domenica 13 dicembre 2020

Le prove di inciucio sono in atto. - Giancarlo Selmi

 

I due Mattei sono in corrispondenza di amorosi sensi. Il buon Calenda giá immagina "gabinetti" di guerra, dimenticando che, allo stato, lui, Salvietta e l'ebetino, gabinetti sono giá anche senza guerra.
L'ebetino poi, si alleerebbe pure con Tony Caciotta pur di strappare qualche Ministero con portafoglio stracolmo di soldi del Recovery Plan.
C'é un peró.
L'oste senza il quale i conti non si fanno.
E senza il quale, gli orgasmi da amplesso governativo, restano polluzioni notturne.
Perché i tre da soli non hanno i numeri e, quindi, dovrebbero imbarcare la Meloni e Berlusconi che tanto convinti di entrare, in questo momento, in un governissimo di unitá nazionale, non lo sono affatto. Lo sarebbero sicuramente in un altro momento, ma non in questo.
Perché c'é una pandemia in atto.
La cui prosecuzione nel 2021 é ormai certa. Un piano di vaccinazioni epocale, con tutti i rischi che porta la sua gestione. Meloni é in ascesa nei sondaggi e di prendere il cerino della pandemia in mano, non ha nessuna intenzione e neppure convenienza.
E se i numeri peggiorano con un altro esecutivo? Si giungerebbe alla santificazione immediata di Conte, che diventerebbe automaticamente il político piú amato per i prossimi 30 anni.
Meglio dire il contrario del Governo, non assumersi nessuna responsabilitá e passare all'incasso quando tutto sará finito.
Per Berlusconi l'approccio é sicuramente differente, peró sarebbe piú disponibile a salvare l'attuale maggioranza che non andare con gli scappati di casa Renzi, Salvini e Calenda.
Per il PD entrare in un Governo alternativo a questo, o perfino appoggiarlo insieme a Salvini, ne decretetebbe la morte política ed una sicura debacle nelle prossime elezioni.
E poi c'é un'ultima cosa:
a parte Salvini che ormai non ne azzecca una da anni e non sa neppure lui cosa fare,
c'é ancora qualcuno nella politica italiana che affiderebbe il suo destino, alla lealtá di Renzi?

Covid, un fiore simbolo campagna vaccini anti Covid.

 

Ideato da architetto Boeri.

Sarà un fiore, una primula, il simbolo della campagna dei vaccini anti covid che partirà a metà gennaio. Il simbolo è stato presentato dall'architetto Stefano Boeri - che lo ha realizzato - nel corso di una conferenza stampa con il Commissario per l'emergenza Domenico Arcuri.

"L'italia rinasce con un fiore" è lo slogan che accompagna il simbolo e che sarà presente in tutta la campagna. "Questa idea di una primula che ci aiuti ad uscire da un inverno cupo è il messaggio che vogliamo dare - ha detto Boeri - il fiore è il segnale di inizio della primavera, un simbolo di serenità e rinascita".

"Stiamo lavorando senza sosta perché la vaccinazione inizi da metà gennaio", ha confermato il commissario Arcuri in conferenza stampa ribadendo che i primi ad essere vaccinati saranno operatori sanitari e personale e ospiti delle Rsa. "I numeri delle persone da vaccinare nelle diverse regioni saranno perfezionati in queste ore" ha aggiunto.

IL VIDEO

Saranno 1.500 gazebo a forma di fiore, come il simbolo della campagna, i luoghi dove verranno somministrate le dosi nella seconda fase della campagna per i vaccini anti covid. I gazebo, hanno spiegato il commissario per l'emergenza Domenico Arcuri e l'architetto Stefano Boeri, saranno collocati in tutta italia, nelle piazze delle città, davanti agli ospedali e anche nei campi sportivi. La campagna informativa per invitare gli italiani a vaccinarsi - oltre agli spot su radio, tv, siti web e social, prevede anche la realizzazione di totem informativi davanti agli ospedali, nei parchi, negli uffici pubblici e nelle scuole.

