lunedì 11 ottobre 2021

I no al vaccino costano alla Sanità 70 milioni al mese. - Francesca Cerati

 

(illustrazione di Laura Cattaneo)

La ricerca di Altems-Università Cattolica di Roma fotografa anche l’andamento settimanale sia dell’infezione sia dei ricoveri tra chi è vaccinato e chi no. Il 92% avrebbe potuto evitare la terapia intensiva.

In un solo mese (dal 13 agosto al 12 settembre 2021), i ricoveri per Covid-19 dei pazienti non vaccinati sono costati al Servizio sanitario nazionale 70 milioni di euro. È quanto emerge da una nuova analisi, elaborata in esclusiva per Il Sole 24 Ore, dell’Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari dell’Università Cattolica di Roma (Altems). La cifra non include il costo delle cure di follow-up o le prestazioni mediche a lungo termine, noto come Long Covid.

«Partendo dai dati forniti dal Bollettino sulla sorveglianza epidemiologica del Covid-19, rilasciato settimanalmente dall’Istituto superiore di sanità, abbiamo calcolato i costi del paziente ricoverato in ospedale (in Area medica, come Medicina interna, Pneumologia, Malattie infettive) e il paziente ricoverato in terapia intensiva (in Area Critica) per mancata vaccinazione – premette Americo Cicchetti, direttore di Altems – Il costo giornaliero di ospedalizzazione è stato stimato pari a 709,72 euro, mentre quello in terapia intensiva è pari a 1.680,59 euro».

Nell’analisi, Altems ha differenziato, in base alla gravità del paziente, anche la degenza media: pari a 11,3 giorni per i pazienti ricoverati in Area medica e 14,9 per coloro che transitano dalla terapia intensiva.

Infezioni e ricoveri.

Ma la ricerca fotografa nel dettaglio anche l’andamento settimanale dell’infezione e dei ricoveri tra chi si è vaccinato e chi no.

«Valutando sempre l’incidenza settimanale ogni 100mila abitanti, calcolata tenendo separate la popolazione non vaccinata, vaccinata incompleta e vaccinata (si veda la tabella sopra), è possibile vedere che siamo di fronte a due pandemie diverse che corrono assieme - commenta Cicchetti -. Le infezioni nella popolazione vaccinata si fermano a 28,29, mentre nella popolazione non vaccinata l’incidenza è pari a 159,74».

«Sotto il profilo delle ospedalizzazioni - continua Cicchetti - considerando i non vaccinati - ogni settimana su 100mila abitanti - 12,58 persone finiscono in Area Medica e 1,44 in terapia intensiva. Gli stessi parametri applicati ai vaccinati scendono a 1,58 in Area medica e 0,11 in terapia intensiva». Ma c’è un altro dato che emerge dalla ricerca da considerare: l’87% dei non vaccinati ospedalizzati non sarebbe stato ricoverato in ospedale se avesse fatto la vaccinazione e il 92% avrebbe evitato il ricovero in terapia intensiva.

«Gli ospedalizzati non vaccinati evitabili, nel periodo considerato, cioè dal 13 agosto al 12 settembre, sono ben oltre 6mila (5.932 in area medica e 715 nell’area critica, ndr) - conclude Cicchetti -. Quindi, se ogni paziente non vaccinato ospedalizzato ha un costo medio pro capite pari a 17.408 euro, il totale dei costi ammonta a 69.894.715 euro di cui, 51.166.079 euro per le ospedalizzazioni in Area Medica e 18.728.636 euro per le ospedalizzazioni in terapia intensiva».

Da un’analoga indagine condotta negli Stati Uniti, 15 giorni fa, è risultato che i ricoveri prevenibili per Covid tra i non vaccinati sono costati negli ultimi tre mesi (giugno-agosto) al Sistema sanitario americano 5,7 miliardi.

