidente del consiglio per nove dimenticabili mesi, lo vuole a Palazzo Chigi come consigliere economico. “Sì. Avevo 24 anni e mi ero appena laureato in Economia…”, raccontò lui a Sette del Corriere della Sera. E in effetti sul sito della Camera gli riconoscevano una laurea in Economia e Commercio che però, alla fine, lui non aveva mai preso. A scoprirlo fu un giornale locale piemontese, lo Spiffero. “Mi spiace. Ma lo ammetto: ho ceduto, sono stato debole… e ho raccontato una piccola, innocente bugia“, ammise Crosetto, che nel frattempo era già sottosegretario alla Difesa nel governo Berlusconi.

Gli affari: soprattutto nel settore armi – Con la fine della Balena Bianca, infatti, Crosetto aveva trovato riparo in Forza Italia: consigliere comunale a Cuneo, coordinatore regionale del partito e infine deputato per tre legislature. La quarta, dopo una pausa di cinque anni, è durata pochi mesi: nel 2018, ottenuto il seggio con Fdi, si dimette quasi subito per dedicarsi agli affari. Che affari? Armi soprattuto, ma anche turismo. Senza mai uscire da Fdi, infatti, dal 2014 Crosetto era senior advisor di Leonardo, l’ex Finmeccanica fiore all’occhiello del Paese. Ma era pure presidente di Orizzonte Sistemi Navali, società statale (controllata sempre da Leonardo e pure da Fincantieri) del settore delle navi da guerra, e al vertice dell’Aiad, la Federazione delle aziende italiane dell’Aerospazio. Incarichi dai quali ha annunciato di essersi dimesso, proprio nel giorno della nomina a ministro della Difesa.

Il conflitto d’interesse – Per provare ad allontanare ogni spettro di conflitto d’interesse, infatti, Crosetto aveva annunciato di volersi disfare anche la Csc & Partners Srl, società di lobbying che possiede in società col figlio Alessandro e la compagna Graziana Saponaro. Dopo un esordio record (fatturato da 272mila euro e utile da 179mila euro), il neo ministro ha fatto recentemente sapere – sempre via twitter – di volerla liquidare: “Sono fatto così male che adesso che una mia amica, che fino a due giorni fa non contava, conterà, ho deciso di liquidarla perché nessuno possa fare illazioni”. Ma con chi ha lavorato la Csc? Chi erano i suoi clienti? A questa domanda, posta dal Fatto Quotidiano, Crosetto non aveva voluto rispondere. E inevasa era rimasta anche la domanda sui suoi redditi. “Sarebbe più veloce chiedermi il 740, visto che sono solo redditi legittimi e corretti”, replicava sempre su Twitter. Adesso la sua dichiarazione dei redditi dovrà pubblicarla sul sito del governo.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/10/22/guido-crosetto-armi-affari-e-tweet-chi-e-consigliere-fidato-di-giorgia-meloni-che-e-finito-alla-difesa-con-lombra-del-conflitto-dinteressi/6846455/