(foto Ansa)

https://www.ansa.it/sito/notizie/cronaca/2020/12/13/piano-vaccini-conferenza-stampa-del-commissario-arcuri-e-dellarchitetto-boeri_43fb8d55-707c-4942-ab02-5bb613126284.html

Chi sogna il bel mondo antico. - Gaetano Pedullà

 

Mentre ci avviamo alla fine di un anno da dimenticare per la pandemia e abbiamo abbondantemente scavallato i due anni di Conte e i 5 Stelle al Governo, seppure con maggioranze diverse, è naturale guardarsi indietro e fare quattro conti. A sentire l’intero establishment e i maître à penser dei giornaloni, per non parlare delle opposizioni, è stato tutto tempo perso. Il Paese era bellissimo quando in tempo di pace la politica ogni anno si inventava nuove imposte per poi rimpinzare di contributi industriali e prenditori, mentre adesso è una porcheria, nonostante col disastro del Covid non sia stata messa una sola tassa, e anzi qualcuna è stata cancellata e quasi tutte le altre sono state rinviate al secondo trimestre del 2021.

Ovviamente le cose potevano andare meglio, e un virus che fa montagne di morti in tutto il mondo è difficilissimo da fronteggiare, ma di cambiamenti ce ne sono stati tanti e profondi. A parte le chiacchiere dei convegni, di sostenibilità e svolta green prima non parlava nessuno, mentre oggi tutto il sistema produttivo, inclusa la piccola impresa, sta puntando in questa direzione. Milioni di poveri dimenticati pure dalla Sinistra sono stati aiutati dal Reddito di cittadinanza, migliaia di malavitosi la faranno finita di non pagare mai con la prescrizione, la casta ha visto finire i vitalizi (ricorsi e scappatoie permettendo) e sforbiciare il numero dei parlamentari.

L’Italia che subiva le politiche di austerity in Europa oggi ottiene la somma più alta del Recovery Fund, condividendo con Bruxelles una nuova impostazione solidaristica dell’Unione. Lo Stato che era scappato dall’economia, regalando pezzi del suo patrimonio con privatizzazioni farsa, si riprende le autostrade, la compagnia di bandiera e l’acciaio dell’ex Ilva. Certo, gli effetti economici del Covid sono devastanti, soprattutto per alcuni settori, ma quando l’incubo sarà finito si potrà ricostruire l’Italia su basi molto più solide di prima. Uno scenario molto più vicino del previsto, se solo non saremo così fessi da far partire una terza ondata della pandemia. O se Renzi non regalerà tutto questo lavoro alla destra degli affari che sbava di nostalgia per il bel mondo antico.

https://www.lanotiziagiornale.it/editoriale/chi-sogna-il-bel-mondo-antico/

Il silenzio. - Massimo Erbetti

 

Sta accadendo qualcosa di straordinario, c'è un cambiamento in atto, una mutazione, una trasformazione, una metamorfosi…ma nessuno ne parla…perché? Il movimento sta cambiando, cambiano i vertici, non più un capo politico, ma un organo collegiale…silenzio.
Si alle sedi fisiche…silenzio.
Si ad un nuovo rapporto con la piattaforma…silenzio.
Si a corsi di formazione politica…silenzio.
Si alla partecipazioni alle elezioni provinciali…silenzio.
Si al riconoscimento degli attivisti e dei gruppi locali…silenzio.
Si a meccanismi di valorizzazione dei consiglieri comunali per le candidature regionali, politiche ed europee…silenzio.
Si a incontri regolari tra base e vertici…silenzio.
Si ad accordi con altre forze politiche prima e dopo le elezioni, sulla base di programmi e principi…silenzio.
Si ad una oggettiva valutazione di merito per le candidature…silenzio.
E poi recall…aiuti economici alle iniziative locali…ma solo silenzio…silenzio...silenzio e basta.
Come mai? Qualche trafiletto sui giornali, due righe qua e là e niente più.
Eppure il cambiamento è evidente e sostanziale, ci stiamo preparando ad affrontare i prossimi dieci anni. Ottomila persone hanno lavorato ininterrottamente per ore, giorni, settimane….ma c'è solo silenzio. Di chi è la volontà di non far passare la notizia? Perché non se ne deve parlare? Argomento troppo complesso? Troppo difficile da far capire? Oppure è meglio che non si sappia? Mentre gli altri puntano sempre di più sull'uomo/donna "forte", sul salvatore/salvatrice della patria, noi scegliamo un organo "collegiale"...non un volto, ma tante teste che si mettono insieme a pensare, trovare soluzioni…non un uomo/donna al comando…silenzio.
Largo alle competenze nelle candidature e non procacciatori di voti, come fanno gli altri…silenzio.
Entreremo nelle province, cosa importantissima, perché forse non lo sapete, ma le province hanno competenze importanti…scuola… ambiente...acqua...viabilità…silenzio.
Un nuovo rapporto con la piattaforma…"contratto di servizio"... "accordo"...cosa di poco conto? Assolutamente no…il "mezzo" sarà veramente un mezzo è non altro…silenzio.
È meglio parlare del nulla? Meglio non farlo sapere? O c'è dell'altro?
Non è che per caso "qualcuno" non vuole che si sappia? E se così fosse…come mai?
In mezzo a tutto questo silenzio, questo assordante silenzio…io vi pongo e mi pongo domande…parliamone…perche il silenzio a volte è d'oro…altre fa paura...