Nei prossimi mesi le stime dei costi dovranno comprendere anche l’impatto del Long Covid, cioè gli strascichi che l’infezione lascia anche a mesi di distanza dalla guarigione. Un primo segnale arriva dal Cardarelli di Napoli, dove si sono riuniti gli esperti provenienti da tutta Italia che confermano un aumento dei casi di cardiopatia dilatativa post Covid. «Iniziamo ad avere un quadro chiaro del danno prodotto dalla pandemia e stiamo registrando una vera e propria emergenza per quel che riguarda questa malattia, che in ambito cardiologico potremmo definire la malattia del futuro», ha detto Ciro Mauro, direttore della struttura complessa di Cardiologia con Utic del Cardarelli di Napoli. E poi ci sono le complicanze neurologiche, dall’alterazione combinata dell’olfatto e del gusto (che colpisce il 40% circa dei pazienti) all’encefalopatia acuta, che riguarda secondo l’analisi preliminare italiana dello studio Neuro-Covid (condotto a Milano dall’Università Bicocca, dall’Università Statale e dall’Istituto Auxologico), circa il 25% dei pazienti.

IlSole24Ore

Potente esplosione solare, nube di particelle scagliata verso la Terra: previsione d’impatto. - Daniele R.

 

Potrebbero esserci conseguenze tra l’11 e il 12 ottobre in seguito al brillamento solare di classe M 1.6 prodotto da una macchia solare. È stato scagliato quasi direttamente verso la Terra

C’è molta attenzione da parte degli esperti in merito alla nube di particelle scagliata dal Sole direttamente verso la Terra. Il fenomeno si è verificato il 9 ottobre quando un intenso brillamento solare è stato generato, intorno alle 8.40, ora italiana, dalla macchia solare denominata AR2882. L’espulsione di massa coronale ha una traiettoria molto chiara e si prevede che raggiunga il nostro pianeta tra l’11 e il 12 ottobre: potrebbe dunque generare tempeste geomagnetiche di classe G1 ma non è da escludere che possano raggiungere anche il livello G2. A conferma di quanto accaduto vi sono le immagini del Solar and Heliospheric Observatory recentemente diffuse che mostrano l’emissione nota come “alone” o “aureola” dal momento che, visivamente, sembra circondare la nostra stella completamente.

Il lampo ultravioletto è stato inoltre catturato dal Solar Dynamics Observatory della NASA e come spiegato dagli esperti la parte superiore dell’atmosfera terrestre è stata “ionizzata” dalle radiazioni del brillamento. Si è, di conseguenza, verificato un blackout radio a onde corte sull’Oceano Indiano. Chi si trovava in quest’area, dalle navi agli aviatori ai radioamatori, potrebbe aver notato strani effetti di propagazione a frequenze inferiori a 25 MHz. Nelle prossime ore verrà fornita una precisa stima dell’orario di arrivo della nube di particelle. Gli esperti della NOAA stanno effettuando una accurata modellazione computerizzata dei previsori.

ScienzeNotizie

domenica 10 ottobre 2021

Green pagliacci. - Marco Travaglio

 

Quando Confindustria ordinò lo sblocco dei licenziamenti e Draghi obbedì, le aziende iniziarono a licenziare a manetta, anche via email o sms. E Letta furente definì la cosa “inaccettabile”, chiedendo (al suo ministro Orlando!) di richiudere la stalla quando i buoi erano fuggiti. Naturalmente la norma restò. E tutti i licenziati si domandarono: ma di che si meravigliano questi tartufi se, sbloccati i licenziamenti, i padroni ci licenziano? È la stessa ipocrisia di quando viene scarcerato anzitempo qualcuno che non sia ricco e famoso: tipo il maggiordomo filippino che ammazzò la contessa Filo della Torre, condannato a 16 anni e uscito dopo 10. Che un assassino se la cavi con 16 anni virtuali e 10 reali è uno scandalo, ma questo possiamo dirlo noi che denunciamo da sempre il Paese dell’indulgenza e dell’impunità: non chi dipinge l’Italia come il regno della forca e da trent’anni invoca meno carcere, pene più basse, più attenuanti, amnistie, indulti, condoni, depenalizzazioni, sanzioni alternative per lorsignori e poi s’indigna se se ne approfittano pure i poveracci.