Guerra in Ucraina - 20 novembre 2022


Gli Ucraini in questo momento stanno bombardando pesantemente la centrale nucleare di Zaporizhzhia. Dopo aver messo in scena un attacco sotto falsa bandiera con i missili sparati in Polonia per dare la colpa ai Russi, e tentare di tirare per la giacchetta la NATO dentro la guerra, continuano imperterriti nella strategia della provocazione per causare danni irreperibili. Il governo Ucraino a quanto pare non intende fermarsi. Continuare a bombardare una delle più grandi centrali nucleari presenti in Europa è una follia pericolosa che va fermata subito. Anche l'AIEA denuncia pesanti bombardamenti e chiede che vengano fermati subito; ma chissà perché, non rivolgono questo appello direttamente a Zelensky visto che ormai lo sanno anche i muri che la responsabilità di questi bombardamenti è la sua. Bisogna capire e anche in fretta che il più grande pericolo, oggi, si aggira dalla parte "buona" del mondo e ce l'abbiamo in casa nostra, quel pericolo è rappresentato dal governo Ucraino. I nostri governanti hanno creato un mostro che è totalmente sfuggito dal controllo occidentale, infatti il consigliere di Zelensky, secondo quanto riporta L'Ansa (non la Tass), definisce "bizzarri" e "senza senso" i tentativi dell'Occidente di tentare di far sedere gli Ucraini al tavolo delle trattative. I cretini della guerra hanno armato una combriccola pericolosa e l'hanno trasformata in un degli eserciti più forniti d'Europa. La Nato li addestra da ben 6 anni, e non lo dico io, ma lo dice un certo Biniek, ex vice comandante polacco della NATO. Hanno preparato tutto da tempi ormai remoti, ed il fatto che abbiano fatto tutto questo per una nazione non fa parte dell'alleanza atlantica, non fa parte dell'UE e mentre avevano una guerra civile al suo interno, la dice lunga su di chi siano le responsabilità maggiori dello scoppio di questo conflitto. È inutile girarci intorno per farsi belli con un conformismo che ci sta portando all'autodistruzione, bisogna dire le cose come stanno. Oggi il pericolo maggiore è rappresentato dal governo Ucraino. Dopo svariati attacchi terroristici, gli si sta abbuonando anche la storia dei missili sparati in Polonia, e lo si sta facendo in modo vergognoso. In modo vergognoso perché oggi, per non far ragionare la gente si questa questione, si parla di un singolo missile e non di due. Uno può sbagliare la traiettoria, ma due, caduti sullo stesso punto e nello stesso momento, come lo spiegate? Sicuro sia un errore? Questi non si fermeranno davanti a niente pur di causare qualche danno irreparabile all'intera Europa. La loro unica ossessione è distruggere la Russia per dare sfogo alla Russofobia che, anche l'Occidente ha ben inculcato a questa classe dirigente negli ultimi decenni. Vogliono estendere il conflitto e farlo a qualsiasi costo. Non hanno intenzione di trattare e lo dicono apertamente senza che nessuno osi sollevare la minima obiezione. Prendetemi per Putiniano o per spia del Cremlino, fate pure. Alla fine questa è solo la realtà che molti, o non riescono a vedere o peggio ancora fanno finta di non vedere!

(Giuseppe Salamone - fb)

giovedì 17 novembre 2022

Finiamola di sottometterci all’arroganza di Zelensky. - Massimo Fini

 

