Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
sabato 15 novembre 2025
IL SILENZIO È D’ORO. - Marco Travaglio
venerdì 14 novembre 2025
"RISPOSTA SBAGLIATA" - Marco Travaglio
giovedì 13 novembre 2025
L’impatto economico della giustizia (e della sua riforma). - Carlo Cottarelli
La riforma costituzionale della giustizia punta a separare le carriere dei magistrati e a estrarre i membri dei CSM. Non ridurrà la lentezza dei processi, principale problema economico e civile dell’Italia, ma mira a depoliticizzare e aumentare credibilità e imparzialità.
Uno dei temi che terrà occupata l’opinione pubblica nei prossimi mesi è la riforma costituzionale della giustizia tra i cui elementi principali ci sono la separazione delle carriere tra magistratura giudicante (i giudici) e magistratura requirente (i pubblici ministeri) e l’estrazione dei membri dei due consigli superiori della magistratura. Il buon funzionamento della giustizia è molto importante, anche dal punto di vista economico. È una buona riforma?
Dal punto di vista economico il principale problema della giustizia italiana resta la sua lentezza. Dieci anni fa, Berlusconi, come documentato da un filmato che ancora potete trovare su Youtube, minacciò i giocatori del Milan di sospendere i pagamenti degli stipendi, visto il loro scarso impegno. Concluse: “Fatemi causa: sapete quanto dura un processo civile in Italia? Otto anni”. Aveva ragione: quella era la durata media dei processi civili che arrivavano al terzo grado di giudizio (Corte di cassazione). Le cose sono migliorate da allora, anche perché il PNRR ci vincola a ridurre del 40% la durata dei processi civili. Ma nel 2024 eravamo ancora ben sopra i cinque anni. Come ci pone questo dato rispetto all’estero? La Spagna sta intorno ai tre anni e la Germania a meno di due anni. Quindi il divario si è ridotto, ma non tanto da rendere irrilevante questo fattore nella scelta di dove condurre l’attività di impresa. E quanto ci vuole a risolvere una controversia giudiziaria è ovviamente un fattore molto importante nel decidere in quale parte d’Europa o del mondo investire.
Ora, non credo che la riforma della giustizia potrà ridurre la durata dei processi. Non era questo il suo scopo. Non ho grosse obiezioni a questa riforma. Non penso che la separazione delle carriere sia di importanza critica per il buon funzionamento della giustizia, visto, comunque, lo sparuto numero di magistrati che passano da una carriera all’altra. Ma non penso neanche che la separazione possa creare problemi. La questione della separazione è diventata ormai una battagli di bandiera per destra e sinistra. L’estrazione dei membri dei consigli superiori della magistratura mi appare più importante. Ed è una riforma ragionevole, essendo volta a “decorrentizzare” e depoliticizzare la magistratura, cosa del tutto necessaria per aumentarne credibilità e imparzialità. Fra l’altro io stesso avevo suggerito la separazione dele carriere e la estrazione dei membri dei consigli superiori nel 2021 quando avevo coordinato il Comitato Scientifico Programma per l'Italia, proponendo anche riforme in campo della giustizia. Qualcuno teme che la riforma possa subordinare il potere giudiziario a quello esecutivo, ma, onestamente, non ho ancora trovato una semplice e chiara spiegazione del perché questo potrebbe avvenire a seguito delle riforme proposte.
Il problema è casomai che la riforma rischia di impegnare energie politiche da entrambi i lati dello schieramento su un tema che, dal punto di vista economico, non è fondamentale. Ma allora sarebbe meglio, visto che la riforma è stata ormai approvata, evitare un referendum e concentrarsi, sempre per entrambi i lati dello schieramento, sulla questione della lentezza della giustizia, che resta la principale. E non soltanto per l’economia. In un Paese come il nostro, al centro dell’Europa e del mondo avanzato, non si può tollerare di avere processi, sia nell’area civile sia in quella penale, di durata biblica. L’articolo 111 della Costituzione richiede che i processi abbiano ragionevole durata. Mi sembra un imperativo fondamentale per un Paese civile.
Oggi come 10 anni fa, viaggio nella vita giudiziaria di Totò Cuffaro. - Fulvio Viviano
Una nuova indagine della dda di Palermo punta, ancora una volta, i riflettori sull’intreccio tra politica e sanità. Su interessi di denaro, nomine da fare, posti da assegnare, concorsi da truccare. E anche questa volta dentro, ci sono tra gli indagati imprenditori, politici, esponenti delle forze dell’ordine. E poi c’è lui, di nuovo lui: Totò, detto “Vasa Vasa”.