Ora la fiera del tartufo s’è trasferita in zona Green pass: un mese fa, quando Draghi si smentì sull’obbligo vaccinale e impose la tessera verde per lavorare dal 15 ottobre, Landini ripeteva ciò che tutti sapevano: oltre 5 milioni di lavoratori non vaccinati rischiavano il posto. Noi aggiungemmo che privare milioni di italiani del diritto su cui si fonda la Repubblica – il lavoro – per aver esercitato un altro diritto riconosciuto dallo Stato – non vaccinarsi – suonava vagamente ingiusto (infatti nessun Paese europeo, ma neppure extraeuropeo a parte l’Arabia Saudita, si sogna di farlo). E che una misura tanto drastica e discriminatoria contraddiceva la propaganda draghiana sulla miglior campagna vaccinale dell’universo. Ci fu risposto che eravamo dei biechi No Vax (con doppia dose) e che l’“effetto Green pass” con la sola imposizione delle mani di Draghi&Figliuolo avrebbe indotto ipso facto i renitenti al vaccino a farsi inoculare in massa. Poi c’erano quelli che ancora credono a Figliuolo, che il 25 maggio aveva giurato: “Entro settembre saremo tutti vaccinati”. Ora, a cinque giorni dall’entrata in vigore del decreto, se ne sono accorti pure Zaia e Fedriga, leghisti draghiani e quindi buoni, rimpiangendo di non aver dato retta a Landini (e pure a Salvini) per leccare i tacchi a Bonomi: aiuto – piagnucolano – venerdì 5 milioni di lavoratori resteranno a casa! E La Stampa, dopo una dozzina di titoli sul mitico “effetto Green pass”, scopre che i “5 milioni senza vaccino”, ergo “il sistema non è pronto”. Ma va? Manca ancora che ripetano con noi che questo non è il governo dei migliori, ma prima o poi ce la possono fare.

ILFQ

sabato 9 ottobre 2021

Fisco, Draghi chiede consigli a B. condannato per frode. - Gianluca Roselli e Giacomo Salvini

 

La telefonata del premier al leader di Forza Italia.

Non potevano incontrarsi di persona causa acciacchi di salute e quindi si sono sentiti al telefono. Dopo il faccia a faccia con Matteo Salvini, ieri mattina il presidente del Consiglio, Mario Draghi, ha chiamato Silvio Berlusconi. Un colloquio che a Palazzo Chigi definiscono “lungo e cordiale” in cui si è parlato di riforma fiscale, legge di Bilancio e delle prossime riforme in cantiere a partire da quella sulla concorrenza. Non sarà l’ultimo colloquio che il premier avrà sul cronoprogramma per rispettare i tempi del Pnrr: nei prossimi giorni sentirà anche gli altri leader del governo, Giuseppe Conte ed Enrico Letta. Draghi ha capito che il dialogo con i capi delegazione dei partiti non basta più e vuole curare anche i rapporti con i leader: qualcuno ipotizza che sia un modo per preparare la sua ascesa al Quirinale. Allo stesso tempo la telefonata di Draghi di ieri ha anche l’obiettivo di mandare un messaggio a Salvini che giovedì era uscito dall’incontro di Chigi soddisfatto per aver ottenuto la possibilità di incontrare il premier “una volta a settimana”.