Adesso l’arroganza del presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha superato ogni limite: non si accontenta più di dettare l’agenda politica dell’Ue, ma vuole cancellare la cultura russa dall’Europa, la stessa pretesa di Putin con l’Ucraina. Come racconta Marco Travaglio […]
Adesso l’arroganza del presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha superato ogni limite: non si accontenta più di dettare l’agenda politica dell’Ue, ma vuole cancellare la cultura russa dall’Europa, la stessa pretesa di Putin con l’Ucraina.
Come racconta Marco Travaglio sul Fatto:
“Il console ucraino Andrii Kartysh ha intimato a Sala, a Fontana e al sovrintendente Meyer di cancellare la prima della Scala col Boris Godunov di Musorgskij e ‘rivedere’ il cartellone per ripulirlo da altri ‘elementi propagandistici’, cioè da opere di musicisti russi”.
Dà ordini perentori ai sindaci, ai presidenti di Regione, ai direttori artistici, vuole decidere lui, attraverso i suoi scagnozzi, quale deve essere il cartellone della Scala. La Scala, il più grande teatro al mondo di musica classica, di balletto, di operistica, dove sono stati messi in scena i maggiori compositori russi, da Tchaikovsky a Rimsy-Korsakov a Prokofiev a Khachaturian a Stravinsky, dove hanno ballato le più grandi étoile russe, da Rudy Nureyev a Baryshnikov e, per restare a casa nostra, sempre che rimanga tale, dove sono stati dati tutti i nostri grandi dell’opera, da Puccini a Rossini, da Verdi a Vivaldi, da Monteverdi a Bellini, dove hanno cantato Maria Callas e la Tebaldi.
Che cosa ci hanno dato gli ucraini in cambio? Zero, zero.
Volodymyr Zelensky è un filo-nazista, non perché lo ha bollato così Putin, ma perché una parte del suo popolo, sia pur carsicamente, lo è, non solo i miliziani del battaglione Azov che lo sono apertamente, sono inglobati nell’esercito regolare ucraino e vengono continuamente esibiti e magnificati dal loro presidente.
Infatti due settimane fa, come già l’anno scorso, il suo governo ha votato contro l’annuale risoluzione Onu che condanna l’esaltazione del nazismo: l’aveva già fatto l’anno scorso, insieme agli Usa, mentre stavolta Kiev si è tirata dietro i principali Paesi europei, Italia inclusa.
Quando in Ucraina c’era la Wehrmacht, con cui non si scherzava, gli ucraini sono stati attori, in proporzione, di uno dei più grandi pogrom antiebraici.
Volodymyr Zelensky gonfia il petto per la resistenza all’“operazione speciale” di Putin. Ma con le armi che gli hanno dato gli americani e disgraziatamente anche l’Unione europea, che continua a non capire dove sono i suoi veri interessi, pure il Lussemburgo avrebbe resistito al tentativo di occupazione russa.
Lo so, lo so che è obbligatorio premettere che qui c’è un aggressore, la Russia, e un aggredito, l’Ucraina.
Tutto vero, però queste sottili distinzioni non si sono fatte quando gli aggressori eravamo noi, Germania in parte esclusa, in Serbia 1999, in Afghanistan 2001, in Iraq 2003, in Somalia, per interposta Etiopia, 2006-2007, col bel risultato di favorire gli Shabab che hanno giurato fedeltà allo Stato Islamico, e infine in Libia, 2011, in una delle più sciagurate operazioni di alcuni Paesi Nato, Stati Uniti, Francia e Italia a governo Berlusconi.
Però solo Putin continua a essere massacrato dalla cosiddetta “comunità internazionale” che altro non è che il coacervo di Stati stesi come sogliole ai piedi degli States e che è sì internazionale, ma non è mondiale, perché a questa condanna sono estranei non solo la Cina e l’India, circa tre miliardi di persone, ma anche quasi tutti i Paesi sudamericani, tanto più che ora Lula ha cacciato a pedate il ‘cocco’ dell’Occidente, Bolsonaro.
Inoltre in questa damnatio memoriae qualche ragione ce l’ha anche la Russia di Putin. Non è rassicurante essere circondati da Paesi Nato e filo-Nato cioè, attraverso gli Stati Uniti, da Stati potenzialmente nucleari, oltre che dai nazisti ucraini.
Pistola alla tempia, io scelgo la Russia, anche l’attuale Russia, non l’Ucraina. E forse faccio anche a meno della pistola.
F.Q. 17 novembre

venerdì 11 novembre 2022

Ecco chi finanzia i partiti (e l’incredibile caso dell’ex eurodeputata di Forza Italia) - Carmine Gazzanni e Stefano Iannaccone – tpi.it















Imprenditori che finanziano tanto a destra quanto a sinistra, associazioni, società e multinazionali. Addirittura scuole e ovviamente gli stessi parlamentari. Senza dimenticare chi intanto è diventato ministro. Nell’ultimo periodo e a cavallo tra le elezioni politiche e la formazione del governo di Giorgia Meloni, sono continuati a piovere sui principali partiti italiani lauti finanziamenti, che in parte evidentemente sono serviti a coprire le ultime spese di campagna elettorale, in parte serviranno per affrontare i prossimi impegni con le amministrative.