https://www.facebook.com/photo?fbid=10218899525104784&set=a.2888902147289

Renzi: “Numeri per nuovo governo? Per me ci sono”. Boccia: “Chi minaccia crisi scollegato dal Paese”. E Salvini: “Voto? Dopo il Covid”.

 

Il presidente della Camera Fico: "Le condizioni per una nuova maggioranza non ci sono". Ma il leader d'Italia viva ipotizza una nuova maggioranza: "In Italia, il sistema prevede che il Presidente della Repubblica debba verificare se in Parlamento ci sono i numeri per formare un altro governo. E se si trovano, è fatta. Altrimenti si va al voto". Il ministro degli Affari regionali: "Io non trovo il tempo di discutere di cose così surreali". Il leader della Lega allontana le urne subito: "Improbabile andare a votare a febbraio o a marzo in piena campagna vaccinale". E sull'elezione del nuovo presidente della Repubblica dice: "La Lega darà un contributo fondamentale".

Matteo Renzi insiste. E per il sesto giorno consecutivo minaccia la sopravvivenza del governo di Giuseppe Conte se la discussione sulla gestione dei fondi del Recovery plan non verrà azzerata. “Il meccanismo di discussione delle regole istituzionali non può essere compensato con un piccolo accordo. Italia Viva è un piccolo partito, ma noi siamo decisivi per il governo. Se Conte vuole pieni poteri come aveva chiesto Salvini, io dico di no. E in quel caso ritireremo il sostegno al governo”, dice l’ex segretario del Pd in un’intervista alla Stampa. L’ennesimo intervento per agitare su Palazzo Chigi lo spettro della caduta. Cosa accadrà dopo? Si tornerà al voto con l’attuale legge elettorale, come ha detto ieri il vice segretario del Pd Andrea Orlando e come ha sostenuto oggi il presidente della Camera, Roberto Fico. Per Italia viva vorrebbe dire rischiare di non rientrare in Parlamento, visto che l’attuale legge elettorale fissa la soglia di sbarramento al 3%. Il Quirinale ha già fatto sapere che è propenso a indire nuove elezioni, avverte il giornalista della Stampa a Renzi. Che replica: “Guardi, il Quirinale in Italia non parla. Quelle sono fonti attribuite a chi vuole che dica una certa cosa. Ma in Italia, il sistema prevede che il Presidente della Repubblica debba verificare se in Parlamento ci sono i numeri per formare un altro governo. E se si trovano, è fatta. Altrimenti si va al voto”. Ma questi voti in Parlamento ci sono? “Penso di sì“, sostiene Renzi, prima di lanciare l’ennesimo mezzo ultimatum: “Ma prima di arrivare a questo, vorrei che il Presidente del Consiglio si tranquilizzasse e venisse in Parlamento per cambiare tutto”.

A che voti si riferisce l’ex presidente del consiglio? A che tipo di nuovo governo pensa per evitare il voto? Non si sa, visto che è pessimista sull’entrata al governo di Forza Italia: “Forza Italia è un partito europeista che fa capo al Partito popolare europeo e che deve chiarire isuoi rapporti con Salvini e Meloni. La destra italiana è divisa tra sovranisti e popolari. Ma i sovranisti, a differenza della Spagna, sono più numerosi. Non credo che Berlusconi romperà mai con Salvini”. Antonio Tajani, però, socchiude la porta a Conte: “Siamo pronti a sederci intorno al tavolo per i progetti per utilizzare i fondi europei. Serve fare la riforma del fisco, della burocrazia della giustizia e della sanità. Avevamo proposto una bicamerale per decidere i progetti migliori per l’Italia. Quando Conte ci chiamerà a sederci intorno ad un tavolo noi saremo pronti”dice il vicepresidente di Forza Italia, a Rai Parlamento.