E invece ieri il presidente del Consiglio, sentendo Berlusconi, ha fatto capire che il dialogo con i leader sarà la nuova routine e che non c’è nessun favoritismo riservato al leader della Lega. Non solo: nella nota di Palazzo Chigi si fa anche sapere che Draghi e Berlusconi hanno “condiviso il percorso avviato sulla delega per la riforma fiscale”. E così è stato: il leader di Forza Italia ha detto sì alla legge delega che contiene anche la riforma del catasto approvata martedì, confermando il voto favorevole dei ministri Brunetta, Carfagna e Gelmini. Un passaggio che aveva provocato lo strappo della Lega che non ha votato in Cdm e che continua a creare tensioni nel Carroccio con Salvini che ancora ieri chiedeva al premier di impegnarsi “per iscritto” a non aumentare le tasse. Su quel versante il leader della Lega non ha ottenuto niente da Draghi e così oggi il premier ha chiesto la legittimazione di Berlusconi anche per mettere all’angolo il leader del Carroccio. Secondo fonti forziste, l’ex Cavaliere al premier ha chiesto rassicurazioni anche sulla manovra di bilancio, che sia “il più possibile espansiva” per favorire la crescita, a partire dal Superbonus. Ma nella telefonata c’è stato un momento anche più politico, con Berlusconi che ha tenuto a far sapere a Draghi che il sostegno al suo governo “fa bene a Forza Italia”. E che la linea del suo partito è quella di “rivendicare i successi del suo esecutivo”. “Con Draghi FI è tornata centrale nel dettare l’agenda”, dicono i berluscones. Cosa ben diversa dalle truppe davanti a Palazzo Chigi schierate da Salvini, che però, come si è visto nelle urne, è in continua emorragia di consensi. E le critiche forziste di queste ore alla strategia di Meloni e Salvini su campagna elettorale e scelta dei candidati non aiuta certo a rasserenare il clima nel centrodestra. Anzi. Dopo una serie di complimenti e elogi reciproci (il premier ha invitato Berlusconi a Roma quando si sarà rimesso al cento per cento), poi, i due sono scesi nel dettaglio del provvedimento più spinoso. Sulla riforma del fisco, Berlusconi ha confermato le posizioni dei suoi ministri (“per noi va bene) ma ha chiesto la garanzia a Draghi che “non ci sarà un aumento di tasse”.

Il leader di FI avrebbe preso le distanze anche dal riottoso Salvini: “Noi siamo responsabili, in questo momento ci vuole stabilità – sono state le parole di Berlusconi – il governo deve andare avanti e noi lo sosterremo lealmente fino in fondo”. Un breve focus sui prossimi passaggi che impegneranno il governo – la riforma della concorrenza e la legge di Bilancio – e i saluti finali. Se da Palazzo Chigi hanno reso nota la conversazione, è scoppiato un piccolo caso in Forza Italia visto che da Arcore non è arrivata alcuna comunicazione ufficiale. Motivo: il partito è spaccato tra l’ala liberal rappresentata dai ministri e quella più filo leghista rappresentata da Antonio Tajani e Licia Ronzulli che hanno un po’ da ridire sulla riforma del catasto. Berlusconi ha deciso di non spaccare ancora il partito evitando di esporsi. Nel frattempo Giancarlo Giorgetti fa il pompiere: “Se Salvini e Draghi sono contenti, io sono felice. Ora è tornato il sereno”.

ILFQ

Brescia è in Ungheria. - Marco Travaglio

 

Non auguro a Piercamillo Davigo di finire sotto processo per rivelazione di segreto a Brescia, dove peraltro è un habitué. Però, da spettatore, non vedo l’ora di assistere a un processo che si annuncia meglio di uno spettacolo di cabaret. L’accusa, nell’avviso di conclusione delle indagini che prelude alla richiesta di giudizio, è nota: nell’aprile 2020 Davigo, allora al Csm, suggerì al pm milanese Paolo Storari di scrivere ai capi il suo dissenso per la mancata iscrizione dei reati emersi dai verbali dell’avvocato esterno dell’Eni Piero Amara sulla presunta Loggia Ungheria, datati dicembre 2019. Poi se ne fece consegnare una copia Word per segnalare il tutto al Csm, visto che Amara ne accusava due consiglieri. Cosa che fece a maggio, avvertendo il vicepresidente Ermini e gli altri due membri del Comitato di presidenza, Curzio e Salvi, cinque consiglieri, le sue due segretarie e il presidente dell’Antimafia (tutti tenuti al segreto d’ufficio, purtroppo violato – secondo l’accusa – da una delle segretarie).