Uno e trino

Tutto lecito, per carità, e tutto trasparente. TPI ha infatti consultato il documento relativo alle «erogazioni ai partiti e ai movimenti politici iscritti nel registro nazionale», da cui ad esempio emerge come Azione, tanto durante la campagna elettorale quanto dopo, ha attratto tante società private. Il 26 settembre, dunque un giorno dopo le politiche, la società immobiliare Ipi spa ha versato ben 30mila euro al partito di Carlo Calenda. Nei giorni precedenti, invece, a staccare un assegno erano state altre grandi imprese attive nel mondo dell’edilizia come la Bononia Holding (10mila euro), la Mst spa e la Stella Holding (entrambi 20mila euro). Qualche giorno prima però, precisamente il 12 settembre, a versare 2mila euro è stata un’altra imprenditrice, Luisa Todini. Il nome è di quelli che contano. Parliamo dell’ex eurodeputata dal 1994 al 1999 (con Forza Italia), oltreché in passato consigliera di amministrazione in Rai (dal 2012 al 2014) e presidente di Poste Italiane (dal 2014 al 2017). La vera curiosità, però, è che la Todini non ha pensato soltanto ad Azione. Risultano, infatti, a suo nome e nello stesso giorno altri due bonifici, sempre di 2mila euro: uno a Fratelli d’Italia e uno a Italia viva. Tanto per non farsi mancare nulla. E a proposito del partito di Matteo Renzi, anche qui sorgono interessanti curiosità. A cominciare dal fatto che, in mezzo a tante elargizioni di privati e società, sempre il 12 settembre a finanziare Iv è stato un imprenditore monegasco di origini italiane: Manfredi Lefebvre d’Ovidio, uomo d’affari miliardario (ad agosto 2022 il suo patrimonio netto era stimato in 1,3 miliardi di dollari), presidente ed ex proprietario della società di crociere di lusso Silversea Cruises, che ha deciso di riprendere in mano le sue origini finanziando il partito di Renzi con un bonifico da 100mila euro.

Cavalieri e giocatori.

Non è stata da meno, spostandoci sul fronte del centrodestra, anche Forza Italia. Negli ultimi giorni di campagna elettorale, tanto per dire, sono arrivati importanti bonifici, come quello da 100mila euro risalente all’8 settembre dell’Ares Safety, società impegnata nel mondo dell’abbigliamento sanitario. Ad esempio? I tanto famigerati dpi, a cominciare dalle mascherine. Dopo 4 giorni altro contributo da 100mila euro, questa volta dalla Eurozona srl, impegnata sempre nel mondo dell’edilizia. Esattamente come la Ipi spa che già abbiamo incontrato parlando di Azione. Tra i beneficiari dei contributi della società per azioni non c’è solo Calenda ma anche Berlusconi: risultano, infatti, due elargizioni, una del 20 settembre (25mila euro) e una subito dopo il risultato elettorale, il 26 settembre (10mila euro). D’altronde i versamenti sono continuati anche dopo la vittoria della coalizione del centrodestra. Un altro esempio? Gli ulteriori 10mila euro che il 27 settembre ha versato l’Associazione nazionale Sapar. Ovvero, l’associazione nazionale dei gestori del gioco di Stato che, nonostante sul sito si professi «assolutamente apolitica», ha deciso di foraggiare il partito di Silvio Berlusconi.

Scuole “leghiste”.

A questo lungo elenco ovviamente non poteva mancare Fratelli d’Italia. Che a quanto pare piace a mondi profondamente diversi l’uno dall’altro. Spiccano, ad esempio, i 30mila euro del gruppo Cremonini, leader nel settore alimentare, o di quelli della Eurologistics, che si occupa di locazione di immobili. Curiosi, a proposito dell’imparzialità politica delle associazioni di categoria, anche i 3mila euro della Federalberghi di Roma. A proposito di ricettività, però, il partito di Giorgia Meloni piace anche alla Bassani srl, società attiva proprio nel mondo del turismo, che ha versato il 22 settembre altri 10mila euro al primo partito d’Italia. E la Lega di Matteo Salvini? Accanto a privati cittadini e società, piace anche agli istituti scolastici. Qualche esempio? Il 26 settembre (dunque un giorno dopo le elezioni politiche) l’Istituto paritario “Del Majo” di Pagani in provincia di Salerno ha versato la bellezza di 25mila euro alla Lega. E non è proprio una novità. Agli inizi di settembre, infatti, a foraggiare Salvini con 50mila euro era stato l’Istituto scolastico “Cesare Brescia”. La particolarità? Parliamo sempre di una scuola campana, essendo l’istituto di Pompei. Su qualche punto, insomma, è riuscito a conquistare i cuori meridionali. Altra coincidenza è quella del 5 settembre: 20mila euro sono arrivati dall’Irsaf, Istituto di Ricerca scientifica e di alta formazione. Una delle sede principali? A Caserta. Ma non è tutto. In mezzo a tutte le altre elargizioni spiccano i 50mila euro versati il 6 settembre dalla Sostenya Green srl che a quanto pare si occupa di green economy. Tema in cui crede fortemente, dato che il giorno prima ha versato altri 30mila euro a Italia viva. Tanto per dimostrarsi bipartisan.