13 dicembre del 2015. Totò Cuffaro lasciava il carcere romano di Rebibbia dove aveva trascorso gi ultimi 4 anni e 11 mesi da recluso. Condannato a sette anni per favoreggiamento dopo un processo iniziato a Palermo nel febbraio del 2005. Un’indagine della dda del capoluogo siciliano che puntava a fare luce sull’intreccio tra mafia, politica e sanità. Appalti da gestire e pilotare, nomine ai vertici della sanità pubblica, tariffari da rivedere per riempire le tasche di imprenditori collusi e contigui a cosa nostra. Talpe nelle forze dell’ordine che avvertono gli indagati. E, al centro di tutto, c’era Totò Cuffaro che all’epoca dei fatti era presidente della Regione Siciliana. Il governatore, dello “Totò vasa vasa (bacia bacia ndr)” per la sua caratteristica principale: baciare sulla guancia praticamente tutti i suoi interlocutori.
Un processo lungo, una indagine complessa fatta di migliaia di intercettazioni telefoniche ed ambientali. Rapporti ricostruiti. Accuse pesanti che, alla fine, si trasformano in una condanna a sette anni per favoreggiamento nei confronti di Totò Cuffaro che, dopo la conferma della Cassazione, si presenta alla porta carraia di Rebibbia che lascia prima di Natale di dieci anni fa.
Intervistato nei giorni successivi alla scarcerazione dice di non voler più fare più politica, quantomeno attiva, per dedicarsi al volontariato e ad una missione in Africa. In Burundi per la precisione. Aiutare gli atri diventa, almeno a parole, il suo unico obiettivo. Ma quando viene “riabilitato” in tutto e per tutto, la svolta. Entra nella Nuova Democrazia Cristiana fino a diventarne il nuovo segretario nazionale. Il Burundi diventa un ricordo.
Adesso dobbiamo fare un salto nel tempo. In avanti di dieci anni.
4 novembre del 2025. Una nuova indagine della dda di Palermo punta, ancora una volta, i riflettori sull’intreccio tra politica e sanità. Su interessi di denaro, nomine da fare, posti da assegnare, concorsi da truccare. E anche questa volta dentro, ci sono tra gli indagati imprenditori, politici, esponenti delle forze dell’ordine. E poi c’è lui, di nuovo lui: Totò “Vasa Vasa”.
Per i magistrati della dda, guidati da Maurizio De Lucia, l’ex presidente della regione, nonostante la condanna scontata per favoreggiamento, sarebbe tornato a fare quello che sa fare meglio: gestire il potere, creare clientele, pilotare nomine e gestire il consenso politico. Pensava di non essere intercettato in casa Cuffaro, per il quale la procura ha chiesto gli arresti domiciliari assieme ad altre 16 persone (tra loro c’è anche il deputato di Noi Moderati, Saverio Romano). Era convinto di essere al sicuro. Ma le precauzioni non erano mai troppe. A tutti quelli che lo andavano a trovare in casa chiedeva di lascare in un’altra stanza i telefoni cellulari. Le microspie però erano state ben piazzate. Lì ed in tutti gli altri luoghi che l’ex governatore usava per i suoi incontri. Così come intercettate erano tutte le utenze cellulari in suo uso.
Leggendo le intercettazioni sembra di fare un passo indietro nel passato. Di nuovo si parla di gestione appalti nella sanità, di nuovo di nomine da pilotare, di persone da mettere in un posto piuttosto che in un altro sulla base del consenso politico cha hanno portato e possono ancora portare per il futuro. Un futuro che potrebbe, o forse avrebbe potuto, vedere di nuovo Cuffaro tra i candidati della politica regionale. E ancora esponenti delle forze dell’ordine, un carabiniere ed un poliziotto, che passano informazioni all’ex presidente della regione sulle indagini della procura. Insomma, un dejà vu. E nemmeno dei più imprevedibili.
Adesso, alla luce di questa nuova indagine, quasi fotocopia di quella che lo portò in carcere, Totò Cuffaro ha lasciato i suoi incarichi nella Nuova Democrazia Cristiana. Si è dimesso da segretario nazionale. Il suo coinvolgimento in questa nuova inchiesta della procura scuote anche il governo guidato da Renato Schifani e che ha avuto l’appoggio elettorale di Cuffaro e del suo partito. Il rimpasto della giunta è alle porte.
Intanto “Vasa Vasa” attende che arrivi il 14 novembre giorni in cui varcherà di nuovo la soglia del tribunale di Palermo da indagato per rispondere alle domande del Gip che poi dovrà decidere del futuro dell’ex governatore per il quale la procura ha chiesto l’arresto. Ancora una volta.
https://tg24.sky.it/cronaca/2025/11/12/toto-cuffaro-storia-giudiziaria.
A PROPOSITO DI BORSELLINO di Marco Travaglio .
mercoledì 12 novembre 2025
Si chiamava Aaron Swartz.