In base a una circolare del Csm, Davigo ritiene che il segreto non sia opponibile ai membri del Csm e che trasmettere quelle carte per le vie ufficiali avrebbe significato avvisare tutti i consiglieri, compresi i due accusati da Amara. Infatti il Pg Salvi – titolare dell’azione disciplinare – non gli contestò alcuna violazione, anzi chiamò il procuratore di Milano, Greco, che iscrisse gl’indagati del caso Ungheria. Ora i pm bresciani accusano Davigo di aver violato il segreto insieme a Storari, ma solo un po’: non quando avvisò Curzio e Salvi; solo quando avvertì il terzo membro del Comitato di presidenza, Ermini, e tutti gli altri. Ma, se il segreto fosse intermittente, sarebbe un guaio pure per Ermini. Che corse ad avvertire Mattarella, presidente del Csm. E neppure Mattarella obiettò nulla, né il suo consigliere giuridico Erbani, che parlò della cosa con Davigo qualche settimana dopo. Se Davigo viola il segreto avvertendo Ermini, come fanno a non violarlo Ermini avvisando Mattarella e chi poi avvisa Erbani? Ermini, sentito a Brescia come testimone (ma non violò anche lui il segreto?), conferma che si fece pure consegnare da Davigo le copie dei verbali di Amara, ma poi le distrusse inorridito. E qui i pm dovrebbero sobbalzare: se quelle carte erano la prova del reato di Davigo, Ermini distruggendole commise favoreggiamento e andrebbe sentito come indagato, non come teste. Per molto meno (non aver iscritto Vannoni nell’inchiesta Consip), Woodcock finì davanti al Csm vicepresieduto da Ermini. Che ora potrebbe doversi occupare dei pm bresciani che non iscrissero Ermini indagando sui pm milanesi che non iscrissero il caso Amara. Non so voi, ma io per un processo così pagherei pure il biglietto.

ILFQ

Fine lavori, Sal e spese al 31 dicembre: le tagliole per 110% e bonus ordinari. - Cristiano Dell’Oste e Giorgio Gavelli

 

(Illustrazione Giorgio De Marinis)

In attesa di eventuali proroghe chi ha cantieri in corso deve prepararsi.

Come ogni anno, l’incertezza sulla proroga dei bonus edilizi innesca il problema della “fine lavori”. Stavolta, però, ci sono diverse variabili in più:

il superbonus del 110% è già confermato oltre il 31 dicembre (sia pure con scadenze differenziate);

tutti gli altri bonus ordinari sono in scadenza il prossimo 31 dicembre, compresi l’ecobonus sulle parti comuni e il sismabonus in versione “non 110%”, confermati per il quinquennio 2017-21. Fa eccezione il 50% (articolo 16-bis del Tuir), che anche senza proroga è a regime come 36% fino a 48mila euro per unità;

il 31 dicembre scade la possibilità di optare per la cessione o lo sconto in fattura dei bonus “non 110%”.

Le proroghe sono senz’altro auspicabili, ma non saranno formalizzate in fretta. E chi ha i cantieri in ballo deve regolarsi. Anticipiamo subito che la soluzione varia a seconda del bonus, del soggetto (per i condomìni e le imprese si veda l’articolo in basso) e non è scolpita nella pietra, perché le istruzioni sono spesso lacunose.

Bonus 50% e facciate.

Partiamo dal caso più semplice, quello del 50% e del bonus facciate senza caratteristiche ecobonus. Per i “privati” si è sempre fatto riferimento alle spese sostenute nel periodo agevolato, senza necessità di raggiungere, entro la scadenza, né un determinato Sal né la fine lavori. Si detrae ciò che si è pagato nei termini, a prescindere che corrisponda o meno all’entità dei lavori realizzati; i pagamenti successivi beneficeranno delle detrazioni o saranno cedibili/scontabili secondo le regole che saranno in vigore in quel momento.