Ministri benefattori.

Le curiosità scorrendo gli elenchi dei “benefattori” dei partiti, però, sembrano non finire mai. E così si scopre un altro dettaglio. Molti dei politici e dei principali personaggi politici della XIX legislatura hanno finanziato i rispettivi partiti proprio in questo periodo, a cavallo delle elezioni e dunque poco prima delle nomine (o delle elezioni) che li hanno toccati. Prendiamo il ministro Gilberto Pichetto Fratin, oggi a capo del dicastero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica. Ebbene, dopo aver finanziato Forza Italia con 900 euro, a inizio settembre risulta un assegno di 20mila euro. Il 14 settembre, invece, risulta un bonifico di 10mila euro di Giovanbattista Fazzolari, oggi sottosegretario per l’attuazione del programma, a Fratelli d’Italia; qualche giorno prima (l’8 settembre) 8mila euro del nuovo presidente del Senato, Ignazio La Russa. Il 20 settembre, invece, è toccato a Nello Musumeci, neo-ministro del Mare, che ha versato 5mila euro. Tutti contributi, ovviamente, legittimi e inevitabili per chi è iscritto a un partito. Certo, in altre circostanze più e più volte si sono accumulati ritardi nei pagamenti che invece dovrebbero essere mensili. Restano, insomma, le curiosità della mole dei finanziamenti e, soprattutto, delle tempistiche.

https://infosannio.com/2022/11/11/ecco-chi-finanzia-i-partiti-e-lincredibile-caso-dellex-eurodeputata-di-forza-italia/

SOVRANISTA A CHI? - Marco Travaglio

 

La figuraccia sui migranti del nostro governo finto sovranista, che fa la faccia feroce con 3-4 navi di Ong con poche centinaia di persone dicendo che non sbarca nessuno, poi distingue tra “fragili” e “carichi residuali”, infine fa sbarcare tutti, mentre tutt’intorno ne arrivano a migliaia su mercantili e barchini e, appena toccano il suolo italiano, ricevono il foglio di via e diventano uccel di bosco, intanto si vanta di avere spezzato le reni alla Francia perché Macron apre un porto a quattro gatti, rischiava di costare caro a Meloni.
Ma la sua fortuna sono i finti antisovranisti europei, molto più sovranisti di lei, che lavorano per lei da prima del voto.
Tipo Macron che, dopo aver cambiato idea tre volte
(sì all’Ocean Viking a Marsiglia, anzi no, anzi sì ma a Tolone),
la attacca (“scelta inaccettabile e incomprensibile”), blocca 3500 rifugiati dall’Italia, invita gli altri governi a imitarlo e schiera 500 uomini al confine.
Il tutto perché Roma osa fare un po’ meno di quello che fa usualmente Parigi.
Che, oltre a proteggere i nostri assassini latitanti, chiude ai migranti i porti e le frontiere di Ventimiglia e del Frejus, insegue e incrimina volontari che assistono donne straniere incinte,
deporta migliaia di rifugiati oltre i nostri confini scaricandoli nottetempo come “carichi residuali” nei boschi di Claviere,
per giunta violando la sovranità italiana.
Nel 2018, quando Macron provò a insegnare l’accoglienza al governo Conte-1, la socialista Martine Aubry insorse:
“Come osi dare lezioni agli altri, quando la Francia è tra i Paesi che fa meno per i rifugiati?”.
Ora tutti inneggiano a Macron capo della resistenza antisovranista, mentre sui migranti e tante altre cose è sovranista quanto Scholz sull’energia e Orbán sui migranti e l’energia.
Un bel regalo a Meloni, che può spacciare la figuraccia per un complotto dell’Ue anti-italiana.
E gabellare se stessa per sovranista, cosa che non è più da quando si è consegnata mani e piedi a Biden per avere il permesso di governare in pace senza uno dei soliti golpettini bianchi made in Usa.
Ieri infatti non ha fiatato quando il console ucraino Andrii Kartysh ha intimato a Sala, a Fontana e al sovrintendente Meyer di cancellare la prima della Scala col Boris Godunov di Musorgskij e “rivedere” il cartellone per ripulirlo da altri “elementi propagandistici”, cioè da opere di musicisti russi.
Tutti putiniani come Musorgskij, nato nel 1839 e morto nel 1881, oltre un secolo prima che Putin salisse al potere.
Un premier sovranista suggerirebbe a questo svalvolato e a chi ce l’ha mandato di non permettersi mai più simili scemenze e di rivolgersi a un bravo psichiatra.
Invece c’è pure il caso che, nella nuova culla del sovranismo, alla prima della Scala l’opera di Musorgskij venga sostituita in corsa dalla fiction di Zelensky.