A Renzi replica il ministro Francesco Boccia: “Chi parla di crisi, chi minaccia la crisi è scollegato completamente dalla vita reale del Paese. Io non trovo il tempo di discutere di cose così surreali. Ma se qualcuno in maggioranza ritiene che queste siano delle priorità rispetto all’emergenza sanitarie economia e sociale, ne sia conseguente e se assuma la responsabilità davanti agli elettori e agli italiani”. Chi invece è completamente contrario a nuove maggioranze e nuovi esecutivi è Roberto Fico. “Non è tempo di ricatti. Se cadesse questo esecutivo, l’unica strada possibile sarebbe il voto. Le condizioni per una nuova maggioranza non ci sono“, dice il presidente della Camera in un’intervista a Repubblica in cui commenta le parole di Renzi al Pais: “Sono convinto che si possa affrontare qualsiasi questione su qualsiasi struttura, ma trovo che in questo momento non sia consono, anzi che sia irresponsabile, ipotizzare una crisi di governo”. Il rimpasto “non è certo quel che serve”, dice Fico. “Ben venga invece un confronto tra le forze di maggioranza, che devono trovare una linea per andare avanti. Se c’è qualcosa che non va, bisogna dirselo e affrontarlo, ma con l’obiettivo di proseguire, in un momento molto difficile per il Paese”.

In questo quadro iniziano ad assumere un significato ben preciso le parole di Matteo Salvini. Certo il leader della Lega ha sempre chiesto e continua a chiedere “urne subito”. Ma a differenza di Giorgia Meloni ha un interesse concreto molto meno forte per le elezioni anticipate. E da Catania, dove è andato a presenziare al suo processo per il caso Gregoretti, lancia un messaggio in bottiglia in questo senso. Dopo aver messo le mani avanti definendo “l’attuale compagine di governo dannosa pere l’Italia ed assolutamente priva della capacità di rilanciare questo Paese”, dopo aver detto e ripetuto “prima si vota e meglio è”, aggiunge un distinguo: “Alle urne subito, ma usciti dal Covid“. Che vuol dire? “Ritengo evidentemente improbabile – ha detto il leader della Lega –andare a votare a febbraio o a marzo in piena campagna vaccinale. Prima si vota, meglio è, ma usciti dal Covid. Una volta superata la fase dell’emergenza sanitaria in Italia. Meno tempo lasciamo i destini del paese in mano ad Azzolina e Bonafede, meglio è”.

Problema: l’emergenza sanitaria non finirà prima della prossima primavera – estate. E a luglio comincia il semestre bianco: che si fa nel frattempo? “Non penso a governini o governetti. Certo, se ad accompagnare elezioni ci fosse una squadra più seria e competente dell’attuale, io da italiano ne sarei felice”. Una clamorosa apertura a un governo tecnico? Nì. Nel senso che all’indomani del gelo dell’alleata sovranista Meloni, sull’ipotesi del governo di transizione “per portare il paese a elezioni”, Salvini rivede parzialmente il tiro. E spiega che pensa comunque a un esecutivo “di centrodestra”, dentro cui magari portare “chi nel Parlamento si è rotto le scatole dell’attuale compagine a guida Conte”. Poi lascia aperto uno spiraglio per le politiche entro l’estate, che sembra poco più di una ipotesi fatta a tavolino: “A fine luglio inizia il semestre bianco, conto che da qui a luglio la situazione sanitaria sia più tranquilla e controllata di oggi e quindi mai dire mai. Non sto lavorando per dare spallate a nessuno ma per costruire e lo abbiamo dimostrato nelle ultime settimane”. Insomma, Salvini usa toni e frasi completamente opposti a quelle di Renzi. Ma se si trasferiscono i concetti espressi dal leader della Lega su un calendario appare evidente come le elezioni anticipate prima dell’inizio del semestre bianco ma dopo la fine dell’emergenza coronavirus siano altamente improbabili. Anche a seguire l’agenda di Salvini per tornare al voto bisognerà aspettare l’elezione del nuovo capo dello Stato. E a proposito del successore di Sergio Mattarella, Salvini aggiunge che “il prossimo il presidente della Repubblica, nuovo o vecchio che sia, dovrà essere il presidente di tutti e mi spiace che qualcuno del Pd e di Renzi parli del Quirinale come casa sua. La sua nomina avrà nel centrodestra e nella Lega il suo contributo fondamentale senza il quale non si andrà da nessuna parte”. Il leader della Lega aggiunge addirittura che “sul nome” ha un’idea. Quale? “Non ve la dico”, nicchia Salvini con i giornalisti. Chissà se a Renzi la direbbe.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/12/12/renzi-numeri-per-nuovo-governo-per-me-ci-sono-boccia-chi-minaccia-crisi-scollegato-dal-paese-e-salvini-voto-dopo-il-covid/6034876/



In pandemia, piagnistei ed ego dilatati. - Antonio Padellaro

 

“La nostra pandemia invece non finisce, ma perdura, fino a data da destinarsi, con un fastidioso piagnisteo”

Veronica Gentili, “Gli immutabili” La nave di Teseo.