Anche la recente risposta ad interpello Dre Liguria 903-521/2021 va in questa direzione, aggiungendo un tassello importante: ciò vale anche in caso di sconto in fattura. Ad esempio, a fronte di una spesa fatturata di 1.000 con sconto 90%, pagare 100 entro il 31 dicembre “blinda” l’intero bonus, anche se i lavori finiranno in seguito. È una conclusione agevolata dal fatto che queste detrazioni – anche laddove trasferite a terzi – non richiedono alcuna particolare asseverazione o visto di conformità, e lo stesso Mef (risposta a question time del 7 luglio 2021 n. 5-06307) ha affermato che c’è completa indipendenza dai Sal effettivi. Questa soluzione vale a maggior ragione in caso di cessione del credito.

Certo, resta la questione che anticipare importi per lavori non ancora realizzati è un rischio, da gestire a livello contrattuale con adeguate garanzie (il cui onere non è tuttavia detraibile). Non va, poi, dimenticato che se i lavori non vengono terminati non si raggiunge l’obiettivo per cui il legislatore ha previsto l’agevolazione, e, quindi, salta il diritto a detrarre.

Ecobonus con asseverazione.

Per quanto riguarda i bonus caratterizzati da requisiti tecnici (ecobonus e mutatis mutandis sismabonus), essi prevedono una asseverazione, in corrispondenza della fine lavori o del Sal. Tuttavia, già l’articolo 4, comma 1-quater, del Dm 19 febbraio 2007 (efficace per i lavori iniziati sino al 5 ottobre 2020) prevedeva che il committente di lavori a cavallo di più periodi d’imposta potesse fruire della detrazione per le spese sostenute, attestando che i lavori non erano ultimati. La previsione non è presente nel nuovo Dm Requisiti del 6 agosto 2020, ma l’Enea (Faq 3E, ex 28, del 25 gennaio 2021) ha confermato la conclusione anche nel nuovo assetto normativo.

Si tratta di una detrazione sub judice, legata all’effettivo concretizzarsi dell’intervento (entro i tempi dettati dalle pratiche edilizie), per cui non sarà insolito che il fornitore che dispone lo sconto o l’acquirente del credito si facciano in qualche modo “attestare” l’intenzione di terminare l’opera, anche se le conseguenze fiscali negative di una eventuale mancata realizzazione graverebbero solo sul committente.

Detrazione in versione acquisti

Ci sono due bonus che nascono direttamente in capo all’acquirente dell’immobile: bonus acquisti ristrutturazione (articolo 16-bis, comma 3, del Tuir) e sismabonus acquisti (articolo 16, comma 1-septies, Dl 63/2013, anche maggiorato al 110%). In questi casi, l’Agenzia è ferma nel richiedere, entro il termine di scadenza della detrazione, sia il sostenimento delle spese sia la stipula dell’atto di acquisto dell’immobile (circolare 30/E/2020). Il che, pensando a quanto tempo manca, rispettivamente, al termine del 31 dicembre prossimo e del 30 giugno 2022 (scadenza “base” per il 110%), fa sembrare quasi una beffa il fatto che il Dl Semplificazioni (articolo 33-bis del 77/2021) abbia portato a 30 mesi il precedente periodo di 18 mesi dalla fine lavori per l’alienazione dell’unità immobiliare.

Superbonus.

Più tempo a disposizione, ma anche maggiori vincoli, per il superbonus. Anche l’uso diretto della detrazione richiede l’asseverazione, a cui è necessario aggiungere il visto di conformità se si fa cessione o sconto in fattura. Queste ultime due soluzioni, inoltre, hanno un preciso radicamento con i lavori realizzati: l’articolo 121 del Dl 34/2020 (comma 1-bis) fissa il limite massimo di due Sal almeno del 30% ciascuno. E resta il nodo di chi non raggiunge il 30% nel 2021 pur avendo anticipato spese rilevanti.