ILFQ

sabato 5 novembre 2022

Stragi del 1993: spariti gli atti dell’inchiesta su B. e Dell’Utri. - Marco Lillo

 

LA MANINA - Violato il plico spedito da Firenze a Roma. Scomparse le informative della Dia segrete per gli indagati. I pm : “Violazione di corrispondenza con aggravante di mafia”

Le carte delle indagini sulle stragi di Firenze e Milano del 1993 sono sparite dal fascicolo fiorentino che ora si trova in Cassazione. Una manina ha aperto il plico inviato dal Tribunale di Firenze alla Suprema Corte e le ha estratte. Il fascicolo dal quale provengono le carte è il 4703 del 2020, con indagati Marcello Dell’Utri e Silvio Berlusconi, pendente in Procura a Firenze. Mentre il fascicolo dal quale sono state sottratte è quello pendente in Cassazione, sull’annullamento delle perquisizioni a Nunzia e Benedetto Graviano, fratelli non indagati del boss Giuseppe Graviano già condannato per le stragi molti anni fa.

La sparizione è un fatto inquietante, che la Procura di Firenze prende molto sul serio. I pm indagano per articolo 616 c.p con aggravante ex art. 7, cioè violazione e sottrazione di corrispondenza con aggravante di mafia.

La questione è delicata non tanto per le carte (erano copie e il fascicolo è stato già ricostruito) ma per il contenuto delle carte.

Oltre al ricorso dell’avvocato Mario Murano, difensore dei terzi perquisiti, oltre al provvedimento del Tribunale, tra quelle depositate e sparite ci sono le carte dell’indagine su Berlusconi e Dell’Utri. Gli atti dell’indagine per le stragi sono segreti per gli indagati ed erano state inserite nel plico diretto alla Cassazione perché inviate con un altro fascicolo (quello sul sequestro) e perché in precedenza erano state già messe a disposizione del legale di Nunzia e Benedetto Graviano, non indagati.

Una manina è riuscita ad aprire il plico e qualcuno, evidentemente ben informato sul suo contenuto, ha trafugato gli atti.

La necessità di ricreare il fascicolo a causa della sua sottrazione parziale è stata comunicata all’avvocato Mario Murano. Il legale della famiglia Graviano, nel procedimento incidentale nel quale è avvenuta la sottrazione dei documenti, ha ripresentato il ricorso con un po’ di stupore. Non capita spesso che un plico in viaggio tra Tribunale e Cassazione sia aperto da qualcuno che asporta anche i documenti più delicati. A rendere inquietante il tutto è la delicatezza dell’indagine ‘madre’.

Il plico violato conteneva le informative della Direzione investigativa antimafia su Berlusconi e Dell’Utri. In quelle carte si descrivono gli indizi che hanno portato a ritenere possibile un legame tra mondi lontanissimi, come gli autori della stagione stragista del 1993 e i protagonisti di quella stagione politica, tra il boss Graviano e i due fondatori di Forza Italia.

Inoltre nel plico aperto c’era una consulenza recente di due esperti in materia bancaria sui flussi finanziari dell’inizio della storia del gruppo Berlusconi negli anni Settanta.

C’erano poi le informative con le deposizioni su mafia e politica di alcuni collaboratori di giustizia.