Visto che siamo in guerra, come da quasi un anno ci rammentano gravemente i nostri cosiddetti leader (e i cosiddetti leader di tutto il mondo), magari li avremmo desiderati risoluti come Winston Churchill, che dopo i bombardamenti visitava le case colpite, e per tenere alto il morale del popolo saliva in cima a un tetto a recitare “Locksley Hall” di Alfred Tennyson, un poema ottocentesco che già intravedeva le stimmate della vittoria nel dominio dei cieli. Di gesti emozionanti, personalmente ricordo solo Papa Francesco sul sagrato deserto di piazza San Pietro, con il Vangelo di Marco: “Venuta la sera”. E (forse non solo personalmente) non dimentico il coraggio dimostrato dal premier del mio Paese, Giuseppe Conte, quando lo scorso 9 marzo proclamò il lockdown salvando molte vite e, immagino, con la morte nel cuore. Lo ringrazio. Per il resto (e la cosa ci riguarda tutti), anche questa volta, come osserva l’autrice, “abbiamo perso la nostra occasione per cambiare e siamo rimasti gli stessi di prima”. Anzi, siamo perfino peggiorati, ritornando al nostro tran tran con un sovrappiù di puerili capricci, piagnucolando e battendo i piedi per terra.

Frignano un po’ tutti, dall’allenatore ricoperto d’oro e buttato fuori dalla Champions, che non gradisce le domande da studio, all’ex leader decaduto, per terra, che pretende le scuse altrimenti si porta via il pallone. Senza contare le calde lacrime versate dalle Alpi al Lilibeo per le disumane privazioni natalizie, con la gnagnera sui cenoni distanziati, che turbano assai la destra sovranista (roba da fare rivoltare nella tomba il Capoccione che per forgiare gli italiani dichiarava le guerre). E come dimenticare la pandemia dell’ego dilatato? Virologi, presidenti di Regione, tuttologi un tanto al chilo, il cui contributo alla conoscenza (con rare eccezioni) Veronica – che è anche conduttrice di un popolare talk show serale – liquida con un epitaffio: “Se divulgata con sufficiente convinzione, un’opinione può tranquillamente avere la meglio su un fatto”. Amen.

È al termine del suo diario pubblico e privato che troviamo la citazione di T. S. Eliot: “Il mondo finisce in questo modo, non con il rumore di un’esplosione, ma con un fastidioso piagnisteo”. Che mi ricorda ciò che in altri tempi (ma con le medesime lagne), Alberto Moravia diceva a un discepolo un po’ troppo assillante: caro, tu ti arrampichi, ti arrampichi ma non lo vedi che è tutta pianura?

Antonio Padellaro

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/12/13/in-pandemia-piagnistei-ed-ego-dilatati/6035504/

Processo alle invenzioni. - Marco Travaglio

 

C’è solo un processo più inutile di quello di Catania a Salvini per il blocco della nave Gregoretti (scelta sciagurata e demagogica, ma difficilmente inquadrabile come sequestro di persona): quello a Virginia Raggi, che domani va a sentenza alla Corte d’appello di Roma. Chi se lo fosse dimenticato si armi di santa pazienza e mi segua in questa incredibile vicenda che farebbe la gioia di Kafka. A giugno del 2016, appena osa diventare sindaca di Roma, la Raggi viene investita da un uragano politico, mediatico e giudiziario mai visto contro una persona che non ha fatto nulla di male. L’uragano diventa tsunami quando la sindaca si azzarda a sottrarre la mangiatoia delle Olimpiadi ai soliti noti. Appena nata la giunta, viene indagata la sua assessora all’Ambiente Paola Muraro per presunti reati ambientali commessi in 14 anni di consulenze per l’Ama, saltate fuori nell’attimo esatto in cui accetta l’incarico dalla Raggi e archiviate appena si dimette. Poi viene arrestato il capo del Personale Raffaele Marra, ufficiale della Finanza pluridecorato da Fiamme Gialle e Quirinale, per fatti di quattro anni prima, nell’èra Alemanno. Infine viene indagata la Raggi, che una processione di avversari e/o manigoldi ha provveduto a tempestare con decine di denunce.