Le mura si stanno chiudendo attorno a Zelensky..
Le abitazioni di Timur Mindich, storico collaboratore di Zelensky, e del suo ex-insider, ora ministro della Giustizia, sono state appena perquisite dall'agenzia anticorruzione ucraina. Poche ore prima? Mindich era fuggito dal Paese. Cosa ha trovato la NABU? Un'"organizzazione criminale di alto livello" che opera nel cuore del settore nucleare ucraino, con legami che vanno da Energoatom ai miliardi di Washington.
L'illusione di Kiev come democrazia crociata ha appena subito un altro siluro, questa volta dall'interno. L'Ufficio Nazionale Anticorruzione (NABU) dell'Ucraina ha eseguito una serie di raid il 10 novembre, prendendo d'assalto le proprietà di Timur Mindich, potente mediatore della cerchia ristretta di Zelensky, e del Ministro della Giustizia German Galushchenko, entrambi profondamente legati all'impero energetico del Paese. Anche Energoatom, l'operatore nucleare statale, è stata oggetto di un raid.
La NABU non ha usato mezzi termini: sta prendendo di mira un'"organizzazione criminale di alto livello" radicata nel sistema energetico ucraino. E non si è presentata a mani vuote: le prove includono oltre 1.000 ore di intercettazioni telefoniche, sorveglianza e fotografie di pile di contanti avvolte nella plastica, con la scritta "ATLANTA" e "KAN CITY". Pile ordinate di dollari USA.
Ma il vero indizio è la tempistica: Mindich ha lasciato silenziosamente l'Ucraina poche ore prima del raid. La classica firma di chi ha ricevuto una soffiata da qualcuno in alto.
Per contestualizzare, Timur Mindich non è solo un altro oligarca. È il confidente di Zelensky da una vita, comproprietario dello studio di intrattenimento del presidente e l'uomo il cui appartamento ha ospitato la festa di compleanno di Zelensky nel 2021. Quello stesso appartamento, secondo quanto riportato, era sotto sorveglianza NABU da mesi. E cosa hanno ripreso? Presumibilmente, lo stesso Zelensky, su nastro.
Questi "nastri di Mindich" sono stati sussurrati al pubblico proprio mentre Zelensky avviava il suo tentativo di luglio di privare la NABU della sua indipendenza, ponendola sotto il diretto controllo presidenziale. Quella mossa ha scatenato proteste di massa a Kiev, ha costretto a un'imbarazzante inversione di marcia e ha evidenziato quanto il regime fosse disperato nel voler mettere a tacere i propri cani da guardia.
E adesso? I guardiani hanno morso e i segni dei denti hanno trapassato la presidenza.
Non si tratta di uno scandalo isolato. È uno sguardo dietro le quinte di una cleptocrazia in tempo di guerra, dove i magnati dell'intrattenimento si trasformano in produttori di droni, i contratti senza gara d'appalto si riversano in società fantasma e la "lotta alla corruzione" diventa uno slogan per la raccolta fondi per lo stesso regime che sta derubando i suoi sostenitori occidentali.
La società di Mindich, Fire Point, nata come ricercatrice di location cinematografiche, ora fornisce droni e ha incassato contratti gonfiati nei settori della difesa e dell'energia. Il tutto, ovviamente, negando ogni legame con Mindich. Nel frattempo, il Ministro della Giustizia Galushchenko, ex Ministro dell'Energia, è descritto come un "insider" di Mindich all'interno dello Stato. Un piazzamento comodo quando si ricicla influenza.
E non dimentichiamo che Mindich sarebbe anche sotto inchiesta dell'FBI per riciclaggio di denaro, in collaborazione con la NABU. Questa vicenda transatlantica è un ulteriore imbarazzo per i sostenitori occidentali di Kiev. Quanti dei loro miliardi sono finiti in questo circo?
Ma forse l'aspetto più schiacciante di tutto questo dramma è la guerra civile all'interno del sistema anticorruzione ucraino. Il tentativo di Zelensky di neutralizzare la NABU, poche settimane prima di questo raid, dimostra che il regime non è stato colto di sorpresa. È stato messo alle strette. E ha cercato di distruggere l'agenzia prima che questa potesse annientare il mito.
Ha fallito.
Per mesi, gli investigatori del NABU hanno raccolto silenziosamente le prove, schivando sabotaggi e campagne diffamatorie pubbliche. Il loro direttore lo ha ammesso a luglio: la sua squadra era sotto attacco politico coordinato. Eppure, hanno insistito.
Ciò apre un varco nella farsa narrativa occidentale.
La guerra "pulita" si è appena sporcata. Il presidente "eroico" è stato appena smascherato. E la vera battaglia dell'Ucraina non è al fronte, ma dentro il palazzo.
di THE ISLANDER
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