Quando si scrive di questa indagine è sempre bene ribadire che Berlusconi e Dell’Utri sono già stati indagati e prosciolti su richiesta della stessa Procura di Firenze altre tre volte negli anni 90, 2000 e 2010. Questa è la quarta volta che vengono iscritti e a breve i pm dovranno decidere se prosciogliere ancora o provare a concretizzare accuse (sempre negate dai protagonisti) tanto enormi e antiche da imporre in questo caso una presunzione di non colpevolezza al cubo. In questo caso poi sono anche le prime vittime della violazione della corrispondenza tra uffici giudiziari.

L’inchiesta punta a capire se ci fossero dei concorrenti esterni dietro ai boss della mafia già condannati per la strage di via dei Georgofili a Firenze del 27 maggio (cinque morti), quella di via Palestro del 28 luglio a Milano (cinque morti), il duplice attentato alle Basiliche di Roma avvenuto la stessa notte e per gli attentati falliti contro Maurizio Costanzo il 14 maggio 1993 e contro i carabinieri e i tifosi allo Stadio Olimpico il 23 gennaio 1994.

L’inchiesta è stata riaperta a metà del 2020 a seguito delle parole di Giuseppe Graviano. Il boss di Brancaccio, 59 anni, recluso al 41-bis dal 1994 per le sue condanne definitive all’ergastolo anche per quelle stragi, durante il processo “’Ndrangheta stragista” ha detto di avere incontrato più volte Berlusconi (non Dell’Utri) persino durante la latitanza. Le sue dichiarazioni, poi ampliate negli interrogatori in carcere davanti ai pm di Firenze, provengono da un mafioso mai pentito, che nega persino la sua responsabilità nelle stragi e comunque non coinvolge né Berlusconi né Dell’Utri in quei fatti. Però la Dia mette insieme le recenti dichiarazioni di Graviano con i video delle conversazioni del boss del 2016-17 in cella con il detenuto Umberto Adinolfi.

Secondo la Dia, quando a bassa voce parlava con l’amico detenuto, Graviano faceva intendere che aveva fatto una cortesia a Berlusconi e che quella cortesia potesse essere un evento esplosivo. Anche quell’informativa della Dia era contenuta nel fascicolo violato da una manina ignota.

Gli atti dell’indagine segreta sono giunti in Cassazione, perdendo il connotato della segretezza per questo particolare procedimento, per una questione incidentale.I fratelli di Giuseppe Graviano, Nunzia e Benedetto, pur non essendo indagati sono stati perquisiti dai pm alla ricerca di riscontri alle dichiarazioni di Graviano su Berlusconi. Il loro avvocato, Mario Murano, ha presentato ricorso al Tribunale del Riesame per chiedere l’annullamento dei sequestri e delle perquisizioni, sostenendo che i suoi assistiti nulla c’entrano con quelle vicende. Contro il diniego del Riesame, Murano ha fatto ricorso in Cassazione ottenendo l’annullamento con rinvio dell’ordinanza del Tribunale. A giugno, però, il Tribunale del Riesame ha insistito sulla sua posizione ribadendo con un nuovo provvedimento che il sequestro dei pm va confermato.L’avvocato Murano ha presentato un nuovo ricorso e stavolta i pm, per convincere la Corte che il sequestro va confermato e che l’inchiesta è basata su elementi importanti, hanno depositato in Tribunale le carte poi inviate in Cassazione, come dichiarazioni di collaboratori, consulenze contabili, informative eccetera.Quando l’ufficio apposito della Cassazione stava procedendo all’iscrizione del ricorso per la trattazione, i funzionari di cancelleria si sono accorti che il plico era stato aperto e mancavano molte carte. Di qui l’invito all’avvocato Murano di ri-depositare il ricorso in Tribunale. Anche la Procura di Firenze ha dovuto rifornire al Tribunale le carte sparite. A questo punto i magistrati, sia a Firenze sia a Roma, vogliono capire cosa sia successo. La violazione del plico può essere accaduta a Firenze, a Roma o durante il trasferimento. Il fascicolo è stato ricostruito con le copie. Il procedimento sul ricorso contro il sequestro ai danni dei familiari non indagati di Graviano è ripartito con ritardo. Il ricorso dell’avvocato Murano risale a luglio ma è stato iscritto a ruolo solo il 29 ottobre.