Le spese per i lavori trainati dal 110% hanno poi un vincolo in più: devono essere ricomprese tra la data di inizio e quella di fine lavori degli interventi trainanti (Dm Requisiti, articolo 2, comma 5). Attenzione quindi a non accelerare troppo la fine lavori, magari per cedere il credito, altrimenti il saldo dei lavori trainati sarà fuori dal 110 per cento.

Le situazioni possibili.

1. Detrazioni ordinarie e Sal differenti.
Un condominio esegue lavori sulla facciata esterna (agevolati al 90%) e l’amministratore ne paga i 2/3 entro il 31 dicembre 2021, insieme a lavori sulla facciata interna (detraibili al 50%), pagati per 1/3: nelle dichiarazioni dei redditi 2022 si può detrarre la quota di ciascun bonus pagata nel 2021.

2. Pagamenti per il superbonus inferiori al 30% in un anno.
Il proprietario di una villetta avvia un intervento di 110% ecobonus. Nel 2021 paga solo il 20% della spesa e i lavori si fermano al 20% del Sal: secondo la Dre Veneto (interpello 907-1595/2021) non può fare cessione né sconto in fattura, ma deve usare la prima rata del 110% in dichiarazione dei redditi.

3. Le spese sostenute nel corso del 2022.
Un privato sta ristrutturando un appartamento ma non riesce a completare i lavori nel corso del 2021 e non vuole pagare in anticipo l’impresa. Prevede di pagare 22mila euro nel 2022: salvo proroghe, la spesa sarà detraibile al 36% (entro il massimale di 48mila euro, scomputando le spese 2021).

Non sblocca la cessione il Sal raggiunto nel 2022.

Per cedere il credito d’imposta del 110% (o fare lo sconto in fattura) è necessario che le spese sostenute e lo stato avanzamento lavori siano pari almeno al 30% in uno stesso periodo d’imposta. Un interpello inedito della Direzione regionale delle Entrate del Veneto (prot. 907-1595/2021) sembra chiudere la porta alle speranze di molti ritardatari.

Detto diversamente, chi si troverà a pagare una frazione delle spese agevolate entro il prossimo 31 dicembre, dovrà realizzare lavori per almeno il 30% dell’intervento complessivo, altrimenti potrà solo usare la prima rata del superbonus sotto forma di detrazione nella dichiarazione dei redditi presentata nel 2022 (salvo poter cedere le rate successive). Niente da fare neppure per chi centrerà la soglia del 30% dopo il 31 dicembre, ma prima del termine per comunicare l’opzione alle Entrate (16 marzo, salvo proroghe).

Se le conclusioni raggiunte dalla Dre Veneto (basate sul testo del provvedimento dell’8 agosto 2020) verranno confermate, l’asseverazione del tecnico dovrà “fotografare” un Sal di almeno il 30% (o un secondo Sal di almeno il 60%) raggiunto al 31 dicembre. Mentre il visto dovrà attestare le spese sostenute nell’anno precedente (senza percentuale minima), perché, in assenza di spese, non sorge la detrazione. Sia l’asseverazione sia il visto dovrebbero poter essere rilasciati anche nell’anno successivo, purché entro il termine per l’invio della comunicazione.

Più semplice il compito di chi non vuol cedere ma solo detrarre. Serve l’asseverazione (non il visto) e non c’è Sal minimo da raggiungere.

Tutto questo si replicherà al sopraggiungere delle scadenze finali del superbonus, in corrispondenza delle quali andrà attestata la fine lavori o il raggiungimento del Sal “qualificato”.

Versioni «eco» e «sisma» con avanzamenti separati.

Via libera ai conteggi autonomi per individuare lo stato avanzamento lavori del 30% necessario alla cessione del credito. Lo dice la Direzione regionale delle Entrate del Veneto, con l’interpello inedito 907-1595/2021, confermando una interpretazione emersa tra gli operatori nei mesi scorsi. Si legge nella risposta: «Si ritiene che (...) sia consentito, separatamente per ciascuno dei due interventi “Superbonus” (efficientamento energetico e antisismici) applicare la regola del Sal (30 per cento minimo per ogni stato avanzamento)».