Tre indagini per abuso d’ufficio per le nomine del funzionario comunale Salvatore Romeo a capo-segreteria, della giudice Carla Raineri a capo-gabinetto e del dirigente dei Vigili Renato Marra (fratello di Raffaele) a capo-ufficio Turismo. Un’indagine per rivelazione di segreto per presunti dossier contro il rivale Marcello De Vito. E un’indagine per falso ideologico per una dichiarazione all’Anticorruzione comunale sul conflitto d’interessi di Raffaele Marra nella promozione del fratello. Alla fine la montagna partorisce il topolino: tutte le accuse archiviate, tranne quella di falso per aver detto all’Anac che Marra, nella nomina del fratello, ebbe un ruolo “di mera pedissequa esecuzione delle determinazioni da me assunte, senza alcuna partecipazione alle fasi istruttorie, di valutazione e decisionali”. Tantopiù che il Regolamento comunale affida quelle nomine alla discrezionalità del sindaco. Infatti fu la Raggi, su input dell’assessore al Commercio Adriano Meloni, a decidere. L’accusa è un doppio paradosso: nel Paese dei conflitti d’interessi, l’unico politico imputato è la Raggi; una volta archiviata l’accusa di complicità nel conflitto d’interessi di Marra (contestato a lui solo), non si vede perché la sindaca avrebbe dovuto mentire per coprire un delitto che non aveva commesso. Insomma, un caso più unico che raro di reato senza prove né movente né dolo.

Il processo alle intenzioni finisce direttamente in tribunale, perché la sindaca sceglie il rito immediato. E lì si scopre ciò che si era sempre saputo: la nomina di Renato Marra non fu una promozione ad personam, ma era parte di un “interpello” per la rotazione di ben 190 dirigenti comunali; lì, per evitare sospetti di conflitti d’interessi, la Raggi respinse la candidatura di Renato a capo dei Vigili e optò per un ruolo di fascia inferiore; Raffaele fece pressioni per il fratello su Meloni e non sulla Raggi, anzi alle sue spalle; quando lei scoprì che la nomina comportava un forte aumento di stipendio, si lamentò in chat con lui per non averla avvertita; nessun elemento dimostra che la sindaca fosse informata delle sue pressioni. Infatti il Tribunale la assolve perché “il fatto non costituisce reato”. Motivo: “Nel complesso la risposta del Sindaco Raggi alla richiesta” dell’Anticorruzione “appare veritiera”: nessun falso. Fu solo imprecisa quando, con linguaggio avvocatesco, parlò di “istruttoria” in senso giudiziario e non amministrativo. Il buonsenso vorrebbe che la cosa finisse lì. Invece la Procura, crollate tutte le indagini sulla giunta, ricorre in appello con un atto di 31 pagine in cui non prova neppure a confutare nel merito le 316 pagine della sentenza, né porta elementi fattuali in grado di ribaltarle. Per giunta, i pm ripetono il movente-patacca già sostenuto invano in Tribunale: e cioè che la sindaca mentì per non essere indagata per il conflitto d’interessi di Marra, visto che all’epoca (2016) per il Codice etico dei 5Stelle bastava un avviso di garanzia per imporre le dimissioni di un loro sindaco. Peccato che sia falso: Pizzarotti, Nogarin e la stessa Raggi furono indagati nel 2016 e restarono al loro posto.
La Corte ha concesso ai pm di riascoltare due testimoni, che hanno confermato come la sindaca fosse ignara delle pressioni di Marra. Dunque, ancora una volta, l’assoluto deserto probatorio e anche il buonsenso suggeriscono un’assoluzione-bis. Ma tutto è possibile. E, in caso di condanna, il Codice etico dei 5Stelle vieterebbe alla Raggi di ricandidarsi sotto le loro bandiere. A meno che si decidessero a rimetter mano alle regole interne. L’obbligo di dimissioni è sacrosanto anche per un semplice avviso di garanzia (o anche senza) quando sia acclarata una condotta immorale e infamante che metta in serio dubbio l’onestà dell’eletto. Ma, se c’è di mezzo una posta nei bilanci comunali o un incidente di piazza (processi Appendino), o una frase controversa (processo Raggi), giustizia e politica devono viaggiare su binari separati. Confonderli significa condizionare i magistrati e condannarsi a combattere gli avversari con le mani legate dietro la schiena.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/12/13/processo-alle-invenzioni-2/6035479/