Il quesito riguarda un immobile su cui vengono eseguiti lavori agevolati dal 110% in versione “eco” e in versione “sisma”. In pratica, l’Agenzia consente riscontri separati: ad esempio, se a fronte di una spesa di 1.000 per ciascuno dei due interventi nel 2021 viene pagato 350 per il superbonus “sisma” e solo 100 per quello “eco”, la cessione o lo sconto in fattura è possibile per il 110% “sisma” e non per quello “eco” (al contrario, se il conteggio fosse unico, non sarebbe possibile cedere nessuno dei due bonus, perché il 30% di 2.000 è 600 e la spesa solo 450). La risposta delle Entrate è coerente con il fatto che i due tipi di superbonus richiedono asseverazioni diverse.

L’interpello non affronta i lavori trainati. È ragionevole, comunque, considerare che questi interventi vadano inseriti nella base di calcolo su cui determinare il Sal, ad esempio includendo il cambio delle finestre nella spesa per il 110% in versione “eco” (anche perché inclusi nella stessa asseverazione del lavoro trainante).

Le imprese seguono il criterio di competenza

Per i privati il concetto di «spesa sostenuta» si lega alla data di effettuazione del bonifico tracciato, così come per tutti i soggetti che seguono “la cassa” (esercenti arti e professioni, enti non commerciali).

Per le imprese, invece, comprese quelle minori che seguono un regime solo “improntato” alla cassa (circolare 24/E/2020), si segue il criterio di competenza, vale a dire l’articolo 109 del Tuir, ossia «la consegna o spedizione» per i beni mobili e «l’ultimazione della prestazione» per i servizi. Riteniamo che anche in questo caso debba essere riconosciuta efficacia ai Sal accettati e liquidati dal committente in via definitiva, in base all’articolo 1666 del Codice civile, così come da tempo l’Agenzia ha sostenuto per i crediti d’imposta sugli investimenti.

Ciò significa che le imprese devono fare riferimento ai “lavori realizzati” (nel senso di accettati e ultimati) indipendentemente dai movimenti finanziari. Nella inevitabile complessità che ciò comporta, tuttavia, il fatto che la competenza contabile sia meglio ancorata agli “step” di esecuzione dei lavori rispetto “alla cassa” potrebbe risultare di più facile gestione per gli uffici amministrativi, con meno rischi di pagamenti anticipati per accelerare il bonus.

Per spese sostenute da soggetti diversi dalle imprese e dagli enti commerciali relative a interventi sulle parti comuni degli edifici, rileva la data del bonifico effettuato dal condominio, indipendentemente dalla data di versamento della rata condominiale da parte del singolo condòmino. È questa, quindi, la data a cui fare riferimento per verificare se si è rispettato il termine per fruire dell’agevolazione, fermo restando che il condòmino non avrà diritto a fruire del bonus fino a quando non avrà versato al condominio quanto dovuto per i lavori.

ILSole24Ore

Calabria ultima nella Ue per occupazione entro tre anni dalla laurea.

 

Solo 37,2% degli occupati a fronte di 59,5% in Italia e 81,5% medio nell'Unione Europea.


Ci sono due regioni italiane tra le tre peggiori per occupazione di giovani laureati a tre anni dal titolo: nel 2020 - secondo gli ultimi dati di Eurostat che ha pubblicato il libro sulle regioni nel quale si affronta anche il tema dell'istruzione e del lavoro - in Italia entro tre anni dalla laurea risulta occupato appena il 59,5% dei giovani tra i 20 e i 34 anni, a fronte dell'81,5% della media Ue a 27. In Calabria la percentuale è in calo al 37,2%, mentre in Sicilia è al 38,3%.

La terza regione peggiore è in Grecia. La regione che fa meglio è quella dello Schwaben, in Germania, col 97,6%, in crescita rispetto al 2019.

ANSA